DRAGHI DEVE MORIRE (COME TUTTI)

Il titolo di questo articolo sarebbe dovuto essere “Draghi deve morire.” Semplicemente. Poi ho pensato che con un titolo simile, con questi chiari di luna, avrei rischiato di trovarmi la DIGOS sotto casa con l’accusa di istigazione all’odio nei confronti del primo ministro italiano. Quindi ho preferito precisare che Mario Draghi, pur con le sue presunte doti taumaturgiche, rimane a tutti gli effetti un essere umano. E come tale è destinato, prima o poi, a lasciare questo mondo.

È importante tenere a mente questo presupposto per consentire a tanti italiani di ridimensionare la figura di un uomo che da tempo immemorabile ci viene presentato come un drago della finanza (nomen omen!), uomo di rara intelligenza, integerrimo e a capo di una compagine governativa autoproclamatasi pomposamente, e con rara modestia, “Governo dei Migliori” (sic!).

Ora è indubbio che il banchiere romano sia un uomo intelligente però, proprio in quanto banchiere, egli non potrà non utilizzare le proprie doti intellettive per scopi puramente economici. E in virtù di ciò l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga descrisse Mario Draghi, in tempi non sospetti, come “Vile affarista” (testuale).

Va da sé che per arrivare a certe vette di potere politico e finanziario bisogna possedere delle peculiarità non comuni. Prima di tutto bisogna avere la coscienza pulita (nel senso che non la si è mai utilizzata!) e poi bisogna essere intrinsecamente malvagi. E queste qualità Mario Draghi le possiede entrambe. Infatti è fuor di dubbio che il premier italiano sia stato calato dall’alto dalle élite con l’unico scopo di ricevere e dare ordini,come un comune amministratore delegato. Egli non ha alcuna empatia con gli italiani. È come un kapo‘ ebreo nei lager nazisti: aguzzino del proprio stesso popolo. Oppure si può paragonare Draghi ad un “tagliatore di teste”, ovvero quelle figure professionali (!) che vengono ingaggiate dalle multinazionali per comunicare al personale ritenuto in esubero il proprio licenziamento. Ed il requisito fondamentale per poter svolgere questa mansione consiste nell’avere lo stesso slancio emotivo di un tostapane. 

Quindi, per dirla tutta, Mario Draghi è il corrispettivo del “fetente” interpretato da Lello Arena nel famoso sketch della “Sceneggiata napoletana”. Per capire di cosa io stia parlando bisogna cercare su YouTube tutti i filmati riguardanti quel trio di cabarettisti napoletani molto in voga alla fine degli anni ’70 e conosciuti come “La Smorfia”. In questa compagine mosse i primi passi artistici il noto Massimo Troisi affiancato da Enzo Decaro e Lello Arena. I comici in questione amavano prendere in giro i cliché della tradizione napoletana come la pizza, il mandolino, San Gennaro e la sceneggiata. E a proposito di quest’ultima si può trovare in rete un godibilissimo sketch dove Massimo Troisi interpreta “il buono” e Lello Arena “il cattivo”, ovvero le due figure standard su cui ruotano tutte le sceneggiate napoletane. Ebbene tutte le volte che “il cattivo” viene ripreso per la sua crudeltà risponde piagnucolando “Ma je song’o fetente!”. Come per dire: “Non è colpa mia se sono cattivo! È il ruolo che mi hanno affibbiato!”. Ugualmente a Mario Draghi è stato conferito il ruolo di liquidatore dell’Italia e taglieggiatore del proprio popolo. E sicuramente se gli venisse contestato ciò cadrebbe dalle nuvole poiché è stato messo su quella poltrona proprio per eseguire quel lavoro sporco. Un lavoro “fetente”, appunto. 

Ma, come detto all’inizio, il premier italico è un uomo destinato alla morte come tutti noi. E se il corpo muore e si disintegra l’anima rimane immortale. Quindi probabilmente, dopo aver reso l’anima a Dio, Mario Draghi potrebbe rimanere stupito nel constatare che possa esistere un Entità superiore all’Unione Europea e alla Goldman Sachs. E che lo possa giudicare infallibilmente. Per l’eternità. 

Alessio Paolo Morrone

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *