PARDON MONSIEUR MACRON! : EDIZIONE 2022

Le autocitazioni non mi piacciono mai molto, ma questa volta una è necessaria e riguarda un mio articolo alquanto datato, dell’epoca in cui io e Lorenzo Valloreja, da soli, scrivevamo per davvero un pugno di lettori affezionati, anche se con la stessa serietà e passione di ora: si era all’epoca del primo governo Conte detto gialloverde.

Un po’ anni luce fa, col Covid che non si sapeva neanche cosa fosse e Fratelli d’Italia al sette o otto per cento nei sondaggi. Si tratta insomma, di PARDON, MONSIEUR MACRON! del 17 febbraio 2019. E all’epoca, l’approccio di Giorgia Meloni verso Emmanuel Macron, come dimostrato dalla foto, era meno istituzionale reciprocamente, quanto ora forse ipocritamente, falsamente ossequioso e cordiale da protocollo numero non so quale. Altre che chiacchiere su terrazza romana in una mitissima sera autunnale.

Giuseppi, dopo l’esperienza più o meno bellaciao del governo giallorosso con soggettoni quali Gualtieri o Speranza, è un po’ in mezzo al guado: no ai sovranisti con cui una volta governò, anche sotto Draghi, ma nemmeno proprio sì agli ex compagni di governo. Luigi Di Maio? Clone di Angelino Alfano: dalla Farnesina ai fatti propri indubbiamente interessanti dopo tale esperienza passando per una scissione disastrosa. Matteo Salvini, invece, tutto sommato, va benone: ministro delle Infrastrutture e vice premier.

All’epoca ci furono non solo le consuete reprimende del regime parigino sull’Italia che si rifiuta ogni tanto, di farsi dettare le politiche, e i flussi migratori, dalle ONG e dai loro appuntamenti in alto mare, ma anche tutta una serie di provocazioni “populiste” che Giggino, a rileggerle, da rispettabile capo delle feluche, sarà di sicuro arrossito: visite ai gilets gialli, provocazioni sul colonialismo finanziario della moneta CFA, e così via.

Il tempo non pare passato, però, quando sul Colle più alto dell’Urbe, si avverte l’impellente necessità di chiedere scuse telefoniche all’uomo della turbofinanza globalista a Parigi, perché a Roma, quasi quattro anni fa i “ragazzi” non sapevano quello che dicevano, e oggi non sa quello che dice “la ragazza”.

D’altronde, ci sarebbe stata la possibilità di cambiare inquilino al Quirinale ma così non è stato, scegliendo una rielezione fuori da qualunque consuetudine istituzionale per circa sessanta anni, fino a quando nel 2013 non rielessero Giorgio Napolitano sancendo la crisi del Sistema e tendenzialmente monarchizzando, cioè interpretando come vitalizia, la presidenza della Repubblica prima rigorosamente settennale. Eppure, in patria, Emmanuel Macron non è affatto osannato per questa sua politica sostanzialmente antiitaliana.  

Infatti, si è letto sulla stampa francese la settimana scorsa, di politica pasticciata per affrontare l’immigrazione clandestina in un editoriale di Le Figaro dedicato alla vicenda dell’ Ocean Viking dal titolo “Macron preso nella sua trappola”. Il giornalone oltreapino va pesante nel criticare il presidente francese: “A forza di dire o fare una cosa e il suo contrario, l’ esecutivo è caduto nella sua stessa trappola. Come si può accusare di razzismo un deputato del Rassemblement National che si opponeva nell’emiciclo all’arrivo dell’Ocean Viking sulle nostre coste, quando una settimana dopo Emmanuel Macron e Gérald Darmanin cercano con ogni mezzo di respingere quella stessa nave?”.

Ma non basta: “Come si può essere intransigenti con l’esecuzione degli obblighi di lasciare il territorio, auspicando al tempo stesso la facilitazione nella distribuzione di permessi di soggiorno per aiutare i settori di attività in difficoltà?“.

La conclusione di Le Figaro è per noi de L’Ortis banale, ma grave per un simile mezzo informativo, francese e sostanzialmente pur sempre main stream: “Tutto questo non assomiglia né alla fermezza, né all’umanità, ma piuttosto a una politica pasticciata”.

A. Martino

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