GRANDE PROCESSIONE NOTTURNA A EKATERINBURG PER L’ANNIVERSARIO DELL’ECCIDIO DELLA FAMIGLIA IMPERIALE RUSSA.

La notte tra il 16 e il 17 luglio 1918, lo ex zar di Russia Nicola II fu trucidato nello scantinato di una casa privata a Ekaterinburg, cittadina mineraria ai piedi degli Urali. Il capo del soviet locale cui fu affidata l’esecuzione del monarca assieme ai più stretti congiunti (la moglie Alessandra e i figli Olga, Tatiana, Anastasia, Maria, Alessio) era un ebreo (molto probabilmente non praticante) di nome Iakob Sverdlosk. In suo discutibilissimo onore, la città fu ribattezzata Sverdlosk per riassumere il nome datole nel Settecento in onore di una zarina.

Anche del personale di servizio fu “giustiziato” dai comunisti (“bolscevichi) fra cui il medico di famiglia, dott. Botkin. Costoro, benché senza più alcun obbligo e stipendio ed esonerati dagli ex sovrani, ritenevano un dovere sacro non abbandonarli solitari al loro destino. Lo pagarono con la vita.

Svegliata nel cuore della notte, la famiglia imperiale e il pugno di devoti rimastole credeva di essere in quello scantinato, in attesa di una delle tante partenze (si sentiva l’artiglieria dei Bianchi). Invece, all’improvviso Sverdlosk e i suoi fidi entrarono nel locale, e lessero velocemente non so che testo annunciante la condanna a morte. La zar fu il primo, assieme all’invalido figlio Alessio, a essere investito da una tempesta di pallottole.

Così per tutti, anche se i proiettili delle armi da fuoco non superarono l’ involontario giubbotto antiproiettile costituito dai diamanti che le principesse, sperando che sarebbero loro serviti da esuli, celavano nei busti da donna allora ancora in uso. Superato l’iniziale panico ancestrale per la loro colpa di sudditi malvagi e infedeli, i bolscevichi passarono alle baionette e a mirare alla testa.

I corpi di tutte le vittime furono fatti a pezzi, e si tentò di bruciarli senza grande risultato. Furono sepolti alla meno peggio, e li si cercò nei primi anni postsovietici. Il difficilissimo riconoscimento fu reso possibile dalla tecnica DNA, utilizzando quello del principe consorte britannico imparentato con Nicola II.

Nel 2008, dopo un combattuto e poco pilotato procedimento giudiziario, la famiglia Romanov che dal 1613 aveva regnato sullo sterminato impero euroasiatico, fu formalmente riabilitata e sciolta da ogni imputazione punibile con la pena massima. Configurabili danni morali e materiali, pur azionabili dai soli eredi diretti (morti anch’essi a casa Ipatiev, o inesistenti essendo ancora adolescente Alessio e nubili le granduchesse).

Ma soprattutto, nel 2000, Nicola fu canonizzato dalla Chiesa ortodossa russa per la sua esemplare accettazione cristiana della sventura: oggi Nicola II è per gli ortodossi moscoviti “zar martire e grande portatore della Passione”. Lo sfortunato monarca fece anche sapere negli ultimi giorni della prigionia che, se un commando bianco avesse dovuto rischiare molti morti, e altri provocarne tra le fila dei suoi carcerieri, preferiva andare incontro al suo destino. La granduchessa Olga fece sapere che secondo suo padre “ il male non si combatte con il male ma con l’amore”.

Ecco il perché della toccante quanto partecipata processione notturna a Ekaterinburg qualche giorno fa, nonostante il cruciale momento per la Russia.

A. Martino

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