IL DDL ZAN, CACCIATO DALLA PORTA, GRAZIE A SUPER MARIO RIENTRA DALLA FINESTRA.

Care amiche a cari amici de L’ Ortis, non mi ero chiesto “fino a quando” la debole diga eretta contro la compiuta instaurazione del gender quale ideologia di stato avrebbe retto?

Ebbene, ci è voluto molto poco e persino assai meno di quanto pensassi, perché il famoso gender, cacciato dalla porta, in buona parte rientrasse dalla proverbiale finestra. Finestra che in questo caso, è un decreto legge sui trasporti (noto come decreto legge Infrastrutture e trasporti 121/2021).

No, non mi sbaglio: è bastata una modifica anzi una aggiunta piccola piccola al testo originario, e la maggioranza di governo, un po’ con superficialità un po’ per doveroso ossequio a Super Mario, l’ha votato senza fiatare. O forse ancora, lo ha votato per un gioco delle parti tutto italicamente bizantino, che vi dirò.

Ecco di che si tratta. Tra una norma sui monopattini e una sul trasporto pubblico locale o sugli “stalli rosa” per donne in gravidanza o con bimbi entro due anni, si vieta : “ «sulle strade e sui veicoli qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto proponga messaggi sessisti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso, dell’appartenenza etnica oppure discriminatori con riferimento all’orientamento sessuale, all’identità di genere». 

La norma, come nel classico stile giuridico italiano, è ampia e generica come quando si vuole riservare alla magistratura (i cui orientamenti tendenziali sono quelli che sono ormai arcinoti da oltre un quarto di secolo) ampia discrezionalità repressiva.

Dopo la “vergogna” dello scivolone parlamentare del DDL Zan, è ciò una evidente e “doverosa” rassicurazione e indennizzo morale di Super Mario nei confronti delle potentissime lobbies LGBT portatrici di una parte rilevante dell’ideologia di stato del Nuovo Ordine vigente nelle province euroatlantiste?

Dal punto di vista semantico e culturale, è semplicemente impressionante come esattamente tre righe e mezzo di un testo legislativo siano infarcite di terminologie totalmente ideologiche, tradotte in italiano dai pensatoi globalisti californiani e newyorkesi o della scuola di Francoforte. Roba che fino a, guarda caso anche qui, il cruciale quarto di secolo fa, poteva apparire un delirio senza senso: orientamento sessuale, identità di genere, stereotipi di genere…di quale genere, si sarebbe detto? Politico, razziale, umoristico…?

Vi è anche da chiedersi: che reale resistenza possono incontrare queste imposizioni ideologiche, quando da allocchi le votano gli stessi parlamentari che si erano vantati qualche giorno prima, con cori da stadio, dell’affossamento del DDL Zan?

Oppure e piuttosto, i da me ingenerosamente definiti “allocchi” sanno benissimo quel che fanno e quel che votano? Il DDL Zan sarà bandiera ideologica e bellaciao in tinta arcobaleno quanto volete, ma non metteva assolutamente in discussione la tenuta e la faccia del governo. Qui si tratta di un decreto legge stilato in Consiglio dei ministri, alla presenza di Super Mario: sono due situazioni politicamente ben diverse.

Per quanto riguarda i loro bacini elettorali, evidentemente, i voti guadagnati o mantenuti con la “tagliola” in cui è incappato il DDL Zan sono di sicuro superiori a quelli persi con questa incredibile forzatura dei mezzi di trasporto. Infatti, rifletteteci, il clamore mediatico per la tagliola non ha assolutamente pari col quasi silenzio dei media main stream sulla storia degli autobus.

D’altronde, i pullman spagnoli che qualche anno fa invocavano la banalità, in altri tempi sempre, della differenza anatomica tra un bambino e una bambina portante inevitabilmente alla dicotomia maschio/femmina furono definiti “bus della vergogna” e “scandalosamente” se ne videro pure in Italia. Un affronto bruciante e intollerabile per le lobbies del gender. E i vincenti, per vincere stravincendo, devono avere la memoria lunga, e non lasciare sacche di resistenza umana, anzi mentale: neanche, seppure a pagamento, sulle fiancate di un autobus.

A. Martino

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