SESTA PUNTATA DI RADIO LISSA: SE L’ITALIA NON FA L’ITALIA POSSIAMO STUPIRCI DI SILVIA VESTITA DA INTEGRALISTA?

In molti si sono scandalizzati perché Aisha Romano – così infatti si chiama oggi Silvia dopo la sua conversione, non si sa quanto libera, all’islam – è scesa dall’aereo, che la riportata dal Corno d’Africa in Patria, vestita con lo jilbab, abito, quest’ultimo, delle donne legate a famiglie con convinzioni religiose profondamente integraliste ed intransigenti e non con Shaash, veste si, questa, tradizionale delle donne somale sposate e che quindi avrebbe dovuto indossare se proprio voleva omaggiare la sua nuova cultura. Ma, d’altronde, se l’Italia non fa l’Italia, cosa possiamo pretendere da questa ragazza?

Infatti è innegabile che la colpa più grande per l’instabilità che ormai regna, da oltre un trentennio, in quel lembo d’Africa è da attribuirsi al nostro Paese.

D’altronde i vari Governi succedutisi, dalla fine della Prima Repubblica ad oggi, non hanno fatto altro che avere una politica estera ripiegata su se stessa: un po’ complice la paura di essere tacciati di avventurismo fascista, un altro po’ il servilismo nei confronti della NATO, ha fatto sì che la nostra sfera d’influenza si riducesse drasticamente in Africa e nel Mediterraneo con tutti i problemi che oggi vediamo e subiamo.

L’Italia, quindi, se vuole continuare ad esistere come Stato deve necessariamente disimpegnarsi da quei teatri mondiali che non le competono per ricollocare le proprie migliori forze nelle aeree di propria pertinenza.

Detto in altri termini dobbiamo andar via dal Mali, dall’Afganistan e dall’Iraq, non partecipare più a missioni tipo quella di Timor Est, dove i nostri paracadutisti furono inviati a più di 15mila km, in linea d’aria, da casa, una vera e propria follia! Al contrario i nostri uomini devono scendere con gli stivali a terra in Somalia, Eritrea, Tunisia, Libia, Egitto, Libano  e Siria.

A questo punto dovremmo tornare a chiedere all’ONU la delega ad Amministrare in maniera Fiduciaria la Somalia, così come dovremmo avere tale mandato per la Libia, rispondere alla richiesta d’aiuto dell’Eritrea e cacciare, a mano armata, i terroristi da tutti territori che ricadevano nella sfera d’influenza italiana.

Per fare questo è necessario ridimensionare la Turchia di Erdogan: cacciarla dalla Somalia e dalla Libia, cercando, chiaramente, le giuste alleanze e la Russia di Putin potrebbe senz’altro essere il miglior partner in questa partita.

Le ONG e le altre organizzazioni collegate al Governo italiano, sono senz’altro utili per lo svolgimento della proficua attività diplomatica e come tali vanno formate e protette sia economicamente che militarmente, quelle invece che non hanno rapporti diretti con il nostro Esecutivo non devono in nessun modo essere ne protette ne foraggiate.

In altri termini, non possiamo ogni volta pagare riscatti per chi, avendo la testa calda, non si accontenta di aiutare il diversamente abile vicino di casa (e per questi ultimi, ahimè, occorrerebbero  molti più volontari di quelli di cui oggi disponiamo), ma di propria sponte va, a prestare servizio, non si sa bene come e per chi, in un teatro di guerra.

Ma, al di là di questo, deve diventare pacifico pensare che, anche il pagamento di un riscatto debba, per il futuro, essere un’eventualità rarissima.

Infatti, una Nazione, degna di questo nome, non tratta mai! Quando viene provocata non fa parlare i bigliettoni, ma i fucili! Israele docet!

Lorenzo Valloreja

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