JOKER STA A “V” COME IL SOVRANISMO STA AL POPOLO

Lo scorso 15 novembre, Joker, pellicola di  Todd Philips, superando il miliardo di dollari d’incasso su scala mondiale, si è conquistato la palma di film vietato ai minori più visto di sempre.

Ma ha cosa è dovuto tanto successo?

Semplice la storia messa in scena, seppur totalmente inventata, è l’archetipo della nostra società, una realtà nella quale i ricchi, cioè i milionari, sono sempre più ricchi ed i poveri sono sempre più poveri, schiacciati così come sono non solo ai margini delle nostre periferie ma anche verso il baratro della solitudine e della disperazione.

Insomma è un grido di dolore conosciuto, oggi, non solo dagli “ultimi” ma sempre di più, ahimè,  anche da quelli che un tempo facevano parte del cosiddetto ceto medio.

Ed ecco, quindi, che il film è uscito, con un tempismo quasi perfetto, proprio negli anni in cui il sovranismo sta prendendo piede, sovranismo che, ricordiamolo – al di là di tutti i pregiudizi partigiani che tendono ad equiparare questa visione del mondo ad una formula pressoché razzista e retrograda – altro non è che la risposta naturale del popolo sovrano ai cosiddetti poteri forti, per altro, esogeni, che mirano ad espropriare, di fatto, i cittadini di ogni singolo diritto acquisito.

Se non fosse così non si capirebbe il perché, ad esempio:

  • In Francia i Gilet Gialli dopo un anno esatto dall’inizio delle proteste continuino ad essere così incredibilmente attivi godendo oltremodo di un discreto consenso;
  • Nella ricca Germania un partito come quello di Alternative für Deutchland riesca a riscuotere costantemente tanto consenso elettorale;
  • In Italia posizioni come quella della Lega, Fratelli d’Italia, Movimento Nazionale per la Sovranità, CasaPound e Forza Nuova, incamerino, complessivamente, la stragrande maggioranza del consenso popolare.

Ed allora data la realtà delle cose ed il grande disagio popolare, non è difficile per lo spettatore parteggiare ed immedesimarsi, in Arthur Fleck, il fragile ed indifeso clown, costretto a subire le angherie di tutti fin dalla sua tenera infanzia, che, come riscatto personale, inebriato da una follia omicida, darà vita al futuro Joker, antitesi e nemico giurato di Batman.

Un eroe negativo quindi, certo, ma, che, come detto, è in grado di trovare presso ognuno di noi la propria giustificazione.

Di precedenti cinematografici illustri, in cui la violenza viene messa sotto la buona luce dell’extrema ratio della povera gente per ottenere una giustizia personale che altrimenti non arriverebbe mai, ce ne sono a iosa e ad esempio, in Italia, è senz’altro fondamentale il contributo di Monicelli con “Un borghese piccolo piccolo” dove un eccezionale Albero Sordi interpreta il ruolo di Giovanni Vivaldi, un modesto impiegato, alla soglia della pensione in un ufficio pubblico della capitale, che tenta in tutti i modi di aiutare il figlio, Mario, ad ottenere un posto nel medesimo ministero dove egli lavora, ma le sue speranze verranno infrante da una pallottola vagante esplosa nel corso di una sparatoria successiva a una rapina ad una banca, nella quale padre e figlio si trovano accidentalmente coinvolti. Giovanni a quel punto decide di farsi giustizia da solo e dopo aver sottratto l’assassino all’arresto riesce a farlo suo prigioniero, dapprima stordendolo con il cric della sua macchina e poi legandolo con del fil di ferro ad una sedia. Nel capanno, in cui l’assassino è stato imprigionato, il “borghese piccolo piccolo” segue ferocemente l’agonia del mal capitato e impreca per la sua morte giunta troppo presto, terribile spettacolo a cui ha fatto assistere anche la moglie perché ne ricavasse consolazione per la perdita del figlio.

Ma se questa può essere una chiave di lettura sul perché la violenza di Joker non ci desta antipatia dall’altro la pellicola di Todd Philips ha un altro potente richiamo ed è quello del diritto alla rivolta di lockiana memoria secondo cui, in un ottica contrattualista, se i governanti calpestano i diritti naturali vengono meno i fondamenti del patto e si configura, perciò, il diritto del popolo ad opporre resistenza al sovrano.

Ed in questo senso un altro grande parallelismo tra questa pellicola ed i film del passato è senz’altro quello che intercorre con “V per Vendetta” di  James McTeigue in cui “V” coinvolge, a costo della sua stessa vita, l’intera popolazione di una sottomessa Londra contro un sistema tirannico e corrotto.

Certo, “V” è un eroe ed in lui la mobilitazione ha radici storiche, mentre Joker è un antieroe ed arriva a fare una rivolta in modo quasi inconsapevole, toccando particolarmente squilibrati e gente problematica, ma, indubbiamente, in  entrambi i personaggi il fine ultimo è lo stesso.

Mentre uno attacca un simbolo architettonico in memoria di una polverosa congiura del XVII secolo, l’altro attacca un simbolo mediatico, esportando la sua macabra risata sui volti di chi assiste all’omicidio in diretta. Entrambi con una stessa potenza mediatica.

In fondo il palazzo è solo un simbolo, come lo è l’atto di distruggerlo e sono solo gli uomini che conferiscono potere ai simboli.

Infatti, un altro punto di paragone e contatto, tra le due pellicole è senz’altro quello della maschera: entrambe con forte significato simbolico e allegorico.

Nel caso di “V” di fatto è un “pretesto ignifugo”, in quello di Joker è più una seconda pelle, che progressivamente diventerà la prima e prenderà il sopravvento.

Sta di fatto che la follia criminale è celata, ahimè, in ognuno di noi e il riuscire a tenerla incatenata dentro, lontano da chi ci vuole bene o ci vive accanto, non è solo merito o compito del singolo ma molto dipende anche da chi, quotidianamente, con le proprie violenze ed angherie – ivi comprese quelle perpetrate da talune istituzioni particolarmente impopolari – fa di tutto per liberare quel demone che è nascosto dentro ognuno di noi.

Joker, quindi, in questo, non è che una vittima, una perseguitato, che a modo suo cerca di scrollarsi di dosso le cause del proprio male.

Lorenzo Valloreja

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