ALLE ISOLE CANARIE LA NATURA CI MOSTRA LA SUA IMPREVEDIBILE POTENZA, E SUGGERISCE UN PARALLELISMO…

Sembra che non accenni a placarsi, la furia del vulcano Cumbre vieja, che nell’ isola canarina di La Palma ha fatto letteralmente tabula rasa di almeno trecento edifici, e che sta ormai immettendo nell’ atmosfera una quantità preoccupante di anidride solforosa (sembra che di questi tempi non ci si debba risparmiare nulla di più o meno tossico). Il piccolo aeroporto locale, ovviamente, è inagibile per la cenere vagante nell’ atmosfera.

Ci sono immagini ormai divenute “virali” (tanto per rimanere in tema) come la piscina asfaltata dalla incandescenza o la casetta della coppia danese circondata da un lago di lava, ma chissà perché indenne.

Questo vulcano canarino, fondamentalmente sconosciuto per i più e sicuramente noto solo agli addetti ai lavori vulcanologici, come tutti gli outsiders si sta rivelando imprevedibile e determinato. Mentre ad esempio l’imponente Etna, (anche da me stesso come mi leggeste in ETNA, RE DI SICILIA E SPETTACOLO ITALIANO del 27 giugno) , è ammirato e quasi riverito come potenza della natura che però negli ultimi secoli ha mostrato un volto fondamentalmente bonario e teatrale (la stampa parla infatti di “spettacolari” getti di lava e lapilli), la lava dello sconosciuto spagnolo non si tiene affatto a distanza di sicurezza. Avanza come l’olio, dove le aggrada e con la implacabile lentezza degli zombies nei film dell’ orrore.

Non parliamo poi del Vesuvio letargico, all’apparenza ormai innocua montagnola priva anche del fokloristico pennacchio di fumo.

Certo, non siamo ai livelli cataclismatici di Pompei, o molto più recenti del Pinatubo (1991), Krakatoa (1883) o del Tambora (1815), il quale ultimo provocò addirittura un’alterazione climatica. Ma è anche vero, che con Madre Natura (diretto esito dell’operato divino o per molti al giorno d’ oggi di un improbabile Caso) non si dialoga, non si comunica, non si negozia: si può stare solo a guardare sperando nel meno peggio, comunque affascinati e con un misterioso, sottile masochismo.

Piccola notazione semantica. In lingua tedesca, Aufbruch (esplosione) sta anche ad indicare sia lo scoppio di una guerra o di una rivoluzione, che appunto una eruzione vulcanica. In effetti, una rivoluzione (vera, non di quelle telecomandate come le cosiddette primavere arabe) è imprevedibile, inarrestabile, e fa tabula rasa di ogni elevatezza che incontri. E in misura direttamente proporzionale alla sua estensione e violenza, influisce sul mondo circostante.

A. Martino

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