SE L’AMBASCIATOR NON PORTA PENE, A VATTANI TOCCA PRENDERLE

Ho sempre saputo di appartenere ad una minoranza in via di estinzione, così come sono sempre stato cosciente del fatto di essere dalla parte dei perdenti, ma, per dirla ancor più chiaramente e magari con l’aiuto di un immagine esplicativa, posso tranquillamente confidarvi che, da bambino, quando si giocava a fare la guerra tra gli indiani e i cowboy, io ero sempre il “pellerossa”, e, nonostante questo, a 46 anni suonati, dopo tante batoste e delusioni, constatare, nuovamente, che nulla è cambiato mi comporta ugualmente indignazione e fastidio, proprio come se fosse la prima volta.

Così – mentre in Italia si discute il DdL Zan, come dicono i sostenitori di tale disegno, al fine di estendere i cosiddetti reati d’odio per discriminazione razziale, etnica e religiosa (articolo 604 bis del codice penale), a chi compia discriminazioni verso omosessuali e donne – nessuno ha pensato di dare la pensione di invalidità ai cosiddetti ex fascisti, postfascisti e fascisti del III millennio, così come ai semplici simpatizzanti del ventennio o, ancora, agli ex militanti del MSI – DN, piuttosto che a quelli del Fronte della Gioventù o del FUAN.

E si, perché tutti costoro, benché siano cittadini incensurati e persone per bene, non hanno gli stessi diritti degli altri italiani.

Ma voi mi direte: Ma cosa dici mai! Ma come? … l’Italia è una democrazia e tutti hanno il sacrosanto diritto di esprimere liberamente le proprie idee, anche sul proprio posto di lavoro, senza che queste possano mai compromettere la propria carriera.

Invece, cari amici, io vi posso garantire che non è assolutamente così!

Infatti, se solo minimamente reputate che, in quel famoso ventennio, non tutto sia da buttare, è facile, ad esempio, che il sistema vi consentirà, si, di fare il semplice impiegato di concetto, ma, non vi permetterà mai e poi mai di far parte della cosiddetta classe dirigente, ergo: niente posto da professore universitario così come da diplomatico, prefetto, ministro o dirigente d’azienda di stato.

Ciò che sto affermando è talmente vero che, solo pochi giorni fa, abbiamo assistito ad una petizione portata innanzi da Lorenzo Tosa (Next Quotidiano), Andrea Scanzi (Il Fatto Quotidiano) e Saverio Tommasi (FanPage), su change.org, per far di che al dottor Mario Vattani, persona con una reale impressionante conoscenza dell’estremo oriente ed un curriculum professionale di tutto rispetto, venisse revocata la nomina ad Ambasciatore della Repubblica Italiana in quel di Singapore perché, come recita la petizione: <<L’idea che un simile personaggio “rappresenti” una repubblica democratica e antifascista come l’Italia è semplicemente vergognosa >>.

Ad onor del vero, la petizione si apre con la pregiudiziale data per un’aggressione a sfondo politico perpetrata dal futuro Ambasciatore ai danni di due militanti di sinistra ed avvenuta a Roma nel lontano 1989.

Per quello stesso fatto, mentre alcuni suoi “camerati” del Fronte della Gioventù sono stati condannati, il Vattani è stato assolto, sembra, per aver risarcito profumatamente i due malcapitati.

Se questo è il reale problema per la società, o le istituzioni, allora al diplomatico italiano gli si sarebbe dovuto negare ogni possibilità di lavoro e carriera nella pubblica amministrazione, invece così non è stato tant’è che a soli 23 anni entra nella carriera diplomatica ed il suo primo incarico e Washington D.C., poi Console in Egitto, successivamente diviene consigliere diplomatico di Gianni Alemanno al Ministero delle politiche agricole e forestali, dal 2004 al 2008 funzionario dell’ambasciata italiana a Tokyo. Nel 2008 torna al servizio di Alemanno come consigliere diplomatico al Comune di Roma. Numerose sono le pubblicazioni che ha redatto e nelle quali è sempre trasparso il suo modo di pensare, dunque perché il caso Vattani è diventato un problema solo ora?

Semplice, perché dietro c’è dell’altro, perché chi appartiene a questa genia politica o comunità, se preferite, se è al servizio del sistema come lo è stato il padre di Mario, Umberto, Ambasciatore anch’egli, ma anche al servizio: di Forlani, per il quale è stato capo di segreteria, di Andreotti che ha consigliato come consulente diplomatico, di Dini, durante il Governo Prodi e per il quale è stato capo di gabinetto, allora va tutto bene, ma se si esce fuori dal seminato, come è stato ed è per Mario, allora sono guai.

Mi fa specie che l’ANPI sia così attenta riguardo la nomina di Vattani mentre trascura completamente, come da noi denunciato, il fatto che la Costituzione, redatta proprio dagli antifascisti, sia quotidianamente vilipesa, calpestata e stracciata da coloro i quali si definiscono i successori e gli eredi di questi partigiani.

Mi fa pena e tristezza, notare – anche non essendo né dell’ANPI né tantomeno appartenendo a quella sinistra che nella resistenza si identifica – come vi sia la volontà, da parte delle istituzioni, di cancellare ogni elemento identitario di questa Repubblica ivi compreso la parata del 2 Giugno, e l’associazione dei partigiani che fa? Si preoccupa di Vattani, si strappa le vesti per questa vicenda, anziché fare le barricate per far si che i valori repubblicani dell’integrità territoriale siano fatti salvi.

Ora, se Mario Vattani, nato nel 1966, è ideologicamente pericoloso perché ha militato nel Fronte della Gioventù ed è vicino a CasaPound come è stato possibile che un ex repubblichino come Mirko Tremaglia, classe 1926, dal 2001 al 2006 è stato Ministro della Repubblica Italiana?

Ed ancora, per chi non lo sapesse, come è stato possibile che in Italia esista ancora un movimento chiamato Fascismo e Libertà, il quale, fondato da Giorgio Pisanò nel 1991, ha subito innumerevoli processi tesi ad accertare l’infrazione della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione italiana che vieta, espressamente, la rifondazione del partito fascista e per la quale, tale organizzazione è stata sempre prosciolta per non aver commesso il fatto?

Dunque, cari lettori, per tutto quanto finora detto voi capite che questa vicenda ha solo del farsesco se non fosse per l’amara constatazione che, gli italiani non sono tutti uguali …

Lorenzo Valloreja

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