IL TRISTE ADDIO DI ALVARO VITALI, ALL’OPPOSTO DELLE RISATE CHE HA REGALATO AGLI ITALIANI IN ANNI D’ORO E SPENSIERATI (RELATIVAMENTE A OGGI).

Il romano Alvaro Vitale (in arte Alvaro Vitali) se n’è andato all’età di settantacinque anni in una cornice di infelicità e incomprensioni, segno dei tempi e singolarmente in contrasto con la storica macchietta di Pierino (la sua interpretazione seriale più famosa che, pur nella sgangheratezza, gli ha procurato una nicchia immortale nel cinema italiano).

Personalmente, non ho mai straveduto per la demenzialità assoluta e guittesca di Alvaro Vitali, che pure fu lanciato nel mondo della settima arte nientemeno che da Federico Fellini nel suo Fellini Satyricon.

Gli preferivo ad esempio un Bracardi che, pur non riuscendo a sfondare nel cinema, bucava il teleschermo delle care vecchie immagini a colori mal definite con le sue surreali e fantastiche gags assurde ma significative (il fascistone nostalgico della virile gioventù littoria, il professore monarchico cultore di memorie patrie nonché moralista ma sospetto di attenzioni non appropriate verso le studentesse), o assurde e basta come il folle urlo “Patroclo!”.

Terminata la fantastica stagione della commedia o commediola sexy italiana negli anni Ottanta dove un Banfi o un Vitali o un Montagnani ebbero delle partners statuarie come Edwige Fenech o Nadia Cassini, per Alvaro iniziò un declino inevitabile in cui però spicca la riuscitissima “clonazione” di Jean Todd nel tg satirico di canale 5  “Striscia la notizia”.

Ammalato da tempo, non avrebbe gradito le polemiche contro Lino Banfi secondo qualcuno ipocrita nel suo rammarico di non averlo potuto aiutare.

E soprattutto, l’implacabilità della moglie separata da qualche mese che nella trasmissione di Caterina Balivo, martedì pomeriggio poche ore prima che spirasse, ha letto una sua lettera implorante riconciliazione e ha (sempre in diretta) risposto picche ritenendo che “gli faceva comodo”. Sembra che “Pierino” abbia firmato delle sconsigliate dimissioni ospedaliere, e che sia subentrata una crisi respiratoria proprio sulle scale di quella dimora coniugale in cui a tutti i costi voleva rientrare, anche in coabitazione a tre.

A. Martino

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