L’AHNENPASS NAZIONALSOCIALISTA, IL LASCIAPASSARE INTERNO IN URSS….QUANDO I REGIMI DECIDONO CHI HA PIENI DIRITTI E CHI NO.

Nel suo libro Mein Kampf, prevalentemente composto durante la sua poco penosa prigionia in Baviera in seguito al fallito putsch della birreria di Monaco nel 1923, Adolf Hitler non fa assolutamente mistero del suo profondo anzi viscerale antisemitismo. Certo non era immaginabile quali abissi potesse anticipare un tomo che Benito Mussolini non riuscì mai a leggere fino in fondo, ma di sicuro gli israeliti da tanta avversione, anzi odio, letterari, non potevano aspettarsi nulla di buono.

Già nel 1933, anno dell’incarico di formare un governo affidatogli dal presidente di simpatie monarchiche, (il rispettatissimo maresciallo Paul von Hindenburg), il non ancora Fuehrer ma più modestamente Cancelliere (di fatto, già dittatore)varò misure pesantemente ristrettive contro non solo i cittadini tedeschi di religione israelita, ma anche verso quelli di non attestabile “razza ariana” o di ascendenza ebraica.

Strumento abbastanza inedito e clamoroso fu il cosiddetto Ahnenpass o lasciapassare genealogico, come abbastanza fedelmente tradotto dal tedesco. Anche minoranze etniche considerate dal regime nazionalsocialista di umanità “inferiore” erano oggetto degli accertamenti alla base di ogni singolo Ahnenpass, vai a vedere quanto effettivamente oggettivi e attendibili.

Senza tale specie di passaporto, il cittadino non poteva vivere una decente vita sociale fruendo di uffici pubblici, scuole, lavoro, teatri, musei, stadi ecc, o del trasporto pubblico. Ma neanche accedere a professioni e impieghi pubblici.

Nel 1940 fu istituito anche in Alto Adige, per discernere tra i cittadini del regno d’ Italia di lingua tedesca, in un regime di sostanziale doppia cittadinanza, chi tra loro avesse pieno diritto di viaggiare e spostarsi in Germania.  

D’altronde, anche nella Russia sovietica di Stalin nel 1932, fu istituito un passaporto interno che durò fino al 1974. Ed era continuamente rimesso in discussione, dato che la sua validità era brevissima (appena trenta giorni).

La morte di Stalin non comportò affatto la sua soppressione, anzi nel 1967 ben il 37% di tutti i cittadini sovietici non aveva un passaporto per spostarsi all’interno dell’immenso colosso comunista. E questo voleva dire quasi 58 milioni di persone.

A. Martino

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