MA NELLE MANI DI CHI SIAMO???

Il frame di Emmanuel Macron, ripreso sul treno che lo portava a Kiev insieme a Starmer e Merz, è già diventato virale: si vede chiaramente il presidente francese nascondere rapidamente, a favore di camera, un involucro bianco con la mano destra, per poi trasferirlo alla sinistra, sotto al tavolo.
Accanto a lui, con la scaltrezza di un bambino colto con le mani nella marmellata, Friedrich Merz — seduto sulla destra dello schermo — nasconde con la destra un cucchiaino che, a guardarlo bene, sembrerebbe da “naso”: lungo, sottile, decisamente sospetto.
Insomma,
a molti è parso che questi tre bontemponi fossero stati colti in pieno pippotto party.
Ma la voce non aveva ancora completato il giro della rete che già dall’Eliseo
arrivava una smentita ufficiale.
Anzi, per essere precisi, l’entourage di Macron ha diffuso questa nota: “Quando l’unità europea diventa scomoda, la disinformazione arriva a far sembrare un semplice fazzoletto una droga. Queste fake news sono diffuse dai nemici della Francia, sia all’estero che in patria. Dobbiamo restare vigili contro le manipolazioni.”
Bene.
Non abbiamo gli strumenti per dire con certezza se quell’oggetto bianco fosse una bustina di coca o un banalissimo fazzoletto, così come non possiamo sapere se il cucchiaino di Merz fosse di plastica (usa e getta) o di metallo.
Sta di fatto che tutta questa rapidità nel nascondere oggetti apparentemente innocui — se davvero innocui erano — qualche dubbio lo lascia.
E poi, in una società come la nostra — malata e dipendente, dove una persona su dieci almeno una volta l’anno fa uso di cocaina — vogliamo davvero credere che le élite che ci governano siano immuni da questa sciagurata abitudine?
La questione è talmente vecchia che già negli anni ’90 Roberto Benigni, in Johnny Stecchino, ce la sbatteva in faccia: Dante (Benigni), cerca di far assumere cocaina a un cardinale malato di diabete, spacciandola come toccasana. Alla richiesta di spiegazioni su chi gliel’avesse fornita, Dante risponde candidamente: “Il ministro seduto con noi a tavola.” E il politico, indignato, nega e urla. Ma, alla fine, la verità resta appesa.
Nulla è cambiato.
Anzi: come spesso accade, quelli che vengono dipinti come i “peggiori” — almeno secondo il pensiero dominante — finiscono per apparire i più onesti. Perché? Perché non hanno nulla da nascondere.
Prendiamo Elon Musk, ad esempio: non ha mai fatto mistero di usare ketamina e altre sostanze.
Ora, personalmente non approvo l’uso di droghe, né leggere né pesanti. Ma il fatto che il patron di Tesla lo dica apertamente me lo fa rispettare. Almeno non lascia spazio ai dubbi quando lo si vede “accelerato”.
Diverso è il caso di certi personaggi che negano come ossessi, salvo poi smascellare in pubblico come se non ci fosse un domani.
E allora capita che, quando Putin, che certo non ama Zelensky, lo definisce “cocainomane” — al netto dell’evidente intento denigratorio — il dubbio ti resta. Soprattutto se certi frame, abbondanti in rete, sembrano confermare quell’accusa.
Ed è proprio lì che parte il fuoco di copertura dei “giornalini” di sistema:
Fake news! Punto e basta!
Lo stesso “punto e basta” che sentivamo:
- quando dicevano che Putin era morente;
- quando davano l’economia russa per spacciata;
- quando giuravano che le sanzioni avrebbero piegato Mosca;
- o che i soldati russi combattevano con le pale;
- o ancora che rubavano microchip dalle lavatrici per costruire missili.
Fesserie, tutte regolarmente e tragicamente smentite dai fatti.
E allora, quando oggi quelle stesse testate gridano ancora “fake
news!”, perché
dovremmo crederci?
Sulla base di cosa, esattamente?
Parliamo degli stessi che strillano contro ogni rapporto energetico con Mosca, salvo poi starsene zitti e buoni quando l’Italia si prepara ad acquistare gas russo rivenduto dagli americani. E quindi — guarda un po’ — a discapito nostro, ma non dei russi, né degli americani.
Roba da matti.
Esiste una cosa che si chiama credibilità. E chi se la gioca gridando al lupo, al lupo, poi non può pretendere che gli altri lo ascoltino ancora.
Anzi…
Ed ecco che solo una banda di cocainomani e fuori di testa — con una guerra ormai perduta, e un incontro oggi a Istanbul che potrebbe davvero segnare una svolta verso la pace — può pensare di varare il 17° pacchetto di sanzioni contro la Russia.
Ma tant’è.
Con grande soddisfazione della von der Leyen, giusto per irritare il Cremlino e provare a far saltare l’accordo.
Poi ci credo che Zelensky si droghi… D’altronde, cos’altro potrebbe fare, poverino, per estraniarsi dal terribile destino che lo attende?
Un destino che — si badi bene — non gli è stato cucito addosso dai russi, che pure lo vorrebbero processare, ma dagli alleati, che lo vogliono morto.
Sì, morto. Da trasformare in un martire da piangere, da esibire. Perfetto per intortare un’opinione pubblica sempre più confusa.
E
si badi bene: per preparare un buon “intortamento”, l’ingrediente base è sempre
lo stesso.
Zittire le voci dissonanti.
Così, tra le nuove sanzioni, ci sono anche quelle contro i cosiddetti “propagandisti”.
Un tempo erano Russia Today e Sputnik. Oggi? Chi lo sa. Forse anche questo piccolo, ma agguerrito giornale.
E già… ma la speranza, si sa, è sempre la stessa: “Adda passà ‘a nuttata.”
Lorenzo Valloreja
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