LA RUSSA NEL SUO DISOCRSO D’INSEDIAMENTO RICORDA RAMELLI ED E’ SUBITO MAL DI PANCIA NEI TALK SHOW

<< Sono stato un uomo di parte, di partito, ma in questo ruolo non lo sarò >>.

Questa è la frase più rappresentativa, a nostro giudizio, del discorso d’insediamento tenuto dal neo Presidente del Senato della Repubblica, Ignazio La Russa. Un discorso senz’altro ecumenico con il quale ha cercato di far accettare a tutta l’aula, e a tutti gli organi stampa, l’elezione alla seconda carica più importante dello Stato di un ex missino, o postfascista, come si diceva un tempo.

Come se questo fosse una colpa – eppure abbiamo già avuto in passato un Presidente della Camera ex missino, Gianfranco Fini, ed un Ministro addirittura ex repubblichino, Mirko Tremaglia – ma tanto è.

Perciò l’omaggio fatto in ricordo dell’assassinio di Sergio Ramelli, un militante del Fronte della Gioventù morto nel 1975 per mano di alcuni militanti di Avanguardia Proletaria, ha destato tanto scalpore. Perché, al di là di tutte le buone intenzioni ed i proclami lanciati dai soliti canali mainstream, questo Paese non ha ancora una memoria condivisa.

Memoria che, per essere tale, per chi non lo avesse ancora capito, non può essere unidirezionale.

La verità, in quel caso, quella con la V maiuscola, la dobbiamo lasciare agli storici, agli studiosi, il Paese invece, in questi casi, ha solo bisogno di una bella bugia, di una narrazione fatta ad arte che sia capace di mettere insieme, in maniera più o meno disinibita i vinti ed i vincitori.

È stato infatti così, fino a poco tempo fa, negli Stati Uniti, quando, prima del Black Lives Matter, le cose funzionavano, andavano meglio; ed è ancora così nella Russia di Putin, dove, checché se ne dica, lo Zar è stato capace di mettere insieme, ed amalgamare, i comunisti con i nostalgici dei Romanov, la Chiesa Ortodossa con i musulmani ceceni di Kadyrov, di mantenere, insomma, un popolo compatto, quasi granitico.

Va in questo senso, sicuramente, l’altra dichiarazione del neo Presidente, quella in cui << è stato ricordato il 25 aprile, il 1 maggio, il 2 giugno, cui >> prosegue La Russa << potrei aggiungere la data di nascita del Regno d’Italia, che prima o poi dovremo far assurgere tra quelle celebrate con festa nazionale. Queste date, tutte insieme, hanno bisogno di essere celebrate da tutti, perché solo un’Italia più coesa, pacificata e unita è certamente la migliore e la più importante precondizione per poter affrontare efficacemente ogni emergenza e ogni criticità >>.

Ma se il Paese ancora non trova un amalgama è anche perché, vergognosamente, i cosiddetti professionisti dell’informazione, hanno letteralmente aperto un fuoco di sbarramento verso la Meloni per:

  • Le sue amicizie in Europa, vedi VOX in Spagna, Orban in Ungheria e il PIS in Polonia;
  • I suoi parlamentari che secondo alcuni sarebbero dei neofascisti;
  • Le sue posizioni, a quanto pare, contro le aperture LGBT;
  • Le sue passate posizioni antieuropeiste e contrarie all’Euro.

Costoro, in altri termini, pur avendo visto perdere i loro beniamini, pretendono di voler imporre l’agenda politica ai vincitori … roba da cronache marziane o da fuori di testa!

Premesso, come già ho detto in più di una occasione,  che io sono uno dei pochi che non ha votato la leader di Fratelli d’Italia, in quanto sono impegnato con ItalExit, ritengo che la Meloni debba essere lasciata in grado di lavorare, perché il popolo italiano ha diritto di giudicarla per i risultati che riporterà  in veste di Premier e non per quel che ha detto o fatto 10 anni fa.

Per me che sono convintamente contro l’UE, contro l’Euro e contro la NATO, la Meloni in questa fase, ad esempio, è fin troppo melliflua e quando sarà, vorrei giudicarla per come sarà riuscita o meno, a far rispettare gli interessi dell’Italia a livello internazionale e non assoggettarla al beneficio del dubbio solo perché ha avuto contro tutto il mondo dell’informazione e non solo.

In altri termini chi ha vinto, chiunque esso sia, deve essere sempre messo in condizione di poter governare al meglio della propria volontà, senza diktat o ricatti … altrimenti siamo buoni tutti.

Lorenzo Valloreja

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