IN ISOLATA DIFESA DI CHRISTIAN DE SICA, E DI QUEL CHE RESTA DELLA LIBERTA’ CINEMATOGRAFICA DI SBERLEFFO

Il vino abruzzese è oggi una grande realtà imprenditoriale e lavorativa (anche se non a livello di altre regioni, che magari si riforniscono di uva abruzzese per i loro innegabilmente più popolari marchi, per esempio di certi spumanti). Circa venti anni fa ne notai uno esposto in un costoso negozio del centro più iconico di Vienna all’ombra del campanile di Santo Stefano (dove di vino credo se ne intendano). Ormai sono numerosi i suoi riconoscimenti in una realtà espositiva di primario livello internazionale come la VinItaly di Verona. Interessante il rapporto qualità-prezzo. Nessuna persona intellettualmente onesta e in buona fede può ritenere i vini abruzzesi delle brutte copie di altri.

Tutto ciò premesso, la storia della battutaccia di Christian De Sica nel trailer del “suo” ultimo film rischia di diventare stucchevole. Indignazione dell’intero ceto politico regionale a partire da una solenne reprimenda del Presidente della Regione Abruzzo, scuse di staff artistico e di De Sica stesso ritenute insufficienti, minacce persino di azioni legali….

Premettiamo un altro concetto fondamentale: Christian De Sica è un grande professionista dello spettacolo che in quanto attore, non registra sue elucubrazioni come nelle “storie” dei socials, ma semplicemente recita un copione a sua volta strettamente basato su una sceneggiatura che sviluppa un soggetto. Sono queste nozioni tecniche di base come la partita doppia per ogni ragioniere o le declinazioni e coniugazioni per ogni conoscitore del Latino, ma evidentemente la foga della polemica, pur se le si conosca, le fa ignorare (in buona o cattiva fede: ansia di prestazione nei confronti degli interessi del proprio elettorato).

Natale a tutti i costi è un film di Giovanni Bognetti con Christian De Sica, Alessandra Carrillo, Angela Finocchiaro, Iaia Forte, Stefano Skalkotos. La sceneggiatura è stata scritta da Giovanni Bognetti. I produttori esecutivi sono Gaia Antifora, Attila Mancarella. Montaggio a cura di Walter Marocchi. La colonna sonora è stata composta da Teho Teardo. Il film non esce in sala, ma distribuito da Netflix. Mi sembra quindi chiaro il ruolo puramente recitativo di De Sica, però prendersela con Giovanni Bognetti (cui auguro ogni possibile crescita professionale) avrebbe avuto minore rilievo mediatico e politico (vi è però sempre, in questo tipo di attacchi personali, il rischio boomerang pubblicitario)

Ancora tutto ciò premesso, ricordo che in Italia il visto di censura per il cinema non c’è più: possono passare irrisioni alla religione o alla morale “tradizionale”, bestemmie e turpiloquio, continui aggiornamenti degli “orientamenti sessuali”, Storia raccontata come un fantasy ma le “realtà imprenditoriali” nelle storie cinematografiche, come cinquanta o cento altre cose non si possono toccare. Alla pari delle “istituzioni da rispettare”, non si può fare “sessismo” e mi raccomando, tanta anzi tantissima perché mai è troppa, correttezza politica. Ne ho parlato già molte altre volte: è la fine del cinema, sostituito da storielle degne di un Fabio Fazio improvvisatosi regista o sceneggiatore, è il dormitorio di Pif o di certi mattoni (non tutti, per carità) di Toni Servillo.

Lo stesso Christian De Sica, cercando di “far pace” con gli abruzzesi ha affermato che un cinepanettone come quelli dei Vanzina, oggi lo porterebbe in galera.

Tra gli anni Sessanta e Ottanta del secolo passato, una valanga di pellicole a volte girate in qualche settimana, attaccarono con sberleffi esilaranti quanto sconfinanti in un certo ingeneroso sadismo, tutte e tutti: da fantomatiche “dottoresse del distretto militare” a preti, poliziotte dalle carriere equivocamente basate, professori vogliosi di fantastiche ripetenti, colonnelli che “non si arrendono neanche davanti all’evidenza”,  handicappati (graditissimi gli infortuni ad anziani malfermi, preferibilmente su sedia a rotelle), disagiati psichici (nelle storie del gotico, mostri da eliminare senza tante chiacchiere). La censura censurava ma neanche tanto, in fondo si era conosciuta una dittatura in cui erano concessi solo telefoni bianchi e storie di edificazione patriottica e nazionale.

Poi, l’avvento del politicamente corretto (e corrotto) e la formattazione delle menti a livello globale, d’accordo. Ma il Sistema, a partire dagli anni di piombo, ha trovato i suoi innegabili santi martiri in un Aldo Moro piuttosto che in un Carlo Alberto Dalla Chiesa o nella magistratura sicilana, e i martiri, si sa, rafforzano ciò in cui avevano fede.

Però, per favore, la polemica col povero Christian De Sica si tronchi qui. Consentite lo sberleffo e il dileggio almeno verso delle bottiglie contenenti succo di uva. In un suo film Checco Zalone prometteva al figlio, tanto per tenerlo buono, una fantastica “vacanza in Molise” a buon mercato. Sono sicuro che a Campobasso o Isernia non gli chiuderebbero le porte.

Ricordate le risate che Christian De Sica ha regalato finora, ad ormai tre generazioni, anche in pessimi momenti della vita individuale di ognuno di noi. Dimostrate che “provinciale” non è sinonimo di “complesso di inferiorità” o di “coda di paglia”. Se non volete farlo per lui, fatelo almeno per il padre (un certo Vittorio De Sica).

A. Martino  

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