QUESTA NON E’ PIU’ UNA TERRA DA LICEO CLASSICO. EDUCA A PENSARE TROPPO, RAFFORZA IDENTITA’ PERSONALE E NAZIONALE, CONSEGNA LA TRADIZIONE.

Oggi, vorrei svincolarmi dal contingente affannoso e troppo spesso irritante, per proporre ai nostri amici e lettori una riflessione forse peregrina per qualcuno, ma che credo racchiuda gran parte delle radici del disagio del mondo di oggi, se ovviamente ci si pone nell’ottica naturalista e spirituale al tempo stesso (contraddizione solo apparente), che ho e abbiamo cercato noi de L’Ortis, pur magari in diverse sfumature e sensibilità, di comunicare. 

Insomma, per dirla brutalmente: in questo mondo dove il Delirio ha sostituito il Logos (o se preferite e più semplicemente, in questo mondo di pazzi), e più esattamente in questa provincia italica dell’attuale Impero d’ Occidente, una scuola di istruzione superiore come il Liceo Classico, ha ancora un senso? Secondo me, no. 

Questa scuola fondata nel 1923 dal ministro oltre che filosofo Giovanni Gentile, è stata sempre di stridente inattualità (laboratorio di studio, anche se non l’unico per il Latino, di illustri “lingue morte” o piuttosto trasformate se non corrotte) ; e almeno fino a tutto il secolo scorso, si è incaricata di formare le elites italiane, inoculando loro il “vaccino” del saper pensare ancor prima che scrivere e parlare, e trasmettendo loro, se non l’amore e nemmeno l’interesse, almeno il senso e il rispetto delle nostre più profonde e ancestrali origini culturali e spirituali. 

Che non sono assolutamente “giudaico-cristiane”, ma greco-romane. O al massimo, in un’ottica cattolica (ma siamo ormai in postcattolicesimo), romano-cristiane. Almeno per quanto mi riguarda, infatti, salvo ignoranze relative ai tratti ignorati dell’albero genealogico risalenti alle generazioni di duemila anni fa, la religione dei miei avi precristiani era molto probabilmente quella degli dei dei greco-romani, o magari delle divinità dei popoli preromani. E’ abbastanza improbabile che gli antenati dell’italiano medio avessero in casa il famoso Candelabro o celebrassero la Pasqvà.   

Il senso della scuola gentiliana (perfezionamento del Liceo unico piemontese di Casati), non sta quindi, nel forgiare fanatici nostalgici di antiquariato culturale, quanto piuttosto nel formare Italiani e Italiane consci e consce della monumentale, oserei dire imbarazzante, eredità dell’italiano da vivere a casa propria e nei rapporti con il mondo. Laddove, quando Virgilio componeva i suoi versi o si costruiva il Colosseo, altrove (ora centri di potere globale) si viveva sotto pellame disposto a casetta e si ignorava la scrittura. 

Roma conquistò Atene e la Grecia, ma furono in realtà queste ultime le vincitrici, non con le armi ma con la cultura e le arti. Il mondo euromediterraneo cambiò drasticamente, e si preparò alla sbalorditiva novità della Lieta Novella; ciò avvenne davvero con i migliori strumenti e nel miglior contesto, con provvidenzialità misteriosa.  

Ma il cristianesimo, anche quando trionfò e i Cesari decretarono la materiale chiusura dei templi degli dei “falsi e bugiardi” spegnendo l’ultramillenario Ignis Vestae, non volle distruggere realmente quanto rimaneva della civiltà e cultura “antica”: il Latino fu lingua della Chiesa e pure della cultura (ancora oggi, delle denominazioni vegetali e animali), il Diritto fu solo più o meno barbaricamente modificato, la tecnica e l’ingegneria furono per secoli ineguagliate, o caso mai non più comprese come dall’idiota che non comprenda discorsi “troppo difficili”. Ci guadagnammo sicuramente l’anima, nessuno morì più in Arena per sollazzare il popolino, ma diciamo che forse, tanti nei cosiddetti secoli bui, entravano nella Vita Eterna, ma quaggiù avevano visto e vissuto qualcosa di molto meno, umanamente, bello e affascinante. 

La crisi del Liceo Classico inizia quando la mondializzazione cominciò a imporre di farla finita non solo con la coscienza delle proprie radici (quelle vere, non voglio ripetermi), ma anche con tutta la Metafisica (cioè tanto col mondo greco-romano che con la strada cristianizzata di esso). Troppi ragionamenti e troppa filosofia, troppe idee “vecchie” cioè paradossalmente non conformiste, troppo poco spazio all’ inglese (cioè la lingua di chi comanda sul serio), troppo culto della creazione letteraria “che non dà lavoro”, troppi “figli dei padroni” (non mi risulta che a qualcuno sia mai stato chiesto di fornire il reddito familiare), etc. 

Fondamentale nella sua emarginazione dal panorama scolastico-educativo italiano fu non tanto la fine dell’insegnamento del latino alle medie inferiori, ma piuttosto l’abolizione del privilegio dell’accesso universitario: mentre tutte le altre scuole consentivano determinati corsi universitari, solo il liceo classico apriva ogni possibilità. Poi, tanto per intenderci, anche un diplomato a un istituto tecnico-professionale ha potuto iscriversi a Lettere antiche.

Il colpo finale è arrivato con la dittatura del politicamente corretto assurto a ideologia di stato, con il Pensiero Unico e la cosiddetta cancel culture: quanto sessismo e maschilismo, quanta non inclusività e mancanza di empatia e pretese stupidaggini varie ed eventuali in una pagina di Cicerone o Tacito, quanto bellicismo nel De bello gallico o nel De bello civili di Caio Giulio Cesare, e così via.

Ma soprattutto, cosa direbbero i filosofi Marco Aurelio o Seneca, o Platone o Aristotele, di un “matrimonio tra due mogli”, o “tra due mariti”? Cosa direbbero del far fare a qualcuno guerra per procura fornendogli armi, ma proclamando di “lavorare per la pace”? Cosa direbbero dei desideri assurti al rango di diritti? Cosa direbbero della retorica dei “diritti umani” negati accanitamente al più indifeso di tutti gli esseri umani, cioè il feto nel ventre materno? Cosa direbbero della rinuncia alla propria moneta nonostante grandi riserve auree?

A tutte queste domande e a cento altre sugli elementi fondanti di questo Sistema occidentale (cioè al declino per definizione appunto latina), molto probabilmente risponderebbero citando il sommo drammaturgo greco Euripide: “ Quos vult Iupiter perdere, dementat prius”. Cioè: Giove fa prima impazzire quelli che vuole rovinare”.

Non vi è quindi spazio, e soprattutto futuro, per il Liceo Classico in una scuola che deve non formare ma controllare; non aiutare a costruirsi pensiero critico, ma formare consenso.

A. Martino      

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