VOLODYMYR ZELENSKY E LA SUA TELEVENDITA QUOTIDIANA DELLA TERZA GUERRA MONDIALE

Ieri alla Camera dei deputati italiana, oggi all’Assemblea nazionale francese. Domani non lo so, ma di sicuro ci sarà come dopodomani. L’importante è che abbia un buco in agenda.

Volodymyr Zelensky, come a reti unificate ma differite, sta facendo il suo “streaming” praticamente con tutti i parlamenti del mondo. A puntate quotidiane, come una sit com alla “ Il paradiso delle signore” (genere televisivo di cui è esperto). Infatti sta diventando leggermente monotono e scontato, come d’altronde è tutto il politicamente corretto di cui questo attore comico e ballerino è diventato improvvisamente icona, talmente che Obama, al confronto, pare un mentecatto.

D’altronde, è istituzionalmente la massima istanza militare del suo paese; fa il suo lavoro. Ovviamente, i suoi referenti mondialisti glielo consentono. In diretta da Kiev? Parrebbe di si’, anche se la quasi immancabile maglietta militare a maniche corte (a volte, con una strana croce vagamente somigliante alla Croce teutonica) è ormai sospetta: possibile che da quelle parti faccia tanto caldo? Ma forse, è semplicemente agitato lui: ne ha buoni motivi, in effetti.

Certo, a volte non è una marcia trionfale assoluta; “troppi assenti” ieri ad esempio, in Italia. E in Germania il Bundestag ha osato passare ad altro argomento immediatamente dopo, senza dibattito (e che avrebbero dovuto dire, un insulto in più o meno a Putin cosa cambia?).

Netto poi l’insuccesso a Gerusalemme e dintorni, dove dimostrando di stare all’ebraismo come Fiorello invitante a pregare in bagno all’epoca della pandemia e della chiusura delle chiese sta a qualunque religione, ha “osato” paragonare l’ “operazione speciale” all’ Olocausto (cosa su cui Israele è assolutamente suscettibile).

A parte questo, la sua tecnica retorica è semplice: a seconda dell’interlocutore, tocca il tasto che dovrebbe far scattare il moto empatico delle importanti adunanze con cui di volta in volta si collega. La battaglia di Verdun e “libertà eguaglianza fratellanza” per i francesi, Genova paragonata a Odessa per gli italiani, il muro di Berlino per i tedeschi e così via. Un po’ come Salvini faceva con le sue felpe: andava ad esempio nelle Marche per un tour elettorale e a seconda del luogo del comizio indossava quella con la scritta “Ancona”, “Macerata”, “Castelfidardo” ecc.  

Una parte del suo discorso, quella più importante, però, non cambia. Cerca di vendere strenuamente il prodotto “terza guerra mondiale”, ma è troppo difficile da piazzare, e in fondo neanche capisce se i suoi superiori vogliono che davvero riesca a venderlo. Tanto, gli ucraini venduti già lo sono: cosa volete che rappresentino quarantadue milioni circa di persone rispetto all’obiettivo di logoramento e cambio di regime in uno degli ultimi due grandi stati indipendenti al mondo?  

A. Martino

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