MONNA LISA: DOPO 500 ANNI E’ ORA CHE IL CAPOLAVORO DI LEONARDO TORNI A CASA.

Esattamente 500 anni fa, a soli 67 anni, si spegneva nel Castello di Clos-Lucé a Cloux, nei pressi di Amboise, Francia, uno dei più grandi figli della stirpe italica: Leonardo da Vinci.

Allora, come oggi, la nostra Patria era afflitta dal dramma della fuga dei cervelli, menti illustri costrette a recarsi fuori dai confini nazionali o per realizzare le proprie scoperte o semplicemente  per trovare le giuste commesse. A tal riguardo come non citare, tra i navigatori, uomini del calibro di Cristoforo Colombo, Amerigo Vespucci, Giovanni Caboto e Filippo Pigafetta, così come tra gli scultori non possiamo non ricordare Benvenuto Cellini e Gian Lorenzo Bernini e chiaramente, tra i pittori italiani, campeggia come un colosso il nostro connazionale, pocanzi citato, Leonardo da Vinci, il quale, a differenza di tutti gli altri, ebbe anche la disavventura di non poter riposare in pace nella propria tomba.

Infatti, durante le guerre di religione tra Cattolici ed Ugonotti, le ossa di questo genio indiscusso dell’umanità andarono disperse a causa della furia “iconoclasta” dei protestanti francesi.

Queste ultime, ritrovate, non si sa ancora con quale attendibilità, solo nel 1984, furono ricollocate nella cappelletta di Saint-Hubert, presso il castello di Amboise e, il 02 maggio del corrente anno, i poveri resti mortali dell’artista toscano sono stati omaggiati, in contemporanea, sia dal Presidente Macron che dal Presidente Mattarella.

È stato questo, senz’altro, un gesto di buona volontà da parte delle autorità italiane per tentare di distendere i nervi, ultimamente tesissimi, tra le due “Repubbliche Cugine: il Presidente italiano, in abito scuro (come si conviene), accompagnato dalla figlia Laura, ha incontrato Macron e la sua consorte, presso il castello di Amboise ed insieme hanno deposto, un mazzo di fiori bianchi, a testa, sulla tomba di Leonardo. Non un segno di croce da parte dell’inquilino del Quirinale, né dal laicissimo padrone di casa, così come non vi erano simboli religiosi in questo luogo che, fino a prova contraria, dovrebbe essere una cappella. Tutto chiaramente in ossequio alla sensibilità d’oltralpe. Chissà però se i due primi cittadini erano al corrente del fato che Da Vinci, l’inventore, il precursore dei tempi, colui che tra l’altro ci è stato tramandato come un “irreligioso”, nel proprio testamento aveva lasciato scritto quanto segue: << Primeramente el racomanda l’anima sua ad nostro Signore Messer Domine Dio, alla gloriosa Virgine Maria, a Monsignore Sancto Michele, e a tutti li beati Angeli Santi e Sante del Paradiso. Item el dicto Testatore vole essere seppelito drento la giesia de sancto Fiorentino de Amboysia et suo corpo essere portato lì per li capellani di quella. Item che il suo corpo sia accompagnato dal dicto locho fin nela dicta giesia de sancto Fiorentino per il colegio de dicta giesia cioè dal Rectore et Priore, o vero dali Vicarii soy et Capellani della giesia di sancto Dionisio d’Amboysia, etiam li Fratri Minori del dicto locho, et avante de essere portato il suo corpo nela dicta chiesia, esso Testatore, vole siano celebrate ne la dicta chiesia di sancto Fiorentino tre grande messe con diacono et sottodiacono, et il di che se diranno dicte tre grande messe che se dicano anchora trenta messe basse de Sancto Gregorio. Item nella dicta chiesia de Sancto Dionisio simil servitio sia celebrato como di sopra. Item nella chiesia de dicti Fratri et religiosi minori simile servitio>>.

E questo per la buona pace di tutti coloro che vogliono, a forza, affibbiare la patente di laicità anche a chi non credente non lo era affatto.

Quindi, a mio modesto parere, buona cosa sarebbe stata, in occasione di questo mezzo millennio dalla scomparsa di Leonardo, rispettare finalmente la volontà del de cuius e magari, farlo, celebrando una messa in suo suffragio, come da questi richiesto.

Certo, sarebbe stato meglio, ma si sa, a noi italiani gli atti di piaggeria, ancor di più se rivolti verso gli stranieri, riescono meglio che il perseguire la verità ed il giusto, anche quando queste ultime, dati gli eventi, dovrebbero essere poco più che degli atti dovuti, non fosse altro per la scortesia dell’interlocutore in questione.

È della scorsa settimana, infatti, la notizia che Macron ha tagliato drasticamente le ore d’insegnamento della lingua italiana presso le scuole francesi. Che fare dunque? Porgere cristianamente l’altra guancia o attivare una rappresaglia linguistica simmetrica presso le nostre scuole?

L’Eliseo, fin ora, si è sempre dimostrata molto dura nei confronti dei movimenti sovranisti perché, a sua detta, minerebbero le fondamenta stesse delle istituzioni europee, ma, da come possiamo vedere nella pratica, talune decisioni d’oltralpe sono peggio di qualsiasi accezione negativa si voglia dare al termine sovranismo.

Comunque, dati i tempi, più che a lagnarsi per la lingua, Roma, forse, farebbe meglio a protestare per la restituzione della Monna Lisa.

Quest’opera si, è vero, è stata venduta da Leonardo al Re Francesco I, ma questi non era Mitterrand, cioè un Presidente della Francia contemporanea, il quadro, tecnicamente, sarebbe passato di proprietà dalla casa dei Valois-Agouleme ai Borbone e da questi a Napoleone III, che, per chi non lo sapesse, era cugino del Segretario della Repubblica Romana (1848/49) Carlo Luciano Bonaparte, patriota italiano, così come era nipote di Paolina Borghese, sorella di Napoleone I, moglie del principe Borghese, morta in Italia. Ma non fu l’unico decesso importante sul nostro suolo patrio, anche la madre dell’Imperatore, donna Letizia, morì a Roma e se proprio vogliamo dirla tutta la stessa famiglia Bonaparte non è francese, ma italiana, e, per la precisione, Corsa.

In altri termini la Monna Lisa ha tutte le carte in regola per tornare in Italia, o per lo meno le ha alla pari delle pretese che ha Zahi Hawass nel voler riportare definitivamente il Papiro di Torino,  presso il Nuovo Museo dell’antico Egitto, a il Cairo.

Anche il Papiro di Torino – meglio conosciuto come “Canone Regio” in quanto riporta, oltre a una introduzione sui re divini e semidivini del Periodo predinastico dell’Egitto, l’elenco dei sovrani dall’unificazione dell’Alto e Basso Egitto fino al momento della compilazione, insieme con il numero dei loro anni – fu acquistato, e nello specifico dalla casa Savoia, ma se tanto mi da tanto, ho la vaga sensazione che, come d’altronde è già successo con tante altre opere d’arte da noi detenute, ben presto, anche questa, prenderà la via del ritorno verso casa.

Dunque se ciò è sempre valido per noi perché non lo può essere anche per i francesi?

Al lettore l’ardua sentenza!

Lorenzo Valloreja  

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