DECUMANO MAXIMO. OVVERO “RICERCA STORICA CLANDESTINA” AL CINEMA.

Decumano era nelle città romane l’asse viario principale che da est a ovest le attraversava, e attorno al quale si diramavano tutte le altre vie. Gli accampamenti militari (i castra) spesso di dimensioni enormi non si sottraevano a questo razionale e geometrico ordine: basti pensare a Vindobona (che in seguito sarà Vienna, capitale addirittura di un impero cruciale per i destini europei che fino al 1918, in qualche modo si ricollegherà all’ Idea imperiale di Roma).

Decumanus maximus però, era considerato l’asse viario che da Roma portava alla costa di Mare Adriatico relativamente più vicina e con il minore (anche se parimenti impervio se non più) tratto di montagne da scavalcare. E’emozionante, e dovrebbe inorgoglire qualsiasi italiano, che un percorso così impegnativo, nel mondo dei mezzi di trasporto rappresentati da ruota, cavallo e…piedi (quelli dei legionari, di straordinaria velocità e resistenza), fosse considerato una specie di stradone suburbano. Proprio così, certamente: infatti Pescara, prima di diventare Piscaria attorno al Mille, fu Aternum o Ostia Aterni; la seconda Ostia, il secondo accesso non proprio diretto della Caput mundi sul mare!

La grandezza non megalomane, ma originata dalla determinazione costruttiva di destino, è un tratto essenziale della romanità. La pensosità e irresolutezza “moderna” ha invece fatto sì che l’alternativa alla Via Tiburtina Valeria arrivasse solo nel Diciannovesimo Secolo con la strada ferrata, e l’autostrada Roma-L’Aquila-Pescara è un simbolo del boom economico, che oggi verrebbe realizzato solo elemosinando fondi europei.

Ma il Centro-sud italico andava conquistato: diverse furono le guerre della Roma repubblicana per piegare Marsi, Sanniti, Frentani, Piceni e tutte le altre popolazioni di Italia o Viteliu (per i Sanniti). Culminarono nella cosiddetta Guerra Sociale attorno al 90 a.C., dopo la quale quella parte d’ Italia divenne definitivamente romana, ma anche Roma, dalle strane, oscure origini troiane nel mito ma molto più storicamente etrusche  definitivamente si italicizzò.

E’ attorno a ciò che ruota il film-documentario di Alessio Consorte Decumano maximo, purtroppo proiettato (almeno fino a ieri 16 novembre) in una sola sala cinematografica italiana: con una certa coerenza del destino, a Pescara. E’ comunque, scandalosamente, una sola sala: l’opera merita molto di più, e sono certo che il mercato internazionale audiovisivo-storico-culturale saprà premiarla in perfetta logica “nemo propheta in patria”.  Essa infatti non è un film quanto piuttosto un documentario: un documentario che, al di là dell’ottima presentazione delle vicende bellico-politiche attorno al 90 a.C., ci insegna a…guardarci intorno. E così scoprire che in Abruzzo e Molise, ad esempio, tante sommità orografiche curiosamente squadrate e con delle “pietre” tanto ordinate e continue, sono in realtà quanto resta di fortificazioni grazie alle quali gli alleati italici contesero palmo dopo palmo la loro terra alle formidabili Legioni. E che in quei siti affiorano dopo secoli e secoli, monete, armi, persino proiettili per frombole tanto usate dagli italici che già avevano insegnato tale arte militare ai cartaginesi di Annibale, i quali anni prima erano sciamati per la penisola infliggendo tremende disfatte a Roma: che seppe però vincere la guerra.

“Ricercatore clandestino” si definisce nella pellicola questo appassionato antichista pescarese, che ha voluto rendere omaggio alla sua regione e alla sua Patria, con una punta di ironica amarezza. L’establishment non è solo politico, ovviamente, anche se studiosi del livello di un Andrea Frediani non hanno lesinato il loro contributo. Vi è in questo gioiellino di storiografia alternativa e sperimentazione cinematografica tanta ironia, come nelle dissacranti ipotesi (non senza documentazione) sulla reale genesi del Guerriero di Capestrano.

A. Martino

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