L’ARRESTO DI CECILA SALA E’ UN CLASSICO “DANNO COLLATERALE” PER LA SUBALTERNITA’ GEOPOLITICA DELL’ITALIA (E NEL CERVELLO DI MOLTI ITALIANI)

I casi di Alessia Piperno e di Cecilia Sala sono alquanto diversi.

La prima è una “travel blogger” che nel 2022 fu trattenuta in Iran per quarantacinque giorni, forzata ospite del famigerato carcere di Evin operante dal 1972 e che nel 1979, per le bizzarrie della Storia, improvvisamente si svuotò degli oppositori alla monarchia per riempirsi dei nostalgici della suddetta e in brevissimo tempo, di tutti gli altri oppositori della repubblica islamica che, da quel fatidico anno, regge le sorti di quello che fu (fra sorti e dominatori alterni) un impero ben più antico di Roma.

Ma evitiamo divagazioni storiche. Il vice premier nonché ministro degli Esteri Antonio Tajani ci ha oggi informati che la giornalista de Il Foglio nonché del podcast Media Chora Cecilia Sala (che non è figlia del politicamente ultracorretto sindaco di Milano, ci fanno sapere con puntiglio, nessuna parentela nemmeno?) è in una cella singola e specifica e che tale trattamento non toccò ad Alessia Piperno (bontà loro),

Cecilia Sala dispone di un regolare visto giornalistico, e le autorità iraniane non hanno finora, per quanto pubblicamente si sappia al momento, reso noto cosa effettivamente le sia contestato: non posso infatti pensare che, anche in Iran, sia possibile arrestare qualcuno senza un regolare capo di imputazione disposto dalla magistratura o magari anche, laddove l’ordinamento (solitamente molto autoritario, in tale caso), lo consenta, dalle forze dell’ordine.

Ma non posso pensare che ciò avvenga nemmeno in Italia. E sto per spiegarvi perché. E perché Tajani abbia tutte le pur discutibili ragioni per appellarsi alla massima discrezione e riserbo nel risolvere il caso del misterioso arresto di Cecilia Sala.

Sembra che esso sia in stretta relazione (costituirebbe quindi moneta di scambio) con l’ arresto solo ora agli onori della cronaca, dell’ingegnere elettronico Mohammad Abedini Najafadi riguardo il quale pare non vi sia granché di legittimante presso l’autorità giudiziaria italiana.

Abedini è accusato di esportazione illegale di componenti per droni dagli USA verso l’Iran, e questi ne hanno chiesto all’ Italia da costui frequentata per motivi professionali l’arresto (avvenuto presso aeroporto milanese) e in seguito la estradizione.

Insomma, la nostra giornalista sembra essere caduta in una trappola iraniana causata dalla classica patata bollente finita nelle mani della parte più debole (l’ “alleato” italiano quindi), unita, parrebbe, a qualche imprudente e zelante solerzia di un  pubblico ufficiale che, dinanzi a un ordine verbale o non del tutto regolare, tirando semplicemente in ballo il potentissimo apparato statunitense, potrebbe aver agito senza formalizzarsi più di tanto. E totalmente ignaro delle conseguenze anche per sé stesso.

Da notare anche il notevolissimo clamore per l’avvenuto, che fa di Cecilia Sala, indubbiamente, una italiana all’estero di serie A.

Veemente esternazione di Chef Rubio, il quale ritiene che tali incidenti siano degna sorte per ogni “sionista”.

A. Martino

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