IL PITBULL NON E’ UN CANE “CATTIVO” O “SBAGLIATO” MA VITTIMA DI UNA INFORMAZIONE DISONESTA ALMENO INTELLETTUALMENTE, E RISPETTOSA PIU’ DEGLI INTERESSI ECONOMICI CHE DELLA VERITA’.

Non esiste cane buono o cane cattivo. Esiste tuttora il ”miglior amico dell’uomo”, cha a volte può essere tradito, deviato, manipolato dall’uomo stesso: per semplice stupidità, vanità, avidità, servilismo verso il potente (qualunque potente economico, fosse pure come in questo caso, delle, banali ma non tanto, federazioni o associazioni cinofile). E persino nel caso dei pitbull “assassini”, la stampa main stream riesce a fare la sua “porca figura” (stavolta l’espressione popolare ci sta proprio).

La frequenza delle notizie di stampa (attenzione, dico notizie di stampa e non fatti, intelligenti pauca…) circa incessanti aggressioni della razza (riconosciuta con ufficialità cinofila in Italia solo dal Middle central kennel club of Italy) persino mortali e persino verso bambini del nucleo familiare non può non lasciare sgomenti. Però ha iniziato a suscitarmi vaghe intuizioni e sospetti istintivi. In questo caso come in altri, la Rete assai più che l’informazione cartacea e radiotelevisiva, mi è stata di grande utilità; e permettetemi la presunzione di dichiararvi che il mio intuito (come quello di qualunque altro utente appassionato del proprio cervello) conta più di qualunque Porta a porta del Vespone o notizia di (tele)giornale.

Innanzitutto, di che si tratta quando si parla di pitbull? E’ necessario un minimo cenno storico.

In Inghilterra (che passa per pietra dello scandalo ma le lotte dei cani sono tuttora una realtà universale, anche italiana pur clandestina) la lotta fra cane e cane o fra cane e altro animale era in effetti particolarmente popolare da secoli, visceralmente seguita, e alimentava capitali notevoli. Abolita legalmente nel Regno Unito nel 1835 sotto il regno di Guglielmo IV zio di Vittoria, e non so se al momento in tutti gli stati degli USA (prosecutori di tante tradizioni britanniche per ovvii motivi storici e culturali) comportò il crudele (tanto per coerenza) sterminio di gran parte degli esemplari di un particolare molossoide nato dall’incrocio (poi perfezionato nel Nuovo continente) fra il pitbull (letteralmente cane da “fossa del toro”) e  il terrier, meno feroce e temibile non di poco ma straordinariamente ostinato sulla preda come ogni cane da caccia. Furono pochi gli esemplari a salvarsi dalla “soluzione finale”: di questi sopravvissuti, qualcuno “trovò l’America” e persino prestigio con qualche piccola variazione selettiva diventando American Staffordshire terrier meglio noto come Amstaff (il cagnone del mitico cartoon Tom e Jerry, tanto per intenderci). I residui pitbull terrier, fra cui anche i cugini americani,  divennero “cani dei poveri” cui tornò utile la loro facile adattabilità a esigenze delinquenziali e per sbarcare il lunario.

Negli ultimi decenni l’American pitbull terrier, pur in costanza di ostracismo da parte dell’ ENCI (il nostro ente cinofilo istituzionale) per la francamente ridicola motivazione della pericolosità fra altri cani in mostre canine (come se un bulldog o un cane da pastore scontatamente se ne stiano solo a sonnecchiare o a giocherellare in tali kermessen), ha incontrato un sempre maggiore successo amatoriale e commerciale. Il pitbull ha infatti una straordinaria sensibilità e gamma emotiva, e i migliori allevatori ne hanno smussato il lato bellicoso e aggressivo per esaltarne la “umanocentricità”: il pitbull, storicamente, dall’uomo ha stoicamente subito i peggiori trattamenti imbestialenti e la sua rabbia animale era canalizzata solo verso altri cani o animali. 

Per molti superficiali, ingenui, e (vogliamo dirlo?) stupidi cinofili nostrani, il pitbull è un “cane con le palle” muscoloso, scattante, temibile con la sua tremenda dentatura, da esibire, più economico di un antifurto e relativamente piccolo e a buon mercato rispetto a competitori sulla sua fascia commerciale quali un bel mastino o un pastore tedesco di razza pura. E forse proprio per questo, in Italia ma anche in altri paesi come il Regno Unito, cominciano o ricominciano se mai fossero davvero finiti, i guai per questi cani che negli USA odierni sono invece sfruttati per pet therapy e introdotti opportunamente addestrati negli ospedali oltre che utili per la cura dei disturbi comportamentali e cognitivi in età scolare.

Qui veniamo al dunque, e chi vuole si arrabbi pure, però vada a vedersi un certo intervento su YouTube del preparatissimo cinofilo Emanuele Artibani di anni fa. Ma ora la situazione per il pitbull in Italia è davvero precipitata e non so come andrà a finire. Il pitbull è insomma un cane mediaticamente e giuridicamente debole così come l’immagine e onorabilità dei suoi proprietari e famiglie adottive: non ha, misteriosamente, veri riconoscimenti cinologico-scientifici; e non ha, quindi e soprattutto, corposi interessi economici organizzati quali, ad esempio, quelli attorno al pastore tedesco razza creata del tutto forzatamente in laboratorio solo alla fine dell’Ottocento  (vedasi la potente e transnazionale S.A.S. Società Amatori Schaeferhunde). A proposito: ma quale interesse credete sia dietro la realizzazione di serie televisive quali la più remota americana Le avventure di Rin Tin Tin o la più recente austriaca Il commissario Rex, proponenti una immagine più che rassicurante, e persino mielosa, di un cane tra i più temibili e spietati custodi? Agli emarginati “assassini” molossoidi angloamericani è sinora spettato solo un ruolo nella saga cinematografica di John Wick: chiari messaggi subliminali, in cui il pastore tedesco indossa diciamo così la divisa e il pitbull è il cane di un super killer, che sarà il pur fascinoso e tenebroso Keanu Reeves ma sempre un assassino a scala industriale è.

A rendere ancora più chiaro il quadro della strategia informativa, si badi che a volte gli episodi tragici a sfondo “pet” riguardano non pitbull ma altri cani, comunque quali pitbull subdolamente definiti: e che spesso, non si dispone di foto degli animali immediatamente posti sotto sequestro, della famiglia e delle vittime et cetera.

Premetto alle mie conclusioni finali, che non intendo assolutamente ridimensionare, da amico dei cani e di quella razza quale io stesso sono, le serie problematiche comportamentali legate ad animali di struttura fisica formidabilmente offensiva e atletica, ipersensibili, intelligenti persino troppo per un cane; cani che sono sempre più, grazie al martellamento mediatico, abbandonati, dagli stupidi che li comprarono, nel migliore dei casi in un canile. E il cui sfruttamento criminale non è affatto cessato nel Diciannovesimo secolo con dei tratti di penna nei diversi paesi, proseguendo con maltrattamenti fisici e psicologici, nel chiuso di mura o giardini domestici, i quali possono spiegare certe loro incomprensibili atrocità.

Ma mi sento di poter ipotizzare, ricevendo conferma che nulla vi è nella informazione di Sistema di non costruito e finalizzato (pur nell’astratta veridicità di base, almeno parziale, della notizia), che il cane pitbull sia nell’occhio del ciclone mediatico perché tale razza canina infastidisce e danneggia seriamente interessi commerciali ed equilibri corporativi, e perché non gode di tutela di immagine tanto dei cani stessi che dei loro proprietari responsabili e consapevoli. E’ un po’ come al contrario avviene per certe figure militari, professionali e pubbliche: provate a parlare e soprattutto scrivere a proposito di talune categorie con tanto di associazione nazionale di questi o quelli in congedo o non, e scatenerete una grandinata di querele e richieste di danni morali sulla vostra testa; sono lontani i tempi in cui Alberto Sordi mise alla berlina il “medico della mutua” oggi definito sentimentalmente “medico di famiglia”, e in cui l’Ordine dei medici fece quasi finta di nulla. E pensiamo all’Associazione nazionale magistrati: sorta di Camera suppletiva in materia giudiziaria, rappresenta interessi economici pari, se guardiamo agli emolumenti netti del corpo giudiziario dello stato non credo proprio sottopagato, a una cifra prudenzialmente stimabile attorno ai cento milioni di euro: una massa di capitale di tutto rispetto e del tutto legittima, oltretutto con la funzione sociale di rivitalizzare mercati ormai preclusi all’impoverito e comune ceto medio quali arte, gioielleria, antiquariato etc.; ma non auguro a nessuno di incappare in una querela dell’ ANM.  

Ad ogni pitbull venduto corrisponde un pastore tedesco o maremmano-abruzzese in meno (gonfiandosi tra l’altro la rilevanza statistica degli episodi “criminosi” dei pitbull, ma tanto quelli delle altre razze o li attribuiscono ai pitbull o non ne parlano proprio). E a ogni pitbull partorito in struttura corrisponde la crisi di allevamenti canini specializzati da decenni e decenni in certe razze un tempo popolarissime, ora messi in crisi da questi inconsapevoli parvenues a quattro zampe dell’amore per i cani e del pet business.

La morale di fondo e conclusiva, cari amici lettori, è sempre ripetitivamente e noiosamente quella: non fidatevi di nessuna campagna di stampa o enfatizzazione martellante di problematiche, prendete tutto ciò che i media main stream vi propinano, con le pinze ed esercitate il vostro bel pensiero critico (se non lo avete fatevelo leggendo, compratelo, affittatelo o prendetelo in leasing o non so che, ma in nome di Dio davvero, esercitatelo che si tratti di vaccini o di cani o di guerre o di qualunque altra cosa). Purtroppo una volta per questo c’era anche il liceo classico e infatti ora va scomparendo.

A. Martino

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