GEORGIA: EUROMAIDAN IN SALSA CAUCASICA FALLITO A META’

I georgiani in piazza nella capitale Tbilisi eroi dei valori “democratici” e occidentali contro le mene putiniane di conquista politica della repubblica caucasica (a proposito, vi sono proposte per il ritorno della monarchia) già tale nell’ Unione delle repubbliche socialiste sovietiche?

Mah, francamente quegli idranti mi hanno fatto tornare in mente la mano dura contro i portuali di Trieste all’epoca della dittatura sanitaria. Anche se a Tbilisi non impugnavano il Rosario (strumento di preghiera e disciplina interiore di certo inviso a Soros e ai satanisti sulle rive del Potomac) ma la bandiera blustellata dell’eurocrazia e cartelli con slogan in inglese (chiaro segno come sempre, che la protesta è organizzata da lontano). La EuroMaidan bis (sfacciata replica delle cruente giornate di Kiev che hanno portato dopo otto anni, alla “Operazione militare speciale”) è riuscita solo al trenta-quaranta per cento: la polizia non ha offerto martiri alla causa euroatlantista, e la legge riguardo gli “agenti stranieri” sulla falsariga di quella che ha sacrosantamente reso innocue le ONG di Soros e compagni in Russia, congelata e accantonata dal governo e dal parlamento. Ci si aspettava indubbiamente di più: la cacciata del governo troppo equidistante tra Russia ed euroatlantisti e troppo poco russofobico fino a copiare una legge putiniana, e magari un ulteriore fronte sud per le forze di Mosca.

La presidente della repubblica che ha per nome (omen) Salomé (chi il suo Erode, Biden? Stoltenberg?) parla comunque di “vittoria del popolo” e al Cremlino l’attenzione è ovviamente altissima: chissà che contromisure stanno studiando. La Georgia ha significato tanto per la Russia e soprattutto l’URSS: patria di Josif Vissarionovič Džugašvili detto Stalin ( e ho detto tutto), ma anche di quell’ Eduard Shevardnadze ministro degli Esteri di Gorbaciov che ebbe un ruolo di primo piano nella curatela fallimentare dell’URSS e fu cacciato, presidente della Georgia, nel 2003 (rivoluzione delle rose, fortunatamente incruenta) quando per la Russia il Caucaso in genere (Cecenia compresa) rappresentava un gran grattacapo culminato nella perdita di pazienza dell’ Orso, con relativa campagna militare, nel 2008.

Il capo della diplomazia della Russia odierna Lavrov parla apertamente nei termini suddetti, puntando il dito per la verità più esattamente contro gli USA che contro gli eurocrati.  

Una conferma molto interessante viene in questo senso dal giornalista indipendente Franco Fracassi, che ci fa notare che un giorno prima dello scoppio dei disordini antirussi, a Tbilisi arriva Todd Robinson, assistente del Segretario di stato USA. Indubbiamente un buon diplomatico specialista in operazioni di destabilizzazione (ambasciatore ad interim a Caracas durante il tentativo di golpe del 2018).

La scusa doveva essere l’imminente festa della donna col solito pistolotto mondialista sulla condizione femminile etc, ma questo Robinson ne approfittò, e come, per interferire, mettere in riga, minacciare persino la polizia locale di sanzioni (ossia di bullismo economico e legale americano successivamente imposto ai vassalli).

Questa è una legge basata sugli interessi della Russia, non della Georgia“……….,…. “Pensiamo che sia nell’interesse della Georgia lavorare più da vicino per la sua integrazione euro-atlantica. Questa legge non lo fa“……

Certo, il nesso con i tumulti moldavi è abbastanza stretto. Al momento, con una metafora sportiva, si potrebbe dire che i competitori stiano disputando partite abbastanza accanite e che questa, nonostante tiri in porta, si avvii a un “risultato a occhiali” (0-0). Ma per favore, non parlatemi di “Tbilisi scesa in piazza per la libertà”.

A. Martino  

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