SEI MESI DI GUERRA IN UCRAINA. RUSSIA IN MEZZO AL GUADO, MA QUI VA TUTTO BENE?

All’alba esattamente di sei mesi fa, le forze della Federazione russa avviavano la “operazione speciale” di “denazificazione” e “demilitarizzazione” dell’ Ucraina (tradotto dal militarese russo, diciamo pure invasione).

Le cose, immediatamente, non andarono come previsto: troppe perdite di uomini e mezzi da subito, e scarsissima prevista accoglienza come liberatori da un corrotto regime (discutibili eredi del KGB in buona o cattiva fede)?

Ultrasintetico quanto per nulla tendenzioso bilancio: grandi perdite umane per la Russia e in minor misura per l’ Ucraina che solo adesso parla dei suoi caduti, conquista russa di Kerson, di tutto il Donetsk, di Mariupol: non molto almeno per i piani iniziali, e specie la Marina ha perso mezzi in modo significativo.

Però nonostante gli immani finanziamenti e forniture militari, la riconquista ucraina fino ai confini del 1991 Crimea compresa, sembra essere più da proclama zelenskiano che reale: il popolo ucraino pare ostaggio di una inedita guerra per procura combattuta da un Occidente che arriva a dire, come il seppur dimissionario governo di Roma, di farlo “per la pace“.

Detto e qui ripetuto: la causa dell’ abbattimento su commissione del sistema russo sta ingoiando mezzi e risorse, e ipoteche socioeconomiche, che costringono i governi euroatlantisti a precipitare in un pozzo senza fondo sempre di più e sempre più nervosamente, non potendo ammettere o ipotizzare che Putin passi a incassare le sue fiches.

Sanzioni finanziarie, economiche, commerciali, persino turistiche e culturali; sequestri di beni di cittadini russi; liste nere di presunti agenti di Putin; oscuramento di tutti i media .ru .

Tutto ciò non è bastato, se il buon cancelliere Scholz, nonostante la Germania sia a un passo dalla recessione, annuncia un ulteriore mezzo miliardo di euro in armi per l’ Ucraina.

Tutto da vedere poi in inverno, l’ impatto socioeconomico di un gas dal prezzo decuplicato rispetto al 2021.

Anche la stampa che “vorrebbe ma non può” empatizzare per le ragioni russe, inizia ormai a sollevare perplessità e timori.

Si pensi a La Verità.

Checché se ne dica, e si speri a Mosca, le elezioni italiane non cambieranno proprio nulla: una Meloni a Palazzo Chigi avrà una tale sindrome di prestazione euroatlantista, che già ora, per far bella figura rispetto a Scholz, prometterebbe cinquecento milioni più uno di armi a Zelensky.

La disarmante realtà è che non hanno un piano B; non sanno cosa fare se non sperare, e soprattutto investire, nel crollo della Russia o almeno di Putin.

E se tra altri sei mesi staremo qui a fare il bilancio del primo anno di guerra?

A. Martino

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