COME UN COLPO DI CANNONE 18PT: “MENTRE GLI ALTRI SI ARMANO, PROGETTANO, SPENDONO E FANNO, L’ITALIA SI AFFIDA PIU’ CHE MAI ALL’UE”

Con la fornitura dei sottomarini nucleari all’Australia da parte degli Stati Uniti a discapito delle commesse francesi una cosa ci appare chiara: nulla è cambiato, dall’Amministrazione Trump alla Presidenza Biden, riguardo la politica di disimpegno degli Stati Uniti in merito al fatto di non essere più economicamente in grado di mantenere il rango di poliziotti del mondo.

L’Obbiettivo conclamato di Washington è oggi più che mai quello di:

e tutto questo per non fare la fine dell’Ex Unione Sovietica.

Un’altro elemento pregnante che subito balza agli occhi in tutta questa vicenda è la volontà di potenza dell’Australia che, galvanizzata da una forte economia, vuole non solo difendere i propri interessi nell’Oceano Pacifico ma desidera anche imporre la propria sfera d’influenza a tutto il Sud Est Asiatico e per questo, giustamente, si sta armando fino ai denti.

D’altronde solo degli sciocchi, come noi italiani, potrebbero mai credere che la politica estera di un grande Paese possa essere perseguita senza un adeguato supporto militare, ma, limitandosi, tutt’al più, all’utilizzo delle sole ONG, all’invio di qualche ospedale da campo, e di tanta retorica diplomatica.

Israele docet!

Ultimo elemento degno di nota di questa vicenda è il palese smascheramento degli interessi francesi e dell’inutilità dell’Unione Europea.

La Francia è in Europa per fare esclusivamente i suoi interessi e non certo per fare del bene agli altri Paesi … altro che “processo d’integrazione” e “sogno comune”, tutte boiate che i nostri cugini d’oltralpe lasciano molto volentieri al Premier Draghi.

Addirittura se la NATO non consente a Parigi di vendere i propri fuciletti allora per i transalpini si può tranquillamente uscire dall’Alleanza per dar vita all’esercito comune europeo … sempre, però, per fare prima e solo, gli interessi dell’Eliseo, non certo quelli dell’Italia.

Il guaio però è che l’Italia crede cecamente nella NATO e nell’UE.

Così, mentre ci si affida al “Santo Green Pass” per far ripartire l’economia, l’Europa ci chiede per il Recovery Plan di effettuare ben 42 riforme strutturali in soli 100 giorni, cioè una riforma quasi ogni 2 giorni e mezzo, roba da guinness dei primati.

Intanto grazie alle norme, leggi e leggine di Bruxelles, le aziende continuano, indisturbate, a delocalizzare lasciando un vero e proprio deserto industriale in Italia.

Le tasse, a vario titolo, come al solito, aumentano e c’è ancora chi crede a questi 5 punti di PIL in più.

Se fossimo un Paese serio e coraggioso come la Cina degli anni 80, ad esempio, dovremmo “mandare tutti a quel Paese” e attraverso una serie di pianificazioni ricostruire il mercato interno.

Questa Nazione non ha bisogno di papponi esteri ma di un sistema politico che sia in grado, quando serve, di:

  • Nazionalizzare le aziende;
  • Riaprire miniere e acciaierie;
  • Costruire da se, con le proprie risorse, uomini e cantieri, le armi di cui ha bisogno;
  • Ricreare un variegato mercato interno;
  • Ampliare in maniera considerevole il platò del ceto medio.

Il turismo, risorsa fondamentale ed importantissima per il nostro Paese, non può essere, non dico l’unica voce, ma neanche la principale, della nostra economia perché, la dove, nel mondo, ciò è, essa è sinonimo di povertà ed arretratezza.

In altri termini, le Nazioni che contano non vivono principalmente di turismo ma di industria e commerci e tutti questi interessi non possono essere difesi senza un esercito adeguatamente armato e motivato.

L’Italia, oggi più che mai, se vuole tornare a prosperare, deve avere il coraggio di lasciarsi alle spalle non solo l’Unione Europea e l’Euro, ma anche la NATO e tutti i suoi vincoli.

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