AD EST IL DISSENSO CONTRO IL GLOBALISMO SI FA SENTIRE. A PRAGA SI GRIDA L’INTERESSE NAZIONALE, E A BELGRADO SI SBARRA LA STRADA ALL’AGENDA LGBT.

Sabato scorso, a Praga almeno settantamila persone per la polizia, centomila per gli organizzatori, hanno sfilato riunendosi nella iconica Piazza san Venceslao, al grido apparentemente banale di “Prima la repubblica ceca”.

Uno spiegamento di forze politiche da destra a sinistra genericamente definibili dissidenti, è sceso in piazza, contro i rincari energetici gravanti su famiglie e imprese, contestando Unione europea, NATO, e anche (polemica alquanto insolita) la Organizzazione mondiale della sanità. E soprattutto, l’occidentalismo del governo ceco a breve presidente di turno della Unione, che ha aderito convintamente alle sanzioni antirusse.

Questo governo ha avuto buon gioco a prendersela con le solite “interferenze russe” e relativa disinformazione. Sembra però dimenticare che, rancori antisovietici a parte, i cechi sono culturalmente ed etnicamente slavi, e che durante la prima guerra mondiale, intere unità dell’esercito austroungarico a base di reclutamento ceka passarono all’esercito dello zar.

Roba di cento anni e più fa e da libro di storia militare, mi si dirà: però oggi, vi è pure la problematica economica scatenata dalle sanzioni. E l’esempio della vicina Ungheria di Orban, con il suo intelligente smarcarsi dalle sanzioni.

A questo aggiungiamo l’ancora più nascosta dai mass media sollevazione delle piazze di Belgrado contro lo Europride promesso dai loro governanti che vorrebbero servirsi degli andreottiani due forni fra Putin, rifiutando qualunque allineamento alle politiche antirusse, ma anche mirando all’ingresso in Unione europea. La chiesa ortodossa di Belgrado aveva addirittura maledetto l’iniziativa, con grande scorno della premier lesbica e imbarazzo di un Vucic che se ne era rammaricato pubblicamente. Alla fine, insomma, l’Europride non si è svolto con buon senso, e Belgrado non ha superato la prova di “diritti civili”.

Insomma, a Est qualcosa si muove.

A. Martino

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