LA VERA SOLUZIONE PER SALVARE OGGI LE NOSTRE UMANITA’ E LIBERTA’ CE LA INSEGNA ERNST JUENGER: “PASSARE AL BOSCO”

Vi sono parole e concetti che vanno necessariamente riproposti se non culturalmente memorizzati perché, assolutamente, non sono contingenti o contestualizzabili. Sono scritti o pronunciati da personalità assolutamente fuori dall’ordinario, come qui dal sommo maestro di vita e pensiero Ernst Juenger (Heidelberg 1895-Riedlingen 1998).

Vi sono parole o concetti magari contestabili in quanto a visione del mondo e della vita, ma la cui stessa contestazione andrà continuamente riformulata, proprio in funzione della loro eternità.

Vi sono parole e concetti la cui dimenticanza è una disgrazia, e la cui relativizzazione per convenienza politica e cooptazione nel Sistema dovrebbe essere semplicemente disonorevole: almeno per un uomo o una donna dell’Essere e della Tradizione.

Vi sono parole e concetti assolutamente veri e trascendentali, anche se di provenienza puramente umana; ne ho la profonda e sincera convinzione.

Faremmo bene a rimeditare, o a farlo ora per la prima volta qualora mai lo avessimo fatto, il saggio Der Waldgang (1952), in italiano comunemente quanto impropriamente tradotto Trattato del ribelle. In realtà il Waldgang è in tedesco, alla lettera, il “passaggio al bosco”o magari “attraverso il bosco”. Il bosco interiore è il rifiuto di un Sistema ormai insopportabile e con il quale siamo irrimediabilmente incompatibili. Potremmo parlare, nella nostra lingua, di un “passaggio alla macchia” ma l’espressione può apparire troppo brigantesca e materiale.

La sfida, qui, è piuttosto quella di stare nel Mondo pur non essendo più, o mai essendolo stato, del Mondo.

In un contesto di dialettica e divenire storico, il concetto col suo invito, è assai attiguo al “Restare in piedi in mezzo alle rovine” del nostro Julius Evola (Roma 1898-1974).

Ma adesso mi zittisco, chiedendo scusa per la mia patetica loquacità dato che un Ernst Juenger, facendo vagamente il verso a un certo giustizialismo quando parla delle sentenze giudiziarie, non si commenta ma si segue, o almeno, si ascolta.

“.………….Data una società ed una civiltà come le attuali, nel ribelle, in colui che non si adatta, nell’asociale, è in via di principio da vedersi l’uomo sano. Quando tutte le istituzioni divengono equivoche o addirittura sospette, e persino nelle chiese si sente pregare ad alta voce per i persecutori, anziché per le vittime, la responsabilità morale passa nelle mani del singolo, o meglio del singolo che non si è ancora piegato. Il ribelle è deciso ad opporre resistenza, il suo intento è dare battaglia, sia pure disperata.

Ribelle è colui che ha un profondo, nativo rapporto con la libertà, il che si esprime oggi nell’intenzione di contrapporsi all’automatismo e nel rifiuto di trarne la conseguenza etica, che è il fatalismo. Tra il grigio delle pecore si celano i lupi, vale a dire quegli esseri che non hanno dimenticato che cos’è la libertà. E non soltanto quei lupi sono forti in se stessi, c’è anche il rischio che, un brutto giorno, essi trasmettano le loro qualità alla massa e che il gregge si trasformi in branco. È questo l’incubo dei potenti…………..”.

A. Martino

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