DALLA CORTE SUPREMA USA SEGNI DI RIPRISTINO DI VERITA’ E DIRITTI NATURALI CONTRO NICHILISMO E STATO-PADRONE

La magistratura che abita i miei sogni da italiano suddito, benché dissidente, euroatlantista, a quanto pare, abita a Washington. Chi lo avrebbe mai detto?

Indipendente, cerebralmente autonoma, raziocinante, politicamente non corrotta e neanche corretta ma coraggiosa sì: tanto, e tanto da infischiarsi di minacce non solo dalle piazze radicali ma anche dalla Casa Bianca, di uno “sleepy” Joe che, quando e se vuole, degno dem, non dorme affatto ma lancia avvertimenti e vomita insulti. Anche perché costui sa bene quali cambiali politiche deve onorare, e chi le ha in mano.

Decisione “devastante”, “terribile”; inviti a “manifestare pacificamente” pur sempre gravissimi giacché provenienti da chi dovrebbe rappresentare tutti gli americani, e di sicuro anche i membri di una importantissima istituzione di garanzia in un certo senso, per gli affari interni a stelle e strisce, più determinante della stessa Casa Bianca. E’ il solito vizio della Sinistra bellaciao e pensierounicista ormai a tutte le latitudini: divisività, mancanza di senso delle istituzioni, persino scarso equilibrio mentale e morale, sono sempre e solo dell’avversario. Qualcuno infatti, ha tentato al Campidoglio di Phoenix (Arizona) una copia dell’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021: se in odore di istigazione non vi fosse stato un presidente dem, si sarebbero stracciate qui le vesti anche una Gruber o un Vespa; invece, ovviamente, silenzio di tomba.   

La più grande eredità politica di Donald Trump non sono i dazi commerciali contro la Cina, o l’ideologia del muro al confine col Messico, ma la nomina di tre giudici “conservatori” (ma di che, in quello che ormai è il Sistema della capitale imperiale d’ Occidente, casomai rivoluzionari…) nella Corte Suprema: Neil GorsuchBrett Kavanaugh eAmy Coney Barrett. Essi ne hanno spostato l’indirizzo conformista e abortista. Per la verità, lo stretto oggetto del quesito costituzionale era la legittimità del divieto di aborto nello stato del Mississippi oltre le quindici settimane. Ebbene, la Corte Suprema a maggioranza filorepubblicana e pro vita, ha non solo confermato la sua legittimità, rientrante nell’autonomia federale di uno dei cinquanta Stati USA, ma ha anche e persino, cassato la famosa decisione Roe vs Wade del 1973, con cui la suprema istanza giudiziaria degli USA riteneva l’aborto (forzando la Costituzione del 1789, sicuramente lontana da simili istanze) un diritto federale di rilievo costituzionale.

E’ difficile dire che questo segni, anche negli stessi USA, un vero argine all’abortocrazia che lì chiamano “diritto riproduttivo della donna”; per il suo stesso sistema federale, vi saranno sì stati (specie del Sud) che limiteranno sempre più il diritto alla soppressione del feto indiscriminata, ma vi saranno quindi di sicuro dei “viaggi dell’aborto” da uno stato all’altro. Ciò non toglie che si è picconata una pietra miliare dei famosi “diritti”, proprio quella che diede la stura in Occidente, al dilagare dell’aborto di stato. E’ indubbiamente e finalmente, un grande giorno per la Vita, una sconfitta per la cultura della Morte radicale e nichilista.

In Italia, invece, nessun più o meno leader si spende o mette la faccia, per questa causa ritenuta persa: anche Matteo Salvini e Giorgia Meloni, ormai, balbettano solo qualcosa del tipo “ personalmente sono per la vita, ma in Italia c’è una legge…”. Certo, infatti…ma il Parlamento non sta lì, anche, proprio per abrogare o modificare leggi preesistenti, e non solo per ratificare supinamente invii di armi a stati in guerra?

Probabilmente i due non se ne rendono conto, ma così avallano in pieno la filosofia del realismo giuridico: se qualcosa è previsto da una legge, vuol dire che vi è una forza maggioritaria (o economica, o comunque materiale) dalla parte sua. Quindi, ci si scansa e si obbedisce. Tutte chiacchiere per non perdere presunti voti: chiacchiere più o meno vuote e di circostanza, come quelle, al contrario, sui “valori cristiani” che, anche in tempi di postcattolicesimo bergogliano, piacciono sempre a qualcuno. Peccato però, che l’impressionante astensionismo elettorale renda difficile la verifica di questo atteggiamento. Comunque, salvo i suddetti patetici distinguo e le coraggiose iniziative di questa o quella realtà pro vita senza una reale sponda parlamentare o padrinato politico, la consegna di Sistema è chiara e semplice: nessuna uccide nessuno, e i “diritti” non si toccano, anzi meglio sia non discuterne proprio.

Ma circa una settimana prima della ormai storica decisione in tema di legislazione abortiva del Mississippi, la Corte Suprema degli USA ha emesso un’altra interessante sentenza in materia di armi. Come ad avvisare la presidenza e l’amministrazione federali che si accingono a una limitazione nel porto d’armi, hanno ritenuto incostituzionale una misura analoga a livello dello stato di New York risalente al 1911. Prevedo grandi schermaglie e divisioni negli USA dove il diritto all’autodifesa sancito da un apposito emendamento costituzionale, è visto da gran parte della popolazione come irrinunciabile, e addirittura concorrente alle radici nazionali non tanto e non solo per l’epica della conquista del West ma piuttosto (il discorso si farebbe complesso e lungo) per la guerra d’indipendenza. Diametralmente opposto è il retaggio culturale nostro, laddove anzi l’Italia appena unita con la famigerata legge Pica passava per le armi dopo processo sommario qualunque contadino delle ex Due Sicilie che fosse sorpreso anche con un forcone abbastanza minaccioso.

Ma vi è di più e di più profondo: il diritto a difendere in prima persona sé e i propri cari o amici, a tutelare i propri beni e rendere inaccessibile il microcosmo domestico non è una mania destrorsa buona ad armare pazzoidi e disadattati, ma una precisa applicazione della Legge di Natura, proprio come lo sfavore verso l’aborto (uccisione a tradimento di un essere umano in condizioni massimamente e totalmente indifese).

Si può quindi affermare che nel mondo giuridico anglosassone è in corso una coraggiosa rielaborazione, pur sofferta e contrastatissima, di quel giusnaturalismo che non può che esserci, come più volte affermato, irrinunciabile stella polare.

A. Martino    

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