MA A FALLIRE NON DOVEVANO ESSERE LE BANCHE RUSSE? C’E’ UN MOSTRO CHE SI AGGIRA NELLA FINANZA OCCIDENTALE, E SI CHIAMA INFLAZIONE DOPO ANNI DI TASSI A ZERO VIRGOLA.

Ma a fallire non dovevano essere e da un pezzo cioè da un anno e qualche settimana, già dal primo pacchetto americano ed europeo di sanzioni, le banche russe?

Sembra che invece il malato finanziario siano le banche americane, ma più in generale che la turbofinanza bancaria globalista non se la passi per nulla bene.

Nella scorsa settimana, infatti, due banche americane certamente non tra le maggiori, hanno dovuto pur sempre beneficiare di forti sostegni della Federal reserve: è infatti improprio dire che sono “fallite”, ormai in Occidente non fallisce più nessuna banca. I costi delle gestioni scriteriate, ma anche delle congiunture negative, sono scaricati o sul sistema finanziario o direttamente sullo stato, a seconda delle normative nazionali. Ciò non toglie che di fatto, fallite siano: e rappresentino una mina vagante, anche se di proporzioni da non enfatizzare; un po’ come da noi col Monte Paschi di Siena o le tante Casse di risparmio falcidiate nel primo ventennio del secolo. Alla fine, che si tratti del Tesoro o della Fed, a rimetterci però è sempre il Pantalone americano: d’accordo che specie a Washington possono permettersi di stampare banconote o cliccare tutte le cifre a nove zeri che vogliono col simbolo del dollaro davanti, ma questo intossicherà ancora di più la prima finanza occidentale con inflazione e moneta ormai senza alcun aggancio con la realtà.

Infatti, ma guarda un po’, nei giorni di tracollo delle borse (ma anche di crollo del prezzo del petrolio, evidentemente qualcuno ha stabilito un salasso pure per i titoli energetici per comprare a man bassa semplicemente secondo l’ ordine alfabetico dei listini) i metalli preziosi si sono apprezzati con l’argento in prima fila.

Adesso sta entrando nell’occhio del ciclone anche First Republic. Le due banche precipitate negli inferi di Wall Street sono Silicon Valley Bank e Signature Bank; fatale fu loro l’essersi riempite fino alla cima dei capelli di titoli obbligazionari, in larga parte Treasury bonds, che con l’aumento dei tassi si sono svalutati selvaggiamente. Ritenevano così facendo, dato che i prestiti erogati le facevano guadagnare troppo poco, di racimolare pur sempre qualcosa, fosse stato anche un 1% lordo. Quando con l’ aumento dei tassi le banche hanno potuto tornare a fare le banche, per le due malaccorte è stato paradossalmente micidiale: il loro patrimonio titoli con rendimento da prefisso telefonico è stato massacrato. Per intenderci, hanno pagato mille dollari per ritrovarsene anche solo ottocento se non meno.

La famosa digitalizzazione e l’ambigua “lotta al contante” non le hanno affatto salvate dalla dannazione: niente fila agli sportelli, è bastato un clic col mouse o addirittura una più comoda app con pressione del dito sull’apposita conferma del trasferimento di fondi da una banca all’altra.

E’ interessante che SVB abbia il suo core business nelle start up della Silicon Valley appunto: quindi, digitalizzazione e “transizione energetica” a tutta birra. Signature, invece, era radicata nelle operatività legate alle criptovalute. Anche se nel primo caso saremmo dinanzi a qualcosa un tantino più concreto, sembra che il dio Mercato sia stato questa volta, poco clemente verso questi sacerdoti del Nulla finanziario.

Anche in Europa, però, pur fuori dal perimetro di Eurolandia, ci sono segnali poco incoraggianti per il futuro delle banche globaliste. E’ bastato che i soci sauditi si dichiarassero indisponibili alla sottoscrizione di nuovo capitale di Credit Suisse, per mutilare in una sola giornata il titolo azionario di ben il 30%. Evidentemente, anche per loro in questo momento e a questi tassi, è più sensato e invitante finanziare i vari debiti pubblici. Poi, solito copione dei mega aiuti, stavolta della banca centrale elvetica, per 25 miliardi di franchi svizzeri e recupero alla borsa di Zurigo di quasi tutte le perdite. Se il petrodollaro ha tanto potere, è comprensibilissima l’islamizzazione dell’ Europa: il Vaticano è ormai capace solo di qualche speculazione immobiliare (anche fallimentare a volte).

L’esplosione (perdonate il termine involontariamente ironico) delle spese militari per la guerra su procura alla Russia è sicuramente in larga parte responsabile della spirale inflazionistica con le sue conseguenze come queste, anche se la stampa main stream cerca di non metterlo in luce.

A. Martino      

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