L’AFFAIRE DREYFUS FINISCE DOPO OLTRE UN SECOLO IN BUFFONATA MILITARE, CON LA PROMOZIONE POSTUMA A GENERALE DI BRIGATA

Alfred Dreyfus era un capitano di stato maggiore della Repubblica francese, ebraico di religione, che fra il 1894 e il 1906, fu al centro forse del più famoso caso giudiziario della storia moderna. Più che di un errore, parlerei proprio di crimine giudiziario di cui nessuno mai rispose. L’equazione che lo ispirò fu “ebreo quindi traditore”.

Non è il caso di stare qui a ricostruire con inevitabile prolissità, il suo oscillare dalla ignominiosa condanna per spionaggio e alto tradimento a favore della Germania verso la piena riabilitazione (non giudiziaria, perché ormai tecnicamente impossibile) e il collocamento a riposo nel 1918 con il grado di tenente colonnello.

Lo scrittore Emile Zola prese le sue difese con una lettera al presidente della repubblica le cui prime parole suonanti tradotte in italiano “ Io accuso” segnarono una svolta nella percezione della Giustizia reale. E determinarono la progressiva laicizzazione e massonizzazione della Francia che pur ormai saldamente repubblicana, continuava a vedere una forte impronta cattolica nel costume privato e pubblico. La destra monarchica e germanofoba però si radicalizzò ulteriormente invece di ripensare e ricalibrare la sua missione e l’antisemitismo, lungi dal trarre lezioni di buon senso non difendendo l’indifendibile, divampò forse più aspro di prima. Basti pensare che Alfred Dreyfus fu oggetto di un goffo attentato quando le spoglie di Emile Zola furono provocatoriamente traslate al Pantheon parigino, conferendo in effetti una gloria forse sproporzionata allo scrittore senz’altro notevole ma non proprio, credo, tra i padri della letteratura francese e universale.

Il cosiddetto affaire Dreyfus, quindi, mi appare soprattutto il principe dei casi di mala giustizia col suo evidente principio di individuare prima un colpevole grazie a una qualche circostanza equivoca, e poi tessergli addosso tutta una ragnatela di false prove e/o di prove falsamente pertinenti. Addirittura, al momento dell’arresto si tentò persino di indurre al suicidio il poveraccio. L’apparato poliziesco-giudiziario ne uscì tremendamente squalificato, come una colossale macchina al servizio dell’interesse politico di turno.

A oltre un secolo di distanza, il fanatico antisemitismo di cui fu vittima un militare che pareva più un mite insegnante di liceo che un ufficiale di cavalleria mi pare in secondo piano rispetto alle dissennatezze di investigatori e magistrati francesi (se così ancora all’inizio del Ventesimo secolo mandavano anche alla ghigliottina, c’è da rabbrividire).

La vicenda ha suscitato non solo fiumi di inchiostro, ma anche svariati lungometraggi.

Il suo posto nella Storia rischia purtroppo di tingersi di farsa in quanto, a centosette anni dal pensionamento e a novanta dalla sua dipartita terrena, l’Assemblea nazionale francese ha approvato senza un solo voto contrario la promozione postuma di Dreyfus a generale di brigata. Occorre anche il vaglio del senato, che a questo punto ritengo scontato.

Nella proposta di legge del macroniano ex Primo ministro Attal, si contempla anche la traslazione della salma di Dreyfus al Pantheon (che già gode di un museo personale). Il woke europeo, decisamente, è molto più coriaceo di quello americano.  

E’ probabile che agli eredi, calcolando arretrati virtuali tra quando avrebbe dovuto avvenire la promozione e il decesso di Dreyfus, finiscano in tasca non franchi dell’epoca ma belli euro rivalutati. Cosa si deve fare, per compensare qualche timida parolina sul genocidio a Gaza!  

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *