LA COMMEMORAZIONE VICHINGA DEI CADUTI DEL BATTAGLIONE AZOV

Chi ha tirato in ballo Il Signore degli anelli del pur cristianissimo Tolkien, chi ha parlato con stupida ironia, di una scenografia da videogioco. Qualcuno ci è andato un po’ più vicino tirando in ballo le cerimonie naziste o i funerali vichinghi.

In ogni caso vi è una notevole confusione, e io ho la presunzione di chiarire un po’ le idee, con notevole sforzo di sintesi riguardo la marziale cerimonia di commemorazione dei caduti del battaglione Azov  svoltasi nella notte del solstizio d’inverno (cioè del 23 dicembre) in una non ben precisata località ucraina.

E’ inevitabile che il main stream, i cui orizzonti mentali partono, nei più colti dei casi, dalle rivoluzioni euroamericane della seconda metà del Diciottesimo secolo, fatichi ad orientarsi su terreni di gestualità e sentire abissalmente distanti.

Punto primo: il fuoco abbinato alle esequie (anche se qui in assenza di spoglie mortali) non è una usanza “vichinga” o “nazista” ma una tipica visione della Tradizione precristiana ove le fiamme (non quelle del bieco smaltimento ad opera del moderno forno crematorio) hanno il compito di favorire l’ascesa al cielo delle anime elette. Così è ancora per gli Indù e fu per gli antichi romani che riservavano l’inumazione alla gente “normale” e la pira funeraria all’apoteosi di eroi o imperatori (vedi Giulio Cesare).

Punto secondo: è assolutamente comprensibile, in una milizia-partito quale l’Azov (i cui organici, a quanto pare, non sono affatto estinti con la resa di Mariupol) il riallacciarsi alla tradizione vichinga, dato che vichinghe sono le radici della Rus’ di Kiev. In effetti è inequivocabile il rogo della nave vichinga (o drakkar) stilizzata. Non è che nell’ Azov vi sia qualche cultore di tradizioni vichinghe in quanto proprie di valorosi guerrieri.

Punto terzo: indubbiamente, un gesto dalla valenza tanto importante compiuto nel Solstizio d’ Inverno (in pratica quello che nel tardo Impero era il Dies natalis solis invicti poi sostituito dal Natale cristiano) ha una valenza neopagana ben ricollegabile alla lotta (sostanzialmente vana) del Terzo Reich contro il Santo Natale o Weihnachten a favore di un folclorismo solstiziale un po’ tutto reinventato. E a tutto ciò dobbiamo sommare l’assenza di qualunque pur minima simbologia cristiana, altro che beghe e lotte tra cattolici uniati e ortodossi filorussi o filoucraini.

Insomma, Tradizione pura: certo radicalmente evoliana e assolutamente pre e acristiana. Sperando che tutti quei tatuaggi satanisti dei prigionieri dei russi costretti a spogliarsi al momento della resa, non denotino la valenza proprio sistemicamente anticristica delle radici ideali e antropologiche dell’Azov. Ma forse, dalle parti del fiume Potomac, nel Nuovo Continente, oggi questo non dispiace affatto……

A. Martino

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