PER CHI SUONA LA CAMPANELLA

L’ Italia repubblicana non è ricca di simbolologie e tradizioni, in materia di vita istituzionale ai massimi livelli.

Tralasciandone probabilmente qualcuno (ma ben pochi, credo), mi sovvengono solo il giro tra Quirinale e Altare della Patria in Lancia Aurelia decappottabile del presidente della repubblica eletto, e il cambio della guardia dinanzi al Palazzo del Quirinale (consuetudine questa, più che altro militare).

La consegna della campanella (che serve per aprire e chiudere le sedute di Consiglio dei ministri) è un cerimoniale, tutto sommato simpatico e sdrammatizzante, inventato appena nel 1996 da un funzionario della presidenza del Consiglio (Massimo Sgrelli). Non so se abbia avuto un peso la simbolologia americana della Liberty Bell. Ebbe subito successo, fino ad arrivare addirittura alla diretta tv di oggi.

Mario Draghi e Giorgia Meloni si sono parlati per un’ora e mezzo dopo che l’uscente Super Mario ha accolto con forse ostentata cordialità il primo presidente del Consiglio dei ministri donna nella storia d’ Italia, e finalmente Giorgia Meloni ha scampanellato, con un pizzico di divertimento, con il “sacro” strumento penso d’argento. Il picchetto d’onore lo ha salutato per l’ultima volta come capo del governo. Commozione di Draghi, e applausi del personale di Palazzo Chigi dalle finestre, anch’essi in fondo come da copione (senz’altro più della commozione che non mi aspetto proprio sul volto di un Andreotti o di un Fanfani, che davano per scontate provvisorietà e instabilità). I commiati dell’alto funzionario relatore sul panfilo Britannia che ha fatto tanta strada, dovrebbero finalmente, dopo mesi, finire qui. Comunque sia e comunque vada, si volta pagina: ci sarebbe da rallegrarsene solo perché finalmente si chiude l’obbrobrio di un Di Maio a capo della diplomazia.

Il passaggio della campanella più evitabile fu sicuramente quello da Enrico Letta a Matteo Renzi nel 2014. Va bene la beffa dell’ “Enrico, stai sereno” ma Letta avrebbe potuto benissimo evitare quella sparata da bambino a cui hanno vietato il giocattolo preferito, non guardando in faccia Renzi.

Tignoso infantilismo coerente con lo slogan “opposizione opposizione opposizione”.

A. Martino

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