MA I LEADERS DELLE COSIDDETTE PROTESTE, COSA VOGLIONO? UN MODESTO CONSIGLIO A QUESTI RIVOLUZIONARI IMMAGINARI: NON FACCIANO PERDERE GIORNATE DI LAVORO ALLA GENTE, E STUDINO LA STORIA CONTEMPORANEA …

A proposito delle manifestazioni “no pass” di ieri 15 ottobre 2021, che sarà ricordato come la data di ufficializzazione del nuovo regime tecnosanitario italiano, nascente sulle ceneri della Costituzione repubblicana; ma anche delle manifestazioni di oggi e a venire (giacché così innocue e patetiche, credo che le consentiranno senza problemi), avrei la proverbiale domanda che “sorge spontanea”.

Ma a che servono? Forse a costruire le basi di qualche candidatura di leaders, leaderini e portavoce vari in questo o quel partito o partitino attualmente all’ opposizione (vedi innanzitutto Fratelli d’Italia ma secondariamente anche Italexit senza dimenticare la Lega che non è detto che in questo governo ci rimanga?).

Forse a fare, nella inconsapevolezza del militante in buona fede, da sfogatoio della rabbia e del disagio sociopolitico come per quasi un quarto di secolo ha fatto Forza Nuova fino a sabato scorso quando qualcosa si è incrinato o è diventato troppo minaccioso?

Forse sono l’ennesimo capolavoro di servizi segreti specialisti, come quelli italiani, nel divide et impera?

Forse sono un’arma di distrazione di massa, buona a far dimenticare la vera operazione istituzionale cui mira tutto ciò, cioè il versamento dello stato nazionale nell’ Unione europea? Curioso: da Bruxelles si tende a mettere in risalto che tutto è una dinamica prettamente interna all’ Italia. Intervengono pure sulla misura di cetrioli e banane, ma il destino dell’Italia pare (dico pare) essere a loro indifferente; strano davvero. Ma d’altronde, mentre dalla suprema magistratura polacca si rivendica il primato della legge nazionale su quella europea, dall’ Italia è ben difficile che una simile “eresia” possa venire.

Forse servono a un po’ tutto questo? In definitiva, a rafforzare il potere che si vorrebbe contestare e mettere in difficoltà, dimostrandone in fondo sia la tolleranza che la forza? Perché mi si può spiegare , in definitiva che cavolo si vuole  ottenere con menagrame fasce nere al braccio? Con accorate, ripetitive fin quasi alla monotonia professioni di “moderazione e legalità”? Stando attenti a non urlare troppo perché alle tre si fa il pisolino post prandiale, e a sussurrare slogan “rispettosi e privi di odio”? Ordinando cartoni di pizze e dolci casalinghi da offrire ai curiosi (“scusate se si è raffreddata”) e ballando a ritmi latinoamericani dinanzi al porto di Trieste? No, non ho e non abbiamo cambiato opinione circa i portuali di Trieste. Forse, l’ha fatta cambiare a loro il prefetto che ha lasciato capire che il blocco del porto sarebbe stato represso come sciopero non autorizzato?  

Anche i fiori offerti alle forze dell’ordine possono avere un profondo significato, conciliante e rivoluzionario, ma solo se si tratta di tranquillizzare questi uomini in uniforme sul loro futuro anche lavorativo; e se cento di loro si trovassero dinanzi a centomila manifestanti.

E veniamo al dunque. Qui non parla il polemista, e nemmeno il sovranista o il “cattivo maestro” (come potrebbe dire chiunque valuti le altrui posizioni semplicemente in base a “rispetto verso le istituzioni” o ossequio al Pensiero unico, o a innocuità attestata su libro paga). Qui a L’ Ortis la Storia la conosciamo. E la Storia insegna, come in una formula chimica immodificabile, che qualunque regime può dissolversi ad opera della Piazza. Queste piazze però devono essere o violente (questo è un dato scientificamente storico e un requisito che non possiamo, non vogliamo e non dobbiamo accettare, va bene così, signori moderati e censori?) o almeno, e qui sconti non se ne possono proprio fare, antagoniste sul serio e oceaniche (termine coniato nel Ventennio, non ditelo a Zuckerberg sennò non ci dorme stanotte).

Un esempio fra tutti: le manifestazioni a Teheran e in altre grandi città iraniane che portarono alla caduta del sistema imperiale iraniano tra il 1978 e il 1979. Folle impressionanti, un uovo gettato dall’ alto difficilmente sarebbe caduto a terra: al loro culmine, per le vie di Teheran un milione o forse due di persone fisicamente e formalmente pacifiche, ma fanatiche, urlanti odio verso lo scià e la sua famiglia, brucianti persino banconote con l’augusta effigie. Insomma: inca…te nere. Quando la polizia o i militari perdevano la calma e sparavano, il più delle vittime era calpestato per il fuggi fuggi. E la notte? Dal palazzo imperiale Mohammed Reza Pahlavi poteva udire gridare dai tetti più vicini “Marg bar scià” (morte allo scià); e di cancro stava purtroppo morendo anche se non lo sapevano.

Insomma, ci siamo capiti. A queste condizioni, facciamola finita con i quattro o quattromila gatti sulle piazze italiane, i capi del fantomatico dissenso passino all’ incasso delle promesse avute con chi sanno loro (se i debiti verranno onorati), e gli idealisti che finora hanno trascinato risparmino sui tamponi andando a lavorare come non Dio ma Draghi comanda (anche se per Massimo Giletti non vi è differenza).

Per la rivoluzione c’è sempre tempo: nel frattempo se ne studino qualcuna (almeno si fanno una cultura politica e sognare costerà mediamente diciotto-venti euro vale a dire il costo medio di un buon libro di storia contemporanea).

A. Martino    

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