LETTERA APERTA AI SOLDATI ITALIANI

Con questa mia, cari fratelli, mi rivolgo a voi, uomini e donne di un esercito, quello italiano, che è anche il mio e non perché, a suo tempo, quando fui chiamato a prestare il servizio di leva, vestii volontariamente la divisa della Folgore anziché, come facevano molti, cercare di svignarsela facendosi riformare o quantomeno provare ad affrontare la naja il più vicino casa e se ciò non fosse stato possibile almeno tentare di ottenere un qualche ruolo che prevedesse una retribuzione degna di questo nome, come nel caso dei tanti ragazzi che vestirono la divisa del Carabiniere Ausiliario, no davvero!

Io mi sento ancora parte dell’istituzione militare perché per me non può che esistere un solo esercito: quello di popolo … ed ognuno di noi è parte integrante del popolo italiano!

Potevo rimanere nei ranghi, sicuramente avrei fatto carriera, se solo avessi voluto, ma non era quello il mio intento …

Io volevo fare né più e nemmeno quello che fecero:

  • il mio trisavolo durante la III Guerra d’Indipendenza;
  • il mio bisnonno durante la I Guerra Mondiale;
  • mio nonno durante la II Guerra Mondiale;
  • mio padre durante il suo servizio militare;

Volevo quindi difendere Patria, regalarle un anno della mia giovinezza, per sdebitarmi della cultura e le tradizioni che mi aveva donato, per ringraziarla delle opportunità che quotidianamente mi offriva, questo e niente più!

Sentivo e sento ancora oggi, quale bisogno primario, il diritto/dovere di provvedere da me stesso alla difesa della mia casa, dei mie affetti, dei mie amici.

Chiamatemi pure pazzo o romantico, ma quando ascolto l’Inno di Mameli e non solo durante le partite della Nazionale, un brivido mi pervade tutto ed un nodo mi stringe alla gola …

Ripeto, ciò sicuramente accade perché in me vi è l’unione viva tra il sangue, il suolo, il sentimento, la tradizione, il senso di appartenenza alla giusta causa … ma queste sono cose che:

  • O sono connaturate nella singola persona (caso raro);
  • O si apprendono a scuola;
  • O si tramandano in famiglia;

Ergo – se in nessuna di queste tre situazioni ciò viene valorizzato, come troppo spesso oggi accade – ecco che la stessa istituzione militare perde di prestigio e diventa avulsa alla società, o meglio, viene declassata a semplice ammortizzatore sociale da parte dello Stato e dei cittadini.

Quindi mi domando e dico, ma come può stupirsi il Generale di Corpo d’armata Domenico Rossi, già Sottocapo di Stato Maggiore dell’Esercito e poi, deputato nella XVII Legislatura, Sottosegretario al Ministero della Difesa nel Governo Renzi e nel Governo Gentiloni, del fatto che al rientro dei nostri militari dall’Afghanistan nessuna autorità militare e/o politica di adeguato livello sia stata presente a riceverli?

Ma questo Generale dice sul serio o sta solo recitando la parte?

Perché, se parla sul serio, la cosa è molto grave, in quanto vuol dire che è fuori dalla realtà e non ha capito nulla rispetto al mondo che lo circonda e gli ha permesso di fare carriera.

La partecipazione dell’Italia alla Forza Internazionale di Assistenza per la Sicurezza al Governo dell’Afghanistan nella guerra contro i Talebani e al-Qaida, meglio nota come “ISAF” è stata sempre vissuta, dalla stragrande maggioranza degli italiani, in maniera del tutto distaccata e fredda, in quanto i nostri legami storici e politici, fino al 2001 erano stati sostanzialmente inesistenti.

Il contingente italiano ivi presente, in vent’anni, ha lasciato sul campo ben 53 morti, tutti volontari, certo, ma anche tutti deceduti per dar supporto alla NATO in una missione che strategicamente, ai fini pratici, già sapevamo che non avrebbe dato nulla all’Italia.

In altri termini l’Afghanistan non era la Libia, il Libano, la Somalia e neanche l’Iraq … a dirla tutta ed a essere sinceri li noi non ci saremmo mai dovuti andare!

Un dispiego ed uno spreco enorme di uomini e mezzi, per una guerra che non era la nostra e che ci siamo ritrovati a dover fare per coprire le spalle agli americani e agli altri alleati NATO.

Questo il popolo italiano lo ha sinceramente percepito ed i generali e gli alti comandi italiani lo sapevano bene, su questo dobbiamo essere molto franchi.

Così come i comandi erano a conoscenza della piaga dell’eroina che in maniera subdola e vergognosa si era infiltrata tra i nostri militari di stanza in quella terra lontana.

Su questa vergognosa vicenda tanti sono stati i reportage giornalistici e televisivi ai quali le autorità militari sembrano non aver voluto dare il giusto peso.

Francamente dispiace per quei 53 caduti e nessuno più di me vorrebbe mai mancare di rispetto a dei fratelli deceduti nell’adempimento del proprio dovere, ma le morti, per non essere inutili e dimenticate, devono sempre lasciarci un insegnamento e l’insegnamento del caso è che non tutte le guerre sono uguali e che anche i militari, al di là del loro giuramento, hanno una coscienza ed un libero arbitrio e non possono stare sempre dalla parte di chi comanda in quel momento storico, specie se quella parte scientemente ha deciso di svendere il Paese!

Questa classe politica è quella che:

Nonostante tutto ciò, gli alti comandi italiani hanno sempre taciuto su tutte queste incongruenze, in nome di un antico adagio coniato da Costantino Nigra ed usato non solo dei Carabinieri, ma da tutti i militari, per il quale “USI OBBEDIR TACENDO E TACENDO MORIR”, ma, al di là della retorica, tanta omertà è stata sempre e solo collegata ad un giro di interessi corporativo.

L’esercito, l’aviazione, la marina, così come le forze dell’ordine, non possono preoccuparsi solo del fatto se i loro appartenenti possono o meno, andare in pensione prima dei 60 anni di età o se un ufficiale può percepire uno stipendio da Generale pur non essendolo stato ma solo in virtù del fatto di per avere alle spalle 23 anni di servizio, ecc. ecc.

Con tutte queste prebende e privilegi, la politica vi ha messo la museruola, vi usa come si userebbe una prostituta, una donna di servizio: io ti pago, tu fai il tuo dovere, ma, a dirla tutta neanche mi fido di te, se poi ti accade qualcosa a me non interessa nulla, perché tra noi c’è solo un rapporto di tipo “do ut des” …  a meno che, come nel caso dell’attentato di Nassiria, questo non possa essere utile al mio  storytelling ed allora anziché punire immediatamente chi ha approntato il piano di difesa della base “Maestrale”, in quanto inadeguata alle esigenze del caso, proclamo le vittime Santi Laici (lavoro da ragazzi perché la stragrande maggioranza di loro erano appartenenti all’Arma dei Carabinieri, uno dei corpi più amati dai cittadini) e ne decanto le nobili virtù in osmosi con il popolo italiano.

Quando invece a morire sono dei militari in missioni poco popolari, come per l’appunto quella in Afghanistan, faccio finta di nulla o giù di lì … è alquanto scontato no?

Dunque perché stupirsi se in passato, in occasione, ad esempio, del rientro di Silvia Romano, volontaria ONG rapita in Kenia, liberata dopo che lo Stato aveva profumatamente pagato il suo riscatto e rientrata in chador verde, si sono scomodati Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri?

Quello è il modello che l’UE, in primis, ed i vari Governi supinamente succedutisi, in Italia, propugnano insieme agli alti Comandi Militari poiché, se non fosse così, i Generali anziché chiedere udienza al Governo per ottenere il classico aumento in busta paga per i propri sottoposti dovrebbero fare il diavolo a quattro per lamentarsi del fatto ad esempio che l’Italia:

Su tutto ciò cari fratelli riflettete … e non dite sempre, io devo limitarmi ad eseguire gli ordini dei miei superiori, sono un militare, ho prestato un giuramento di fedeltà!

La vostra fedeltà deve essere per una cosa sola, la Patria!, l’Italia! E non per chi indegnamente l’ha amministrata e l’amministra tutt’ora.

Lorenzo Valloreja

(già Caporale Paracadutista della Folgore, numero di brevetto 175885, incarico 111A, attualmente Saggista e Direttore Responsabile de l’Ortis)

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