“MILLE SINDACI PER DRAGHI”

“1000 sindaci per Draghi”. Perché non duemila o tremila?

E’ uno dei tanti appelli da “uomini e donne delle istituzioni”, o da “rappresentanti della società civile” affinché Draghi con la sua autorevolezza non ci abbandoni. Altrimenti sarà un disastro: perderemo i soldi del PNRR, la Russia dilagherà in Ucraina anzi i cavalli dei cosacchi si abbevereranno alle fontane di Piazza San Pietro et cetera. Draghi è lo stato come lo era Luigi XIV, volerlo privare della poltrona di Palazzo Chigi è un atto che puzza di eversione, una follia. A tale coro adulatore e conformista fino all’estremismo, si sottraggono finora, mi pare, le associazioni dei commercianti di numismatica o di ricambi per auto; tiepidi gli albergatori o i bancarellari romani di libri antichi. Attendo il pronunciamento degli editori di Tex o Diabolik: senza Mario Draghi, il fumetto italiano ha ancora una prospettiva?    

La semplice “morte della politica” non basta a spiegare tanto servilismo e pavidità. L’incredibile appello dei sindaci, inedito per una in fondo banale crisi di governo, va oltre uno spinto conformismo e la captatio benevolentiae di chi viene percepito come indiscutibile mandatario di poteri forti e temibili. Non ho fatto mistero della scarsa considerazione sulla categoria generale, ovviamente con lodevoli eccezioni, del sindaco (vedi il mio DAI SINDACI MI GUARDI DIO, CHE DAI NEMICI MI GUARDO IO del 15 marzo 2022).

Ma è piuttosto una “supplica” collettiva vagamente simile alle amorose profferte di fedeltà dei senatori romani quando un imperatore faceva la pantomima  di restituire loro i poteri di cui era formalmente delegato.

Sono le prime luci (o tenebre) dello Spaghetti reset.

A. Martino

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