MA QUALE DECRETO ASSET? L’UNICA SOLUZIONE, ORA PIÙ CHE MAI, È UNA SOLA: USCIRE DALL’UNIONE EUROPEA!

Qualcuno tra voi, cari lettori, forse, leggendo i nostri articoli, potrebbe pensare che: “È facile dire che le cose non vanno mai bene. È fin troppo comodo lamentarsi, poi, però, quando si è nella stanza dei bottoni, chi più chi meno, si comportano tutti alla stessa maniera, pure quelli che prima erano contrari e si lamentavano!”, e messa così potrebbe anche sembrare una giusta osservazione se non fosse che noi, risultiamo essere sempre dei bastian contrari, non, per puro spirito di contraddizione, ma, semplicemente, perché in tutto il panorama politico parlamentare ed istituzionale, ad oggi, non vi è nessuno che sappia riscontrare le giuste cause delle tante emergenze che il nostro Paese sta vivendo, o, se le sa rilevare, di certo, non le comunica scientemente per non danneggiare il sistema che l’ha fatto e lo fa ancora, ingrassare quotidianamente. È  

Quindi, pur correndo il rischio di sembrare oltremodo noiosi e ripetitivi, siamo costretti, anche questa volta, a dare la colpa del caro prezzo dei voli, piuttosto che della benzina o dell’ortofrutta, all’Unione Europea ed ai Governi italiani fin qui succedutisi, i quali, questi ultimi, non hanno mai avuto il coraggio di tagliare ogni legame con l’UE, con la NATO e con l’Euro.

La pantomima del “Decreto Asset”, ad esempio, si inserisce pienamente nel solco dei danni cagionati dall’UE.

Nello specifico, “l’articolo 107 TFUE prevede un divieto generale di concedere aiuti di Stato, al fine di evitare che, concedendo vantaggi selettivi a talune imprese, venga falsata la concorrenza nel mercato interno. Sono vietati tutti gli aiuti diretti concessi dagli Stati membri (quali sovvenzioni a fondo perduto, prestiti agevolati, esenzioni e immunità fiscali e garanzie di prestito), così come ogni altro vantaggio concesso a titolo di trattamento preferenziale a talune imprese o talune produzioni che falsino o minaccino di falsare la concorrenza e pregiudichino il commercio tra gli Stati membri. Il TFUE consente alcune deroghe al divieto generale, se giustificate da obiettivi strategici generali, ad esempio per far fronte a gravi perturbazioni economiche o per motivi di comune interesse europeo. Per questo motivo, la politica di concorrenza ha svolto un ruolo importante nella risposta politica alle sfide economiche poste dalle crisi come la pandemia di COVID-19 e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia”.

Ed è proprio grazie a norme come queste, ed alla corruzione della nostra classe dirigente, che – una compagnia come l’Alitalia, una delle migliori sul mercato, la quale ha ricevuto più volte il riconoscimento unanime ed internazionale di società di trasporto aereo “più puntuale al mondo”, oltreché vincere sia il premio “Best Airline Cuisine” (Miglior cucina in una compagnia aerea) che il “Best Business-Class Seat Design” (Migliori sedili di classe Business – è stata prima messa in amministrazione straordinaria nel 2017 fino a chiudere e confluire, nel 2021 nella piccola e nuova, ITA Airways.

Quest’ultima, rispetto, alla vecchia e gloriosa compagnia di bandiera ha ridotto di molto il proprio perimetro operativo: solo 39 destinazioni, contro le 100 coperte da Alitalia nell’anno 2021.

Tra queste, le destinazioni più indicative perse e politicamente rilevanti, sono: la Russia e la Cina.

Detto questo, però, non tutti sanno che compagnie come la Ryanair, ad esempio, per decollare ed atterrare, su determinati aeroporti, percepiscono – dagli Enti Regionali nei quali sono ubicate le sopraddette piste – importanti sovvenzioni.

Dunque, quando, tempo fa, un viaggiatore poteva acquistare un biglietto aereo A/R per soli 20 Euro, bagaglio compreso, ciò avveniva non solo perché il carburante costava di meno, gli aerei viaggiavano a pieno carico e la concorrenza con compagnie come l’Alitalia era reale, ma anche perché il costo del volo era stato fortemente contenuto dal contributo dell’Ente Territoriale in questione, Regione che, chiaramente, aveva ed ha, tutti gli interessi affinché il proprio territorio fosse il più possibile collegato al maggior numero di città e Nazioni per garantirsi un flusso costante di visitatori, sia in ambito turistico che d’affari.

Ora, se queste sono le esigenze dei vari territori, così come sono veritieri i soldi che le Amministrazioni Locali hanno versato per garantire il collegamento delle Regioni al resto del mondo, non si capisce perché, anziché foraggiare aziende come la Ryan – che oggi, tra l’altro, minacciano di tagliare i propri voli da e per le isole italiane – non si è proceduto a suo tempo a:

  • A rilanciare Alitalia fondando, affianco ad essa, una compagnia low-cost che competesse con tutte le altre compagnie private sulle medie e brevi percorrenze;
  • A impedire il finanziamento di qualsiasi altra compagnia che non fosse quella di bandiera in modo che il mercato fosse più impermeabile per le straniere.

Semplice! Perché, stando nell’UE, si è costretti a rispettare l’articolo 107 TFUE e quindi tutto il nostro discorso è nullo ed essendo nullo, qualsiasi altra iniziativa portata avanti dal nostro Governo – come quella, ad esempio, del “Decreto Asset” – altro non è che un semplice pannicello caldo.

L’Italia non può essere a ricasco di un oligopolio aeronautico retto da quattro “Amici al Bar”, né tantomeno può far affidamento su di un’Europa che, gira che ti rigira, tutela sempre e solo gli interessi franco/tedeschi e mai quelli italiani.

L’unica cosa che il Governo dovrebbe fare è quella di uscire dall’UE, ma per fare questo ci vogliono buone ginocchia e buone scarpe, insieme ad un autentica e consapevole volontà, cose che, l’Italia del 2023, per il momento, non ha.

Non ha la buona volontà neanche nel momento in cui, pur avendo al Governo una maggioranza che voleva, come dichiarato in campagna elettorale, tagliare le accise non le elimina, giacché, grazie a Mario Monti, nel 2012, esse diventarono strutturali. Questo significa che tale imposta, ormai divenuta unitaria, non andrà a finanziare più una specifica attività, ma andrà ad arricchire, in una visione generale, le Casse dello Stato.

Quindi continueremo a pagare, senza poter fiatare, le accise sulla Guerra d’Etiopia pur essendo queste ultime già state abolite dal fascismo stesso nel 1937, così come continueremo a pagare  per la Crisi di Suez del 1956, la ricostruzione post crollo della diga del Vajont o l’alluvione di Firenze.

Tutti eventi ormai lontani nel tempo ed entrati nella storia, per i quali, francamente, non ha più alcun senso pagare, se non regalare soldi allo Stato.

Soldi che, tra l’altro, essendo in Europa, siamo costretti quotidianamente a dover regalare alle compagnie petrolifere occidentali poiché, come è ormai noto, la Russia sta vendendo il proprio “Ural” a ben 20 Dollari in meno, al barile, rispetto al prezzo corrente del Brent: ciò significa che anziché gli attuali 80 Dollari che noi sborsiamo per acquistare 159 litri, se acquistassimo petrolio da Mosca lo pagheremmo solo 60.

Ma ripeto, per fare tutto questo, cioè rimettere il Paese in carreggiata, l’unica soluzione sarebbe quella di uscire dall’Unione Europea … perciò credo che ci toccherà attendere nuovi uomini e nuove donne che non abbiano paura di fare questo salto … il resto sono solo chiacchiere!

Lorenzo Valloreja

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