VIA ACCA LARENZIA E’ UNA VERGOGNA, CERTAMENTE: MA NON PER CHI ALZA UN BRACCIO, BENSI’ PER LO STATO.

Intorno alle 18.20 del 7 gennaio 1978 alcuni ragazzi, militanti di destra radicale, stavano uscendo dalla sede del Msi di via Acca Larentia, nel quartiere Tuscolano, quando un gruppo di persone aprì il fuoco contro di loro.

Franco Bigonzetti, ventenne iscritto al primo anno della facoltà di medicina, morì subito. Il meccanico Vincenzo Segneri rimase ferito ma riuscì a rientrare nella sede del partito insieme ad altri due militanti rimasti illesi. Il diciottenne Francesco Ciavatta tentò di scappare ma venne inseguito dagli aggressori e ferocemente colpito alla schiena: morì durante il trasporto in ospedale.

Immediatamente dopo l’agguato una folla di attivisti si riunì sul luogo del delitto, comprensibilmente arrabbiata, ed esplose l’ira (forse immotivata e puramente umorale) contro le forze dell’ordine.

Stefano Recchioni, militante della sezione missina di Colle Oppio, fu colpito da un proiettile di pistola: il diciottenne spirò due giorni dopo. Non esiste un responsabile neanche ipotizzato per la morte di questo ragazzo.

Nuclei Armati per il Contropotere Territoriale rivendicò con una audiocassetta il crimine “di partenza”: “Un nucleo armato, dopo un’accurata opera di controinformazione e controllo alla fogna di via Acca Larentia, ha colpito i topi neri nell’esatto momento in cui questi stavano uscendo per compiere l’ennesima azione squadristica. Non si illudano i camerati, la lista è ancora lunga. Da troppo tempo lo squadrismo insanguina le strade d’Italia coperto dalla magistratura e dai partiti dell’accordo a sei. Questa connivenza garantisce i fascisti dalle carceri borghesi, ma non dalla giustizia proletaria, che non darà mai tregua. Abbiamo colpito duro e non certo a caso, le carogne nere sono picchiatori ben conosciuti e addestrati all’uso delle armi”.

Non so se qualcuno ritenne di dover procedere a una vera indagine per punire i colpevoli, sta di fatto che solo nel 1987 grazie alla confessione della pentita Livia Todini, si arrivò stentatamente a dare un nome a cinque militanti di Lotta Continua che vennero prontamente accusati degli omicidi di Bigonzetti e Ciavatta: Mario Scrocca, Fulvio Turrini, Cesare Cavallari e Francesco de Martiis vennero arrestati mentre Daniela Dolce fuggì in Nicaragua. Scrocca, il giorno dopo essere stato interrogato dai giudici, si ammazzò (almeno ufficialmente) in galera. A quanto pare, la fece troppo tragica dato che tutti i signori suddetti vennero assolti per insufficienza di prove.

Alquanto sconcertante anzi surreale, appare anche uno squarcio di verità (attenzione, non la verità sostanziale) sull’arma del delitto.

L’anno dopo una mitraglietta Skorpion (fabbricazione cecoslovacca) usata nell’agguato alla sede del Msi fu rinvenuta nel covo delle Brigate Rosse a Via Dogali a Milano, e gli esami balistici svelarono il precedente utilizzo non solo a Via Acca Larenzia ma anche  in altri tre omicidi delle Br: quello dell’economista Ezio Tarantelli nel 1985, quello dell’ex sindaco di Firenze Lando Conti nel 1986 e quello del senatore democristiano Roberto Ruffilli nel 1988. Nel 2013 si ricostruì, in un exploit investigativo alquanto insolito per la tragica saga, che la Skorpion era stata acquistata nel 1971 dal cantante Jimmy Fontana, il quale l’aveva poi venduta nel 1977 a un commissario di polizia. E come fece a passare da un (sicuramente impeccabile e corretto) uomo dello stato, nientemeno che a dei terroristi assassini? Buco nero…a parte che un’arma del genere ha un senso per un funzionario stile “poliziottesco” (genere noir all’italiana proprio di quegli anni), ma era francamente impensabile per l’indimenticabile autore e interprete de Il Mondo, hit di culto degli anni Sessanta. 

La Strage di Acca Larentia viene commemorata ogni anno da militanti di destra anche a MSI-DN scomparso, riunificando una volta tanto le sigle della diaspora della Destra non normalizzata e non conformata. La prima commemorazione avvenne a Centocelle un anno e tre giorni dopo la strage, il 10 gennaio 1979, e durante gli scontri con le forze dell’ordine (sic..) perse la vita, come in un funereo copione, un altro studente e militante del Fronte della Gioventù ovvero il diciassettenne Alberto Giaquinto. A sparare fu un poliziotto in borghese, Alessio Speranza, che dopo quattro processi fu condannato per eccesso colposo di legittima difesa.

Insomma, a causa di quella maledetta sera postnatalizia giacciono ben quattro salme di giovanissime vite spezzate da un odio e un fanatismo che, seppure attenuato nei metodi, resta sostanzialmente immutato nello spirito di parole, atti e polemiche. Nonostante il delirante proclama sopra riportato, la stranissima storia della micidiale mitraglietta indurrebbe a pensare che gli accoliti di Nuclei armati per il contropotere territoriale siano stati solo dei poveracci manipolati da forze ben più potenti di loro, in giacca e cravatta e con auto blu: in poche parole, dalla famigerata strategia della tensione.

In tutta franchezza, non potrebbero lasciar perdere le disquisizioni sui saluti romani più o meno da legulei e burocrati tribunalizi, e, con un sussulto di pietà, lasciare che almeno ognuno abbia il diritto di piangere e onorare, e non obbedire nel dimenticare, i propri morti che in questo caso non hanno avuto alcuna giustizia, senza scomodare le leggi razziali (che ci stanno sempre bene) e far sempre, e solo, tintinnare manette?

Certo, ai poveri Giaquinto e Recchioni andò davvero molto peggio….

A. Martino  



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