L’INCUBO DI UNA CRISI DI GOVERNO DI MEZZA ESTATE

Ebbene si, cari lettori, la notizia che mai avremmo voluto commentare, siamo costretti anche noi ad analizzarla – proprio a ridosso di questo strano ferragosto,  dove la politica non si è fermata neanche dinnanzi al sol leone – perché la questione è oramai palese e sotto gli occhi di tutti: il Governo Giallo/Verde, il “nostro” Esecutivo, è in crisi!

E se solo oggi, 16 agosto 2019, mi sono deciso a scrivere questo pezzo non è certo né per vigliaccheria, né per sciatteria, né tanto meno per opportunismo politico, quanto perché, dati i nostri poveri mezzi e gli esigui collaboratori, sinceramente, non eravamo in grado di seguire e relazionare, minuto per minuto, le fasi così convulse di una crisi tanto complessa, quanto repentina, senza incorrere in errori di “lettura” e valutazione scrivendo così, di sicuro, delle castronerie.

Oggi, invece, riteniamo di avere sufficienti elementi per poter così tirare le somme.

Ma veniamo dunque ai fatti: in realtà, cosa ha indotto il Ministro degli Interni, Matteo Salvini, a rompere con i 5 Stelle proprio nelle giornate tra il 7 e l’8 agosto 2019

In principio fu, in quel del Senato sulla realizzazione della TAV, il voto divergente dei due azionisti di maggioranza, dove, la Lega ha appoggiato la mozione del Partito Democratico contro il Movimento 5 Stelle da sempre sfavorevole a questa infrastruttura, causando così la sconfitta in aula dei pentastellati.

Ma la TAV, se vogliamo dirla tutta, è solo una foglia di fico!

Tante infatti sono state le divergenze che già in precedenza avrebbero potuto indurre i due Vice Premier ad allontanarsi l’uno dall’altro: dall’elezione alla Presidenza della Commissione UE della fedelissima di Angela Merkel, Ursula von der Leyen, ai continui slittamenti e verifiche riguardo la proposta di Autonomia Differenziata per il Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, dalle divergenze sulla questione TAP e Diciotti, alla cosa, secondo me, più grave ma passata in sordina e che ha rappresentato plasticamente tutta la divisione ideologica delle due parti in commedia, il bene placet del Governo Conte al rinnovo delle sanzioni alla Russia.

Su questa vicenda infatti, che è costata agli esportatori italiani più di un miliardo di Euro, pesa molto il legame indissolubile che ha la creatura politica di Beppe Grillo con Washington che, al di là della Presidenza Trump e di ciò che possa dire Di Battista, è ormai certificato dai tanti incontri avvenuti a diverso titolo, a partire dal 2008 fino ai giorni nostri, tra i vertici pentastellati ed i diplomatici statunitensi.

In tal senso, non ultima, è stata la colazione di lavoro dello scorso luglio a Villa Taverna, tra l’Ambasciatore Lewis Eisenberg e Luigi Di Maio, dove, nel corso della quale,  il Ministro Italiano ha assicurato che, se avesse avuto un solo sospetto riguardo la vera natura dei rapporti tra i suoi alleati e la Russia, l’alleanza con la Lega sarebbe già bella e conclusa.

Poi ci fu senz’altro quel sorpasso galeotto divenuto, in un anno e mezzo, vera e propria fuga del “Carroccio” sul Movimento 5 Stelle a tentare, più che il Ministro degli Interni, i suoi accoliti i quali, un giorno si e l’altro pure, non mancavano di istillare nell’orecchio del Segretario della Lega il veleno della rottura.

Certo si sa che – per verificare l’ascesa dell’uno, dal 17 al 38% dei consensi, e la discesa dell’altro, dal 38% al 16,5% – bisogna prima tornare al voto e per quest’ultimo passaggio occorre necessariamente un Presidente della Repubblica che sia disposto a sciogliere le Camere ed è stato proprio questo il grossolano errore dei leghisti: pensare che Mattarella sia disponibile a riportare il Paese alle urne.

Sergio Mattarella non è solo il garante della Costituzione, ma è, anche e soprattutto, uno dei Presidenti della Repubblica Italiana più convintamente europeisti ed atlantisti. Come potrebbe dunque mai accettare un ipotetico scenario post elettorale che vedrebbe al Governo la Lega e Fratelli d’Italia insieme?

In tale contesto, infatti, questi due partiti fortemente critici contro l’Unione Europea potrebbero, addirittura da soli, eleggere il primo Presidente sovranista della Storia d’Italia, e secondo voi lo permetterebbe?

Non lo consentirebbe mai!

Se Salvini punta ad un Esecutivo pienamente sovranista e riformatore non è questo il tempo per chiedere il conto.

Egli ha avuto, in passato, un occasione immensa per cambiare non solo le carte in tavola ma anche il “cartaro“, e quell’opportunità gliela fornì proprio Di Maio.

Mi riferisco in particolar modo alla richiesta d’impeachment per Mattarella, da parte dei 5 Stelle, nel maggio del 2018, pretesa affossata proprio da Salvini che, in quell’occasione, dietro suggerimento non si sa di chi, preferì salvare il Presidente della Repubblica.

Se avesse dato ascolto non solo ai pentastellati, ma anche a me, di sicuro oggi saremmo in tutt’altre condizioni, con le mani più libere dall’Europa e una reale possibilità di ritornare alle urne, se è questo che la gente realmente desidera.

Perché tornare a votare è senz’altro importante ma per fare cosa lo è ancor di più!

Un governo sovranista, in Italia, ha ragione di esistere solo se è in grado di rompere i canapi che legano e strozzano il nostro Paese, se è capace di ridare dignità e sovranità al popolo italiano, in altri termini se è in grado “rivoluzionare” lo status quo internazionale.

E’ CAPACE, ATTUALMENTE, IL NOSTRO ESECUTIVO DI:

  • FAR USCIRE L’ITALIA DALL’UNIONE EUROPEA?
  • FAR USCIRE L’ITALIA DALL’EURO?
  • FAR USCIRE L’ITALIA DALLA NATO?
  • FAR ALLEARE L’ITALIA ALLA RUSSIA DI PUTIN?

No perché, non solo è controllato a vista dagli Stati Uniti ma anche perché è sorvegliato a distanza da un Presidente della Repubblica che la pensa in maniera diametralmente opposta ai sovranisti.

Ecco perché l’elezione del Presidente della Repubblica diventa un nodo fondamentale per la rinascita dell’Italia.

Diciamocela tutta: ad esempio, per scongiurare l’aumento dell’IVA – della quale, qualora qualcuno ancora non lo sapesse, già noi versiamo lo 0,3% all’Europa – o si tassano nuovamente gli italiani o si tagliano i già scarni servizi.

Quindi, in un modo o nell’altro, a rimetterci, saremo sempre e solo noi cittadini e l’unico sistema per salvarci da questo vampirismo fiscale potrebbe essere quello di stampare noi stessi della moneta senza versare neanche un centesimo all’UE, ma per fare questo, come detto, occorrerebbe una vera e propria complicità istituzionale che oggi non c’è.

Premesso ciò, con una colazione dove uno fa la parte del poliziotto cattivo, la Lega e l’altro fa la parte del poliziotto buono, i 5 Stelle, siamo in grado di mettere almeno in discussione gli attuali trattati?

Forse si! ma per fare questo non si possono sbagliare né i tempi dell’azione né fare colpi di testa.

Vedete, cari lettori, se volessimo dare una denominazione chimica al M5S potremmo senz’altro paragonarlo ad un “solvente” mentre ai partiti che ad esso si possono affiancare potremmo assegnare la proprietà del “soluto“.

Così se ai 5 Stelle (acqua) noi aggiungiamo la Lega (zucchero) avremo il Governo Giallo/Verde (acqua zuccherata), mentre se ai pentastellati (acqua) aggiungiamo i parlamentari del PD (sale) avremo sempre si un Governo fattibile (acqua salata), ma non per questo, a mio modo di vedere, “potabile“.

In altri termini se da questa crisi, voluta dalla Lega, anziché tornare alle urne, dovesse nascere un Esecutivo con il PD avremo di sicuro un inversione completa di direzione rispetto tutte le politiche fin qui attrezzate criticamente nei confronti dell’Unione Europea, dell’emigrazione, e dell’occupazione, e ciò sarebbe un male assoluto per il nostro Paese perché porterebbe l’Italia ad ulteriori perdite di sovranità e di disgregazione sociale.

Di conseguenza, dati i presupposti, per la Lega e l’Italia intera, mai come ora, vige la massima:

convien far buon viso a cattivo gioco!

Lorenzo Valloreja

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