CHECCHE’ NE DICA IL FILMACCIO BUGIARDO DEL CULTURALMENTE SATANISTA MARCO BELLOCCHIO, IL BEATO PIO IX NON FECE RAPIRE NESSUNO. SI GUARDI PIUTTOSTO ALLE TANTE BIBBIANO E ALLE CENTINAIA DI MIGLIAIA DI MINORENNI SOTTRATTI DAGLI STATI “DEMOCRATICI” ALLE PROPRIE FAMIGLIE.

Occhio bellocchio prezzemolo e finocchio. Quando il cantore del Nulla, della depravazione e disperazione esistenziale e col pallino fisso dell’anticattolicità Marco Bellocchio (soggetto cui una bella psicoanalisi, alla quale molto probabilmente è ricorso, non ha a quanto pare fornito buon esito), si vede dalle parti di Cannes ovviamente osannato dalla critica prezzolata e conforme, è sicuramente per portare il suo contributo in una di queste direzioni. Oggettivamente, ideologicamente, e artisticamente, è un vero satanista anche se di sicuro non crede all’esistenza del diavolo non credendo in Dio (la combinazione meno inquietante): non alludo alla frequentazione di messe nere o sabba, ma alla sostanza del suo pensiero e della sua creatività. Basti pensare al rilievo della tematica del suicidio nella sua filmografia, o alla (tuttora rarissima) immissione in sceneggiatura di vere e proprie bestemmie.

E’ un “cattivo maestro” per quanto mi riguarda, e non andrò mai a vedere un suo film: non intendo, forse con una certa meschinità e “talebanismo”, incrementare le finanze sue e di chi gli produce e distribuisce la cinematografia (oltre alla immancabile, credo, RAI Cinema). Mi bastano i trailers di Rapito per avere conferma della sua ultima velenosa mistificazione su grande schermo. Purtroppo, il satanista inconsapevole ha pubblicizzato, non so bene come, la sua opera presso “papa” Francesco invitandolo a vederla: prepariamoci al suo colpaccio mediatico della telefonata di un Bergoglio entusiasta, e profferente scuse per “ i crimini e la mancanza di misericordia della Chiesa del passato”. E’ probabile che la sulfurea pellicola in concorso abbia notevoli riconoscimenti proprio per la sua anticattolicità e non escludo la Palma d’oro.

Il miglior antidoto alla diffamazione di un grande Papa beatificato da San Giovanni Paolo II anch’egli di questi tempi ignobilmente diffamato (il satanasso della cinematografia italiana ha osato definire papa Mastai Feretti “tutt’altro che beato” arrogandosi competenze teologiche e canoniste, altro classico sintomo di satanismo fattuale dato che “diabolus est deus inversus”), è ripercorrere la Verità della vicenda storica. La verità storica ci dice che Pio IX, appena eletto al Sacro Soglio, abolì le più odiose discriminazioni verso i sudditi temporali di religione ebraica (prima fra tutte il rituale calcio al rabbino di Roma). Certo è passato alla Storia come l’emblema del contrasto tra modernità e cattolicità, ma persino un Corrado Augias ha riconosciuto che le sue chiusure, nella loro radicalità e apparente autolesionismo materiale, erano così impolitiche da farne primeggiare l’aspetto pastorale e spirituale nei confronti del ruolo da papa-re: insomma, col senno del poi sembra che abbia fatto di tutto, come approfittando del corso della Storia e dello spirito del tempo, per disfarsi del potere temporale.

Francamente vergognoso e offensivo tanto per Pio IX che per il piccolo Mortara, è innanzitutto il manifesto del film dal retrogusto pedofiliaco che, si sa, quando ci sono di mezzo bambini e preti, va sempre bene.

Edgardo Mortara nacque nel 1851, nono di dodici figli, in una famiglia di ebrei bolognesi. A poco più di un anno, lo colsero violente febbri che fecero temere per la sua sopravvivenza (pensiamo alla limitata scienza medica e farmacopea dell’epoca). Siccome all’epoca vi era ancora chi viveva immerso nel Sacro e teneva alla Vita Eterna anche altrui, una giovane “servetta” (come allora si diceva) di saldissimi principi cristiani lo battezzò in “articulo mortis” con aspersione della testina dandogli, probabilmente in quell’occasione, già il nome di battesimo di Pio. Però l’infante non morì anzi crebbe meglio di prima, e la ragazza (Anna Morisi il suo nome) non ebbe il coraggio di rivelare il suo atto sacramentale.

Anna rimase a servizio presso quella famiglia, e qualche anno dopo, la stessa tragica situazione si ripresentò con un figlio più piccolo: spinta da qualcuno a ripetere il santo gesto, questa volta non se la sentì (temendo la reazione dei coniugi Mortara se allora se ne fossero avveduti, d’altronde per gli ebrei tenere personale di servizio cristiano era vietato per diverse ragioni di buon senso). E sta di fatto che il fratellino di Edgardo alias Pio morì. Ciò provocò nella ragazza una crisi di coscienza di cui mise a parte il confessore, e la cosa arrivò fino alla più alta istanza dello stato oltre che, allora, della cattolicità. I tentativi di compromesso da parte della Chiesa (che oggi postcattolica, sicuramente se ne infischierebbe) e i Mortara, naufragarono: la prima (Pio IX, in pratica) riteneva che il battesimo pur impartito in modo totalmente inusuale, fosse perfettamente valido ed esigeva che il bambino dovesse ricevere una educazione cristiana e cattolica evitando una riebraicizzazione forzata; da parte dei Mortara, invece (evidentemente politicizzati e catechizzati dagli ambienti massonico-patriottici) vi era un muro inscalfibile.

Aveva infatti Pio IX un bel promettere il miglior collegio cattolico di Bologna gratuito e con diritto di frequenti visite, quando in mezzo mondo (compresi il cattomassonico Napoleone III e ovviamente l’ancor più cinico Cavour) si gridava alla tirannide clericale che rapiva bambini ai legittimi genitori per la storiella di una servetta fanatica che si era divertita a spruzzare acqua sulla testa di un bimbo. Ciò che appariva incomprensibile ai liberali di ieri e di oggi è che un sacramento come il Battesimo potesse diventare un affare di stato; in quell’ordine mentale il Sacro era già allora evaporato per dar spazio all’utile e alla mercificazione totale (sono d’altronde, gli anni della spietata ecografia del capitalismo eseguita da Karl Marx). Per un Napoleone “il piccolo” o per un Francesco Crispi o un Abraham Lincoln la Grazia era solo quella da accordare a un condannato a morte (meglio forse, se dietro generosa offerta….).

Era intuibile già allora, che il Potere, laddove la Chiesa fosse di intralcio (come in Italia) e non dimostrasse docilità e sottomissione, poteva farne benissimo a meno, anzi riteneva ottimale opzione sbarazzarsene. Pasolini docet.

E nel 1858 si arrivò al “rapimento”: il piccolo Mortara fu prelevato dalla casa familiare in Bologna e condotto in un collegio romano, sotto la più alta supervisione, ove maturò una vocazione sacerdotale per nulla incrinata neanche dalla definitiva apocalisse del potere temporale dei Papi con la presa di Porta Pia del 20 settembre 1870. Padre Pio Mortara morrà a ottantotto anni, in odore di santità e una straordinaria attività pastorale e missionaria alle spalle. Ai genitori, che pure continuò ad amare e rispettare, fu accordata nei primi tempi una visita di ben un mese, ma non volle affatto, ovviamente non rientrare nell’ ebraismo, però nemmeno tornare a vivere con loro.

Nella sua autobiografia non avanzò alcuna riserva sulla sua avventura spirituale, ma solo parole di amore e riconoscenza verso il Beato Pio IX, e anche verso l’umile domestica che dimostrò (anche se non sempre) molto più coraggio e determinazione di tanti “intellettuali cattolici” di oggi. Testimoniò che negli anni tra il clandestino battesimo e la rivelazione della giovane fantesca, pur educato nell’ebraismo più ligio senza che mai di Gesù Cristo in casa qualcuno gli facesse menzione, le chiese e tutto quanto legato alla cristianità lo attraessero in modo misterioso. Ma queste, ovviamente, sono solo suggestioni di un bambino plagiato, vero?

Per il sacerdote di origine bolognese, Pio IX era il grande papa che per un’anima di cristiano in più “sopporta tutto, si espone a tutto, sacrifica tutto, mette a rischio persino i suoi Stati, davanti al furore, all’infernale accanimento dei nemici di Dio”.

Questi i reali fatti storici, la propaganda di Sinagoga e Loggia si lasci ai suoi monotoni creatori e diffusori compreso Bellocchio. Vorrei concludere con una provocazione rivolta al presente: ma quanti “rapiti” si contano finora ad opera di assistenti sociali, procure per i minorenni, forze dell’ordine? E non solo in Italia.

Quanti ragazzi e bambini sono stati prelevati da uomini in divisa durante le lezioni scolastiche, in tutto il “mondo occidentale liberale e democratico”?

Laddove tra la Bologna e la Roma di metà Ottocento si tergiversò cercando in fondo di evitare un drastico allontanamento, ora basta il tratto di penna della “giustizia” minorile in base a una relazione di assistente sociale o anche, direttamente, di un ufficiale di polizia. Laddove era in ballo la salvezza dell’anima e i “diritti di Dio” ora contano il “disagio familiare” o anche genitori troppo poco danarosi o che impartiscono un’educazione troppo politicamente scorretta e cristiana (vedi nord Europa). Laddove si collocò in un collegio ecclesiastico, ora si assegna a discutibili (diciamo così) case famiglia fondate sul Nulla del Sistema, su indottrinamenti vari di moda e su un contributo pubblico per ciascun forzato ospite; o si caldeggia questa o quella adozione, preferibilmente nel giro LGBT.  

Si porti sul grande schermo non la Bologna del 1858 ma l’insabbiamento dei fatti di Bibbiano (tanto per rimanere da quelle parti).

A. Martino   

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