COMUNIONE E LIBERAZIONE DALLA TESTIMONIANZA CRISTIANA NEL MONDO BORGHESE ALLA PORTINERIA DI DAVOS E BILDERBERG

Torniamo sul meeting di Rimini.

Fa davvero male, a prescindere dalle sue reali dimensioni, l’ ovazione tributata dai giovani ascari postcattolici di Comunione e Liberazione a Mario Draghi. Giorgio Vittadini, coordinatore della ormai tradizionale kermesse (post)cattolica di fine agosto, comunque, a scanso di dubbi ed equivoci, ha solennemente affermato “Noi siamo draghiani, totalmente draghiani”.

Don Luigi Giussani teorizzò, persino a livello di filosofia esistenziale, la totale rottura del cattolicesimo con lo spirito borghese pena la totale irrilevanza del Fatto cristiano nel mondo di oggi.

Ci si esaltava (lo testimonio, non l’ho letto, eccola qui la Testimonianza) per un invito serale in Vaticano per i venticinque anni di episcopato di San Giovanni Paolo II, l’eroe era Lech Walesa (poi grigio atlantista), non Ursula von der Leyen. 

Giulio Andreotti e il ben più laico Bettino Craxi mostravano ai ciellini più impegnati la via di un’ Italia non “isolata” come affermerebbe il loro attuale maitre a penser, ma protagonista internazionale genialmente mai contro i lacci e laccetti euroatlantisti, ma oltre e nonostante questi.

Dall’ incidente di Sigonella con relativi insulti internazionali fra Craxi e Reagan, alla mezza macchietta de ” un italiano, un francese e un tedesco” che vanno a Kiev a raccogliere una comanda per la loro guerra su commissione. 

A questo e ad altro, comunque, non poteva non portare la progressiva infiltrazione ecclesiale degli incappucciati, per dirla col senatore Paragone, da ben prima del Concilio Vaticano II, Mario Draghi e Marta Cartabia sono accademici pontifici …

Triste parabola di un movimento cattolico, “normalizzato” in chiave postcattolica per sopravvivere in tempi bergogliani, un tempo invidiato da Azione Cattolica per come catalizzava entusiasmi giovanili e persino vocazioni di consacrazione e sacerdozio.

Da “guardie svizzere” a giovani uscieri o apprendisti segretari di Davos o del Bilderbeg, sgrananti rosarii a bassa voce per non disturbare i capi mentre discutono e decidono.

A. Martino

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