FOLLIA TOTALE, IL CARTOON “GLI ARISTOGATTI” SCONSIGLIABILE AI BAMBINI E I “MISERABILI” SAREBBERO LA FRANCIA MULTIETNICA DI DUE SECOLI DOPO. MA E’ IL MONDO DI BIDEN, DI ZINGARETTI, DI CONTE E DI DI MAIO.

Ma come si fa a dire che “1984” e “La fattoria degli animali” di George Orwell rappresenterebbero “in modo inquietante il nostro futuro”? Non è assolutamente così, nel senso che il grande autore inglese, che definirei forse suscitando le ire di qualche critico letterario ben più autorevole “socialista vagamente siloniano”, ha, stando ormai così le cose, delineato non il nostro futuro, ma il nostro presente. 

Parlare di Pensiero Unico o di Correttezza politica è ormai trito e ritrito se non vagamente patetico e monotono. Siamo proprio alla orwelliana polizia del Pensiero, e alla censura aperta. E come nella “migliore” tradizione totalitaria, la vera censura è quella dei reprobi stessi sul loro operato passato che denunciano come appartenente all’ Errore o a un vecchio mondo ormai superato.

In questo caso parliamo del mondo del cinema, ed esattamente di quello delle majors americane che sono quanto di più censorio, paranoico e illiberale si possa oggi immaginare. Per Disney + vi sono cartoons appunto Disney, tra i più gloriosi della storia del cinema e non solo dell’animazione, che non possono essere visti dai bambini con età inferiore ai 7 anni. Avete capito bene, questa gente ormai è in una lucida follia collettiva paragonabile psicologicamente all’ ossessione nazista per l’ebraismo: certo dagli esiti (almeno finora) non fisicamente cruenti e propriamente criminali, ma la forma mentis di queste paranoie culturali non mi pare molto diversa. E non dubito che la lista di proscrizione si allungherà.

Bando per Peter Pan: sarebbe razzista per aver definito Giglio Tigrato e la tribù indiana come “pellerossa” (non si dice neanche “indiani”, per carità, ma “nativi americani”). E la vedo molto male, a questo punto, per il bel western Indians del 1975, regia di Richard T. Heffron.

Tempi duri anche per Dumbo, che riesce a riscattarsi da chi lo deride per “quelle orecchie che solo una madre riesce ad amare” e per una canzoncina su lavoratori di colore da parte di un corvo maligno. Quindi, niente cattivi pensieri e induzione a “hate speech” da spunti estetici!

Che dire poi de Gli Aristogatti: fatale è loro la presenza nella narrazione di un birbante di gatto siamese dalle fattezze asiatiche con i caricaturali denti leporini (uno dei piccoli, mille capolavori nei capolavori disneyani).

Nulla vale che Dumbo sia un commovente apologo del riscatto personale oltre persino la Ragione, quasi religioso nella sua speranza; che gli Aristogatti siano un po’ la versione animata del nostro mitico Poveri ma belli (lo squattrinato può avere cuore, sogni, e coraggio da vendere); e che sulla “sindrome di Peter Pan” chissà quante lauree in Psicologia sono state discusse.

Ma è il cinema in genere, che è tra le categorie dell’ umana attività più coinvolte in questa vera e propria distopia (basti pensare al bando di Sky e Netflix verso Via col VENTO “schiavista e sudista”) : da Hollywood a Venezia, ci sono manuali Cencelli di “inclusione e diversità” per cui, dal 2024 se si vuole fare un film in corsa per gli Oscar, bisognerà adeguatamente  rappresentare la “diversità” sia nel cast sia nelle troupes coinvolte nella realizzazione delle pellicole, dalla produzione al marketing ecc. Tra i nuovi standard richiesti c’è quello che prevede l’appartenenza di almeno uno degli attori protagonisti a minoranze etniche. Oppure, il 30% del cast dovrà essere composto da due tra le categorie donne, afroamericani, ispanici, appartenenti alla comunità Lgbtq, disabili.

Il presidente dell’Academy David Rubin e il ceo (un’accademia con amministratore delegato…!) Dawn Hudson hanno spiegato che «quest’apertura vuole riflettere l’eterogeneità della popolazione globale. Riteniamo che questi standard di inclusione saranno un catalizzatore per un cambiamento essenziale e duraturo nel nostro settore». Il nuovo format «all inclusive»  non entusiasma però tutti, come nel caso dell’attrice Kirstie Alley che l’ha definita «una decisione orwelliana: è una disgrazia per gli artisti di tutto il mondo». Speriamo che Kirstie non sia “rieducata” e costretta a rinnegare tale affermazione “fascista”.

Ma pure le produzioni televisive si sono ormai adeguate, anche se Rai, Mediaset e Sky italiana, ancora attendono pigramente gli ordini dall’ ufficio competente della Cupola mondialista; si veda l’ ultima versione seriale de I miserabili infarcita di attori adatti più a una versione del Moro scespiriano o a una fiction sullaingiustamente dimenticata rivoluzione haitiana.

Qui addirittura un pur bravo e intenso interprete dalla pelle color ebano (Dominic West) ha il ruolo ingrato e assurdo di interpretare lo spietato, algido Javert: sì se non lo avete visto avete capito bene; un “afrofrancese” funzionario di polizia nella Francia non di Macron o Hollande, o magari De Gaulle ( difficile ma non impossibile in questo caso). Bensì addirittura della Restaurazione postnapoleonica (dicansi gli anni tra il 1815 e il 1830).

Ci sarebbe tanto altro da dire, ma non voglio essere ridondante. Per quanto mi riguarda, continuerò a divertirmi, rilassarmi e sognare con quello che vorrò (dvd, scarico da Internet, ecc.). E di non perdere la percezione della realtà presente e passata, che lor signori vogliono imporre lobotomizzando l’ intera popolazione mondiale (delirio paranoico ovviamente impossibile, se non altro per l’ esistenza di religioni non omologate e innocue).

E anche se riusciranno a far scomparire qualche gioiello (e si capisce meglio a cosa serva la condanna a morte delle sale cinematografiche con la scusa del “virus”), ci saranno i ricordi della mia vita a rendermeli eterni: i primi filmoni “seri” visti in sala ancora trenta o quaranta anni dopo l’uscita, i capolavori dell’animazione rivisti con piacere per dovere di padre… Otterranno solo di alimentare la mia, spero la nostra, voglia di resistenza umana. E poi dici Capitol Hill….

A. Martino

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