BASTA COL PENSIEROSO RITUALE SETTENNALE DELL’ ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA. LO ELEGGANO A VITA, TANTO COSA CAMBIA?

Ma questo benedetto Presidente della Repubblica, dato che non permetteranno mai che il popolo lo scelga, perché non lo eleggono a vita?

Mi permettano i nostri signori (nel senso tecnico e medioevale del termine) il suggerimento, credo abbastanza sereno in quanto proveniente da chi nell’ istituzione della Repubblica, intimamente e intellettualmente, non crede né mai vi ha creduto: con rispetto e tranquillità, ma con assoluta convinzione come già detto.

Figurati se mai si arriverà a una repubblica presidenziale il cui presupposto, a meno che non ci sia una deriva inesorabilmente “cinese”, dovrebbe essere l’elezione popolare del capo dello stato (vedi USA, Francia, Brasile, Argentina ecc.); come potrebbe mai essere in un paese in cui tra le principali mansioni del Presidente della Repubblica, di fatto, da anni rientra l’impedire elezioni anticipate viste come elemento di “instabilità” e “incertezza”?

Eppure, la repubblica è in crisi di identità e strutturale. Infatti, in prossimità della scadenza del mandato del presidente attuale, per la seconda volta e come nel caso di Napolitano, la riconferma dell’inquilino del Quirinale è un’ipotesi concreta specie se a Draghi dovesse ancora risultare interessante la permanenza a Palazzo Chigi; o anche se a costui qualcuno volesse fare il tiro di intrappolarcelo.

Perché non hanno il coraggio, perlomeno ancora, di dirlo apertamente, ma la logica quella è: le consultazioni popolari, per definizione, sono la principale arma dei “populisti”, quindi, meno ce ne sono meglio è. E pure quando ci sono per calendario costituzionale (chissà fino a quando), il ruolo del capo di stato nostrano è per l’establishment mondialista determinante, tra suggerimenti di tecnocrati per la lista dei ministri, e incarichi di formazione del governo dati a persone che, al momento dell’ investitura, non sono mai state elette neanche in un consiglio comunale (vedi i due governi Conte e l’attuale governo Draghi). E quindi, per il cittadino che il capo del proprio stato non può eleggerlo direttamente, che differenza passa tra la sua nomina dal corpo parlamentare per la durata di sette anni o a vita?

Accennavo alla Cina. Quale precedente più illuminante di questo (basta con la canzoncina dei “diritti umani”, lo sappiamo che vogliono il nostro futuro in direzione di Pechino)? Il presidente lì è ormai, proprio a vita e con poteri ben più che rappresentativi anzi più o meno assoluti: e non eletto ovviamente dal popolo ma da una assemblea a sua volta di nominati (almeno qui da noi, i membri del parlamento una legittimazione popolare ancora l’hanno). Cosa, all’ apparenza, incredibilmente monarchicheggiante in un regime che ancora si proclama comunista: all’ apparenza soltanto, dato che ha raccolto il plauso dell’ex Gran Maestro del massonico Grande Oriente d’ Italia, Giuliano Di Bernardo (plauso nel segno della postmodernità, del decisionismo e dell’efficienza). 

Il Presidente della Repubblica ha inoltre (e parliamo sempre di costituzione materiale) il compito di “garante” verso Unione europea e NATO, vigilando sull’ obbedienza e acquiescenza italiana alle due entità anzidette.

Quindi, stando così le cose, perché arrovellarsi a ogni scadenza settennale di mandato su un nome che non può che avere tutti i requisiti mondialisti suddetti, soddisfare ogni richiesta adesione ai dettami del Pensiero Unico, ed essere rigorosamente non al di sopra delle parti ma dichiaratamente antisovranista e antipopulista? Un presidente a vita (previa ovviamente modifica costituzionale) avrebbe il pregio di non ingrossare le costose e antidemocratiche fila dei senatori a vita e risparmiare anche su belle diarie dei rappresentanti delle regioni, e sostituire a certe pantomime di “riflessione” e “convergenza tra le parti politiche” una sincera dinamica di potere.

E se già vi fosse, Roberto Benigni ci avrebbe risparmiato la sua sviolinata a un Mattarella da “abbracciare ancora”.

A. Martino  

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