GEOPOLITICA BESTIALE: ISRAELE RUGGISCE, L’IRAN RISPONDE, E IL MONDO TREMA

Quello che è avvenuto poche ore fa in Iran – cioè l’attacco israeliano ai siti nucleari dove veniva arricchito materiale fissile – non è grave solo perché, come inevitabile, si registrano morti e distruzione, ma soprattutto perché segna l’apertura di una nuova guerra in questo martoriato pianeta.
Il raid aereo, avvenuto tra le 02:00 e le 02:30 (ora di Roma) del 13 giugno 2025, non è una semplice operazione militare, bensì una vera e propria apertura delle ostilità, priva però di una dichiarazione ufficiale. È l’ennesimo segnale dell’imbarbarimento diplomatico del nostro tempo.
Ma ciò che appare ancora più grave è la difficoltà in cui sembra muoversi la presidenza Trump. C’è chi ritiene che il tycoon non abbia una strategia definita; altri sostengono che sia inadatto al ruolo. La realtà, invece, è che la distruzione del cosiddetto “deep state” – cioè il taglio della testa di quegli apparati che ignorano le elezioni e perseguono strategie proprie, indipendentemente da chi sieda alla Casa Bianca – è molto più complessa di quanto sembri.
D’altronde, non va dimenticato che gli Stati Uniti rappresentano la più grande macchina statale del mondo: 4–5 milioni di dipendenti tra civili, militari e intelligence, di cui almeno 15.000–20.000 ricoprono ruoli dirigenziali di altissimo livello. Queste élite hanno accesso a informazioni sensibili, influenzano decisioni strategiche di lungo periodo e occupano posizioni stabili da decenni. Ed è proprio da questi ambienti che provengono le resistenze più forti al Presidente e al suo entourage.
Lo abbiamo visto chiaramente:
- nella gestione dei rimpatri forzati e nelle proteste esplose in California contro tali politiche;
- in Russia, con gli attacchi alle basi aeree russe, dove è altamente probabile che siano stati coinvolti settori della CIA non sotto il controllo diretto dell’attuale amministrazione. Non a caso, Putin ha contattato Trump poche ore dopo quegli eventi – e non certo per chiedergli se va al mare o come sta Melania;
- ora, con gli attacchi israeliani in Iran, nonostante il Presidente statunitense avesse sconsigliato a Netanyahu simili iniziative e, in parallelo, fosse impegnato in negoziati con gli ayatollah per un accordo sulle centrali nucleari.
Eppure, gli attacchi sono avvenuti. E non da soli. È evidente che abbiano beneficiato della copertura – diretta o indiretta – di apparati militari statunitensi: gli aerei dell’IDF hanno dovuto percorrere oltre 2.000 chilometri per raggiungere gli obiettivi e rientrare in patria. Non è un’operazione che si compie senza un supporto logistico esterno: basi americane per eventuali atterraggi d’emergenza, aerei cisterna per il rifornimento in volo e radar per la sorveglianza aerea sono stati, quasi certamente, parte dell’operazione.
Poi, come se non bastasse, ci sono le circostanze che giocano a favore di Israele e a sfavore di ciò che davvero vorrebbe il tycoon: con l’uscita burrascosa di Musk e un deep state che continua a sferrare colpi bassi, gli unici a essere rimasti veramente vicini a Trump – come già durante il primo mandato (2017–2021) – sono i membri della comunità ebraica americana. Non fosse altro perché la figlia prediletta del tycoon, Ivanka, si è sposata il 25 ottobre 2009 con Jared Kushner, importante imprenditore immobiliare ebreo di fede ortodossa. E, proprio come l’attuale presidente dell’Argentina, Javier Milei, si è convertita, prima del matrimonio, all’ebraismo.
Dunque Trump, politicamente parlando, deve molto alla comunità ebraica e, in virtù di ciò, non potrà mai realmente opporsi allo Stato d’Israele – anche se, in questa fase, quest’ultimo sta chiaramente esagerando.
Ma, d’altronde, come si può chiedere a un leone di nutrirsi d’erba? E non a caso la missione israeliana di ieri notte è stata letteralmente denominata “Operazione Leone in Ascesa”.
Ognuno segue la propria natura, e questo Stato d’Israele – come un leone famelico – è pericoloso, perché al potere ci sono diversi messianisti.
Il sionismo messianico, infatti, non prevede soltanto la distruzione della moschea al-Aqsa per ricostruire sulla Spianata un nuovo Tempio di Salomone, ma anche la creazione di uno Stato ebraico che – basandosi su un passaggio della Bibbia ebraica (Tanakh) – si estenda, alla faccia della cultura e della storia degli altri popoli, “dal Nilo all’Eufrate”.
Questo perché in Genesi 15:18 è scritto: “Alla tua discendenza io do questo paese, dal fiume d’Egitto fino al grande fiume, il fiume Eufrate.”
Ma una mossa simile – così come la riedificazione del Tempio a danno della Grande Moschea – significherebbe altro che la Terza guerra mondiale: significherebbe uno stillicidio di attentati senza fine.
Va detto, infatti, che l’unico Paese a possedere l’atomica nella regione è Israele, e dunque l’unico realmente titolato a “picchiare come un fabbro”; gli altri possono solo “giocare a pietrate”, lanciare droni o missili balistici. Arabia Saudita e Turchia compresa. Ma di più non possono.
In questo contesto, l’unica nazione che voleva e poteva opporsi a Gerusalemme era l’Iran, che infatti si stava preparando – con grande apprensione delle monarchie del Golfo – ad avere anch’esso l’atomica.
E se queste ultime oggi tirano un sospiro di sollievo per quanto sta accadendo, non hanno capito che, se oggi è toccato all’Iran – che ben presto tornerà a chiamarsi Persia, sotto un esponente della discendenza Pahlavi – domani, per quanto detto poc’anzi, potrebbe toccare anche a loro.
Trump dunque è in un cul de sac ed è costretto a fare buon viso a cattivo gioco.
Ecco perché poche ore fa ha invertito la rotta rispetto agli ultimi mesi e ha rilasciato le seguenti dichiarazioni: a Reuters: “Sapevamo tutto… abbiamo dato all’Iran 60 giorni per raggiungere un accordo, e oggi è il giorno 61.”; su Truth Social: “Basta morti, basta distruzione… Concludete un accordo, ora.”
Ma se questo accade a Washington, a Mosca non è che tiri un’aria tanto diversa.
Infatti, benché l’Iran e la Russia siano attualmente alleati strategici, anche se non formalmente vincolati da un’alleanza militare, il Cremlino è legatissimo anche allo Stato d’Israele. In primis perché Israele esiste soprattutto per il contributo di Stalin, che non solo non pose il proprio veto alle Nazioni Unite in quel lontano 1947, ma autorizzò la libera emigrazione di ebrei sopravvissuti all’Olocausto dall’Europa orientale verso la Palestina e, tramite la Cecoslovacchia, inviò armi agli ebrei del futuro Stato, mentre gli inglesi cercavano di bloccare l’afflusso.
Secondariamente, perché più di un milione di israeliani sono russofoni di origini ex URSS, mantenendo così rapporti familiari e commerciali con la Russia, sfociati, ad esempio, nella fornitura – fino a tutto il 2022 – di tecnologie agricole, medicali e di sicurezza.
Tel Aviv, dalla sua, non si è schierata apertamente contro la Russia nella guerra in Ucraina: ha condannato l’invasione, ma con toni moderati.
Ed ecco perché, ieri, la Russia, più che avvisare anticipatamente gli ayatollah, non ha potuto, né credo potrà, impegnata com’è nel conflitto in Ucraina, e cinicamente credo che tutto sto caos gli faccia anche un po’ comodo perché il fuoco in Medio Oriente certamente distrae oltre che l’attenzione anche le risorse occidentali dalla sempre bisognosa d’aiuto Kiev.
Comunque, al di là di questo, l’Iran ha già risposto agli attacchi dell’IDF con più di 150 missili balistici su Tel Aviv e la risposta sarà certamente paritetica ai danni fatti da Israele, cioè, se il sito nucleare di Fordow, che è sotterraneo, si è salvato, allora il programma nucleare iraniano avrà avuto dei danni trascurabili, ma se fosse stato centrato – e attualmente, Israele da sola, non ha le capacità tecnico militari per scendere a quelle profondità – il programma tornerebbe indietro di diverse decine di anni ed allora sì che l’Iran sarebbe costretta al famoso stillicidio come detto sopra. Ma questo lo scopriremo solo nelle ore e nei giorni a seguire.
Personalmente ritengo ed ho sempre sostenuto che la pace non nasca dal disarmo nucleare – giacché questo non avverrà mai! … infatti è più facile che il sole si fermi in cielo no che una potenza nucleare rinunci al proprio arsenale – ma semmai dal consentire l’arma nucleare a tutti i Paesi, paradossalmente a San Marino e Lichterstain compresi. Infatti è la paura della Mutua Distruzione Assicurata tra i due blocchi (Capitalisti VS Comunisti) che ha garantito la pace in Europa per 80 anni, altro che UE e favolette similari … Korea del Nord docet, che da quando si è dotata delle sue misere 20 testate è uscita dall’occhio del ciclone.
Lo so il mio ragionamento potrà sembrare da pazzi, ma ho sempre ritenuto che Hobbes, a differenza di Russoult avesse veramente capito tutto: “Homo homini lupus” (letteralmente: l’uomo è un lupo per l’uomo).
Lorenzo Valloreja
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