IL TRIREGNO, SIMBOLO DI DIGNITA’ TERRENA DEL PAPATO, TORNA NELLO STEMMA DI LEONE XIV

Il nuovo blasone papale (ovvero lo stemma del nuovo sommo pontefice Leone XIV) è stato ben presto diffuso, e ormai avallato anche da ANSA. D’altronde, non è altro che l’adattamento alle insegne papali del suo stemma cardinalizio.

Esso reca, come vediamo, un giglio (simbolo di devozione mariana) e un Sacro Cuore trafitto da una freccia su di un libro chiuso (simbologia non chiarissima nel dettaglio ai più, ma che intuisco sicuramente legata al pensiero di San Agostino del cui Ordine il duecentosessantaseiesimo successore di Pietro al secolo cardinale Prevost era Superiore generale). Se ne evincono comunque e soprattutto, le spiccate devozioni tanto a Maria Santissima quanto al Sacro Cuore di Gesù. Lo scudo araldico è ornato dal motto “In Illo uno unum” ovvero “Siamo una cosa sola in Quello soltanto”.

Da notare con attenzione il ritorno significativo del Triregno (la corona papale o tiara) scomparso araldicamente già da Benedetto XVI. Esso, indossato sin dal Medio Evo dai papi e negli ultimi secoli solo in rare e più solenni occasioni, faceva riferimento più alla potestà temporale, che a quella spirituale tuttora e sempre simboleggiata anche e soprattutto dalle chiavi petrine. L’uso papale di una tiara (a suo tempo con una sola corona, poi con due e infine con tre, e ognuno di questi accrescimenti di diademi ha spiegazioni simbolistiche che vi risparmio) è documentabile già su una moneta di papa Sergio III (904-911).

San Paolo VI ne deprecava lo sfarzo mondano e regale, pur non essendosi sottratto all’incoronazione di inizio del pontificato e avendogli la corona papale cinto il capo altre volte . Durante l’ ultima di esse, alla seduta conclusiva del Concilio Vaticano II, con un gesto pregno di modernismo simbolistico, se la tolse dal capo e la depose sull’altare. Finì acquistata per beneficenza dal cardinale statunitense Spellman, e oggi è ammirabile nella basilica del Sacro Cuore di Washington.

Giovanni Paolo I nel 1978 non volle essere incoronato e ne abolì il portarla in qualsiasi evento pur rimanendo nello stemma personale del Papa e in qualunque insegna o documento vaticano ufficiale, imitato da San Giovanni Paolo II.

Benedetto XVI Ratzinger eliminò a sorpresa il triregno dall’araldica personale del papa e la sacra triplice corona sopravviveva solo nelle marchiature di documenti e nelle insegne di uffici curiali e vaticani. Lo sostituì con una modesta mitra arcivescovile persino di spartano disegno, e Francesco ovviamente non trovò motivo alcuno di recuperarlo. Negli ultimi tempi, in Vaticano, iniziavano a fare capolino delle chiavi incrociate (o decussate, come si dice in araldica) sormontate non dal triregno ma appunto, dalla mitra vescovile. Ci si avviava quindi, verso la sua totale e definitiva archiviazione.

Altrettanto a sorpresa, rivediamo il suggestivo diadema papale al suo posto almeno araldico, a ricordo della regalità papale certo non più temporale ma solo (o quasi solo) spirituale. La scelta dell’attuale successore di Pietro è coerente con il ripristino delle più solenni e iconiche vesti o accessori papali quali la stola o la mozzetta, ed è emblematica di una certa visione del papato indubbiamente più tradizionale (e non dico tradizionalista).

I simboli contano, e non poco. Anche quando sono apparenti orpelli, e da questo possibile punto di vista mi pare persino strano che papa Francesco, nel suo turbomodernismo, abbia pur sempre avuto uno stemma e invece non abbia liquidato la sua stessa idea come “roba da nobili”. D’altronde, diverse case reali e regnanti hanno ovviamente la corona sul blasone e la tengono esposta in un museo, o su un cuscino di velluto nelle grandi occasioni; ma probabilmente solo i reali britannici si fanno tuttora incoronare, o se ne cingono la testa (come all’apertura del parlamento).

A. Martino

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