HABEMUS (VERUM) PAPAM. INIZIA CONFORTANTE L’ERA DI LEONE XIV.

Cari lettori de L’ Ortis, credo che possa non annoiarvi il fornirvi un sintetico resoconto delle mie sensazioni da “battezzato semplice” della storica prima serata dell’ otto maggio 2025, in cui il cardinale Robert Francis Prevost è diventato papa assumendo il nome di Leone XIV. La basilica di San Pietro, la sua favolosa piazza, Roma, l’Italia sono ancora una volta al centro del mondo per una misteriosa alchimia che nessuna secolarizzazione, modernità, modernismo, scettiscismo e disincanto sono sinora riusciti a distruggere. Magari è solo l’illusione che il materialismo secolarista e ateista declini, ma è. E voglio dimenticare, e smentire me stesso che da tempo parlo di postcattolicesimo.  

Tensione (francamente più che gioia, incollato dinanzi alla TV): ecco, siamo finalmente all’ Habemus papam; è passato non poco tempo dalla fumata bianca. Chiaramente, accettazione e vestizione a parte, non è da cinque o dieci minuti l’atto di obbedienza da parte di ben centotrentadue cardinali; e forse, l’ormai ex cardinale Leone XIV potrebbe aver scritto subito dopo il proprio discorso o almeno averlo limato e rivisto.

Il protodiacono scandisce in perfetto latino (quasi mi commuovono queste rivincite della lingua dei miei, dei vostri più antichi Padri) innanzitutto i nomi di battesimo dell’eletto (in accusativo ovvero complemento oggetto, Robertum Franciscum: francamente non ho la minima idea di chi sia). Arriva poi il cognome: Prevost (un americano, mi pare: e ci azzecco).

Poi (sempre nella lingua di quelli che furono i Pontifices maximi pagani) capisco che ha scelto il nome di Leone XIV. La cosa mi rallegra: è un nome molto “classico”  e “da papa”, che non ha niente a che vedere col Francesco con cui (venerazione sentita e doverosa per il Poverello a parte) Jorge Mario Bergoglio tenne a evidenziare, e da subito, il suo eccezionalismo permanente.

Grandi papi degni di tale zoonomastica. Il papa Pecci (Leone XIII, 1878-1903) che con la Enciclica Rerum novarum staccò la Chiesa dalla vicinanza organica con il padronato ormai totalmente imborghesito e avviato alla secolarizzazione prendendosi strali da “socialista”, ma anche quel Leone I “Magno” (440-461) che mosse contro Attila accompagnato da inermi chierici armati di sole croci e libri sacri, lo incontrò sulla pianura padana e misteriosamente lo indusse a tornarsene nelle sue lande barbariche.

Ma quando papa Leone appare sulla Loggia delle benedizioni, il mio sollievo è davvero grande: un Papa visibilmente quanto comprensibilmente commosso e intimidito con i paramenti papali, e non semplicemente con la pellegrina bianca come fece papa Francesco. Si rivede la magnifica stola che forse, mi pare, fu di Pio IX e una croce pettorale aurea (l’oro non serve a inorgoglire chi lo indossa ma a rendere gloria a Cristo).

Calmatosi il boato della folla, il nuovo vescovo dell’ Urbe esordisce con un evangelico e pasquale “La pace sia con voi”. Anche qui, purtroppo,è inevitabile il raffronto con il “ Buonasera” di papa Bergoglio culminato con la stravagante benedizione da lui richiesta alla folla sottostante assiepata dodici anni fa all’ incirca alla stessa ora.

E appunto alla fine, il suo grande regalo che molti osservatori “devoti per caso” non hanno notato, tutti presi dall’esaltare il presunto ferreo nemico di Donald Trump. Non solo papa Prevost benedice Urbi et orbi, ma concede l’indulgenza plenaria ovvero la remissione dei peccati anche a mezzo media audiovisivi.

Io e la redazione de L’ Ortis ringraziamo emozionati e filiali S.S. Leone XIV augurandogli un pontificato lungo quanto glorioso, e foriero di pace per il mondo nonché di risveglio di fede e spiritualità.

A. Martino     

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