LO HANNO CHIAMATO “ASSEGNO UNICO E UNIVERSALE PER I FIGLI A CARICO” MA E’ UN’ARMA DI FREGATURA DI MASSA

Nel corso della seconda metà di questo mese, tantissime famiglie italiane hanno dovuto fare i conti, che ad esse piaccia o no, con la riforma degli assegni familiari trasformati in Assegno unico e universale per i figli a carico dell’ INPS. La denominazione del nuovo strumento di welfare è pomposa e alquanto ridondante, ma di solenne, a mio modesto avviso e timore, vi è solo la stangata per milioni di padri e madri di famiglia.

Il presupposto della riforma ideata più o meno sotto il duo di governo economico Conte-Gualtieri e alla fine attuata dal duo Draghi-Franco sarebbe assai semplice ed efficiente. Vale a dire, unificare le misure di sostegno economico alla genitorialità fondamentalmente bipartite fra Assegno al nucleo familiare e detrazioni dall’imponibile IRPEF entrambi commisurati tanto al reddito stesso quanto al numero, e all’eventuale handicap del figlio, nel nuovo Assegno Unico, anch’esso ovviamente modulabile dal numero dei figli stessi e dalla particolarità delle situazioni.

Si poteva già sospettare (e per il sottoscritto vi era la, lo ammetto, pregiudiziale e prevenuta certezza), che si sarebbe trattato di una arma di fregatura di massa, di una sòla, di una assistenza sociale fake. Insomma, il gioco delle tre carte emblema italico molto più della stella sfavillante in mezzo alla ruota dentata. Carta vince carta perde quale vince quale perde?….ma alla fine a vincere è sempre il banco o mazziere se preferite.

Certo, perché a mettere le mani avanti fu il governo stesso, che avvisò che si sarebbe “ampliata la platea dei fruitori degli assegni familiari”, “operata una redistribuzione dei benefici” ecc. Innanzitutto non richiedendo più il requisito per i suddetti assegni della qualifica di lavoratore dipendente

Balle. A fronte di una estensione anche agli stranieri, ai lavoratori al nero o a categorie che non hanno assolutamente bisogno di nessuna mancia  da decine di euro come imprenditori dal reddito milionario, o dirigenti di azienda da diecimila euro mensili (che peraltro sicuramente anch’essi ci rimettono grazie al venir meno delle detrazioni da figlio a carico), l’operazione altro non è che l’ennesima punizione del ceto medio. E’ una logica da sinistra capitalista becera e untuosamente ipocrita, che gabella una vera e propria decurtazione della busta paga per amorevole assistenzialismo sociale e “inclusione”. Come sempre più spesso, e sconcertantemente avviene in tutti i campi, pare che la realtà sia l’esatto opposto della propaganda.

Si prenda il caso, purtroppo ormai per nulla raro, del genitore separato o divorziato (solitamente il padre) avente in carico fiscale i figli. Fino a qualche anno fa l’INPS, gli permetteva tanto la detrazione fiscale per figli a carico quanto la percezione degli ANF (assegno al nucleo familiare). Ma poi la sua normativa stabilì che gli assegni non potessero essere più percepiti dal coniuge non convivente con i figli (assegnandoli quindi di fatto alla madre, e nulla contava che l’affidamento fosse condiviso, o i rapporti tra gli ex coniugi fossero ottimi). Ma in fondo, si poteva dire, cosa cambiava? L’importante era che i soldi fossero spesi per i figli, anche se forse una specie di rimborso a chi corrispondeva gli alimenti non fosse poi tanto ingiusto.

Ma ora la musica cambia, drasticamente. Anche ammesso, e nella pia speranza, che l’Assegno Unico, almeno nel proprio caso, non sia inferiore a quello che era l’ ANF, sicuramente ci si perde la detrazione fiscale per figlio a carico, che nel caso di due figli, per un reddito sui millecinquecento euro al mese, a occhio, si dovrebbe aggirare sui cento-centocinquanta euro. Il padre separato dell’esempio, in sostanza, si è visto nel giro degli ultimi cinque anni, sfilare prima gli ANF, e poi l’alleggerimento dell’imponibile IRPEF.

Cento euro, duecento euro…so che per lor signori sono cifre risibili, da “morto di fame” anche se apparente “colletto bianco”, ma per qualcuno sono la differenza tra la realizzazione o meno di un piccolo sogno come la sostenibilità della rata per la macchina nuova o la scuola d’inglese per il figlio.

Sembra che oltretutto, circa la metà degli aventi diritto non abbia presentato domanda né in proprio con accesso al portale INPS tramite SPID né tramite patronato; o per difficoltà dovute alla digitalizzazione esasperata o per sfiducia nel reale beneficio della nuova misura di “sostegno” al reddito.

A. Martino

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