COME UN COMPO DI CANNONE 4PT: IL VIAGGIO DEL PAPA IN IRAQ CONFERMA CHE, QUANDO È L’IMPERO A VACILLARE, È L’ALTARE CHE SI RAFFORZA

Puntualmente, nel corso dei secoli, quando è l’Impero a vacillare, è sempre l’altare a rafforzarsi. È

Noi de l’Ortis non siamo mai stati teneri con il pontificato di Papa Francesco, ma quando il Santo Padre anziché fare il “sindacalista” fa pienamente il Vicario di Cristo non possiamo che essere con lui.

Che i cristiani oggi vivano, al di fuori dell’Europa, in una condizione precaria e pericolosa, lo abbiamo sempre saputo e denunciato ed è stata proprio la “distrazione”, in quel d’oltre Tevere, su certe tematiche, durante la prima fase del Regno di Bergoglio, che ci aveva oltremodo irritato.

Nello specifico, in Iraq, negli ultimi 20 anni, i cristiani che erano presenti in quel territorio fin dall’epoca apostolica, sono diminuiti dell’80%: nel 1987 erano 1,4 milioni di individui, nel 2003 erano il 6% della popolazione, oggi la loro presenza, stimata intorno alle 250 mila unità, si aggira tra lo 0,4% e lo 0,7% del totale. Dunque una vera e propria emorragia causata:

  • Prima, dall’invasione statunitense e dalla relativa occupazione che, paradossalmente, anziché tutelare i cristiani ivi presenti né ha causato l’odio e la rivalsa delle popolazioni autoctone;
  • Poi, dall’affermarsi dello Stato Islamico guidato da Al-Baghdādī che imponeva ai cristiani di abbandonare le proprie case e città, di lasciare quindi i propri beni o, in alternativa, di pagare la tassa di protezione, altrimenti sarebbero stati uccisi;
  • ·         Ed oggi gli “Shabak”, i curdi di fede sciita finanziati dall’IRAN che, a suon di soldoni, comprano tutte le terre cristiane causando così, l’emigrazione di questi ultimi e l’immigrazione di migliaia e migliaia di famiglie Shabak.

Papa Francesco, dunque, ha raccolto il grido di dolore dei siro –cattolici e si è recato nella Terra di Abramo per parlare con l’unico uomo che poteva aiutarlo, l’unico che avesse un’autorità ed un autorevolezza, tale da essere ascoltato da tutti e che, soprattutto, avesse voglia di dialogare e confrontarsi.

Questi non poteva essere altro che l’Ayatollah Alì al Sistani il quale, non da ora, ma da sempre, è contrario ad ogni forma di Stato Teocratico e favorevole al dialogo interreligioso.

La scelta di Francesco, dunque, non è caduta a caso:

  • Al-Sistani, notoriamente, non è ‘amico’ dell’Iran e per questo l’incontro con Bergoglio è stato visto come il riconoscimento dell’Ayatollah come interlocutore del Vaticano con l’islam sciita, ‘sorpassando’ Ali Khamenei, Guida suprema iraniana, ovvero la massima autorità politica e religiosa in Persia;
  • L’Ayatollah sciita, ormai 90enne, gioco da sempre un ruolo fondamentale in Iraq non solo in ambito religioso quanto politico. È, infatti, intervenuto in maniera decisiva in diverse delle questioni più ‘calde’ nella storia recente della terra mesopotamica:
    • Nel 2005 si è speso per invitare gli iracheni a partecipare alle elezioni, le prime dopo l’invasione americana del Paese per deporre il regime sunnita di Saddam Hussein;
    • Nel 2014, quando il potere dell’ISIS (forza sunnita) nel Paese stava distruggendo la già fragile ‘democrazia’, emanò una fatwa con cui chiedeva di combattere lo Stato Islamico;
    • Nel 2019 quindi, mentre il Paese era sconvolto da fortissime proteste antigovernative, intervenne spingendo alle dimissioni il primo ministro Adil Abdul Mahdi.

L’incontro, quindi, tra queste due grandi autorità politico/religiose, nell’umile casa di al-Sistani, è stato progettato per mesi, discusso e negoziato scrupolosamente in ogni suo dettaglio da entrambi gli uffici, sia dell’ayatollah che del Vaticano. 

Il Papa ha ringraziato il massimo esponente religioso sciita iracheno per aver “alzato la voce in difesa dei più deboli”. Una nota diffusa dall’ufficio della massima autorità religiosa sciita irachena ha sottolineato inoltre che l’Ayatollah e il Pontefice argentino hanno parlato anche “della soppressione delle libertà fondamentali e dell’assenza di giustizia sociale, in particolare delle guerre, degli atti di violenza, degli embarghi economici e dello sfollamento di molti popoli nella nostra regione che soffrono, in particolare il popolo palestinese nei Territori occupati

In altri termini il Papa ha trovato una spaccatura all’interno della società irakena e li si è inserito per far leva e diventare protagonista.

D’altronde un antico adagio arabo recita: << il nemico del mio nemico è il mio miglior amico >>, ora però, ci sentiamo in dovere di consigliare per il meglio Papa Bergoglio affinché le sue buone intenzioni non vadano oltre e quindi non finiscano per urtare troppo l’Iran degli Ayatollah, Paese, questo, alleato della Russia di Putin e protettore degli Hezbollah, movimento, quest’ultimo, che dovrebbe diventare il vero interlocutore dell’occidente perché, benché il proprio nome, tradotto in italiano, significhi partito di Dio, nei fatti, è un gruppo militare e politico che mira allo Stato laico e che durante la “prova del 9”, sia in Libano che in Siria, ha dimostrato non solo di non torcere un capello ai cristiani quanto di difenderli.

Un’azione similare fu compiuta ben 20 anni fa da un altro pontefice: era il maggio del 2001 quando, un malato Giovanni Paolo II, con incedere stanco ma deciso, entrò nella moschea degli Ommayadi di Damasco, Siria.

In quel tempio, in cui 3000 anni fa gli Aramei pregavano il Dio Hadad, in cui 1800 fa i romani veneravano Giove, in cui per un secolo i cristiani hanno onorato San Giovanni Battista e in cui da 1400 anni gli arabi invocano Allah, un Pontefice cattolico, per la prima volta nella storia dell’umanità, metteva piede in un luogo di culto musulmano, ed allora, come oggi, non era solo una visita religiosa ma aveva anche una grande valenza geopolitica rispetto a tutto il Medio Oriente.

Sappiamo di per certo che il Papa vorrebbe organizzare una visita in Russia, vediamo ora come vorrà giocarsi le sue carte.

Dal canto nostro, a Dio piacendo, possiamo solo augurarci che questa futura visita aiuti la distensione delle posizioni in campo e degli animi dei protagonisti e non sia, invece, motivo di ulteriore tensioni ed irrigidimenti.

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