ROMA, BASILICA DI SANTA MARIA IN MONTESANTO DETTA CHIESA DEGLI ARTISTI: ONORE ALLA BESTEMMIA, E COSI’ SIA.

Ricordate il caso della divinità amazzonica Pachamama, il cui idolo fu solennemente onorato in Vaticano con relativo risvolto persino numismatico? Ne parlai il 19 ottobre 2020 nel mio articolo IL CASO DELLA MONETA VATICANA DA 10 EURO DEDICATA ALLA DEA AMAZZONICA PACHAMAMA. UNA VOLTA, SULLE MONETE PAPALI, SI EFFIGIAVANO GESU’ CRISTO O LA MADONNA.

Siccome però il vero e proprio ecumenismo non deve limitarsi alle altre religioni (un tempo dette pagane e ora animiste) ma anche a quelli che il catechismo definirebbe ancora “comportamenti disordinati”, l’ amaro calice dei cattolici e della chiesa in Roma in particolare, non era colmo. Bisognava mandare giù anche una parodia della divina, sublime, inarrivabile Pietà di Michelangelo. Palcoscenico di una blasfemia tale proprio per il contesto in cui ora si trova, la Basilica di Santa Maria in Montesanto, la chiesa degli “artisti” in Piazza del Popolo a Roma.

Ivi infatti è esposta nella cappella del Crocefisso un’opera prodotta da Jago (Jacopo Cardillo), composta da un uomo nudo e anziano, che tiene in braccio un altro uomo nudo (giovane, che ultimamente comunque l’ artista definisce come una “figlia” alquanto androgina, direi ). L’espressione del vecchio è dolente fino alla disperazione, e non poteva mancare che tenesse il/la giovane in braccio, stando però inginocchiato (molto trendy, vero?).

Jago pare avere notevole elasticità di ispirazione, adattandosi prontamente alla particolare teologia bergogliana e postratzingeriana, e ai passaggi storici del papato.

Infatti, nel 2012 l’artista ha ricevuto la Medaglia del Pontificato per aver creato un busto marmoreo di Benedetto XVI, coperto dalla veste papale.
Dopo l’abdicazione del suddetto, lo scultore ha addirittura modificato l’originale, in modo che mostrasse il “Papa emerito” a torso nudo, intitolando la scultura “Habemus Hominem” per esprimere che “il rappresentante di Dio è tornato uomo.”

Tornando alla “Pietà del pederasta” (così la chiamano impietosamente in Rete), l’hanno classificata come “rielaborazione di un momento di memoria e dolore, in cui l’umanità si identifica da secoli.”
La discutibile opera appartiene a un progetto chiamato “Una porta verso l’infinito.”

A giudicare dalle foto, la qualità artistica non è affatto scadente, la connotazione anatomica dei corpi nudi è classicisticamente tendente al dettaglio. L’elettricità ha conferito a martello e scalpello e loro accessorii potenzialità inimmaginabili al tempo di Michelangelo, per cui uno scultore di talento (e Jago è un grande scultore) riesce ad avvicinarsi al capolavoro con molta maggiore facilità tecnica. Ciò sia detto per non incorrere nell’accusa di critica bigotta e aprioristica; anzi, potrei persino lasciar passare la provocazione artistica in quanto tale e sforzarmi di apprezzarla in altro contesto.

La discutibilità assoluta dell’operazione è però nel suo essere accolta in una chiesa, anzi in una basilica romana che come tale è qualcosa di più di una normale chiesa cattolica, come tante sparse per il mondo. Un’opera del genere, così come un cinema esclusivamente porno o certi negozi “trasgressivi” dovrebbe altro che non stare in una chiesa, ma esserne anzi distante almeno duecento metri…!

Eccessivo parlare di blasfemia? Va bene, allora parliamo di modernismo estremo ed esasperato applicato al sacro; e quindi, di assoluta umanizzazione del divino (come appunto nell’operazione del Ratzinger denudato).

Sembra proprio che alla pulsione autodistruttiva della Chiesa postcattolica non vi sia attualmente argine; gli apocalittici e i critici feroci all’attuale corso vaticano hanno, oggettivamente e indiscutibilmente, ragioni da vendere. In secondo luogo, bisognerebbe chiedersi con determinazione se ancora esista uno spazio moderno per l’arte “sacra”, e se una chiesa sia ancora considerabile un luogo inaccessibile a certe fantasie della creatività artistica. Indubbiamente, in ogni ambito religioso diverso da quelli cristiani non vedo nessuna larghezza di vedute: basti pensare a cosa una tale “creatività” comporterebbe in una moschea o in un tempio indù.

A quando una riabilitazione dell’Angelo Ribelle e dei suoi accoliti, che poverini soffrono disagio ed emarginazione dalla notte dei tempi?

A proposito, curiosa assonanza: “una porta verso l’infinito” non porta anche alla mente “una porta verso gli inferi”?

A. Martino

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