IL TINTINNARE DI SCIABOLE PER IL NIGER SI SENTE SOLO A PARIGI E NELLE CAPITALI AFRICANE CHE CONTROLLA. L’ESPERIENZA UCRAINA STA STANCANDO?

Il colpo di stato condotto a Niamey dal generale Tchiani è proprio roba da pretoriani, che a un certo punto, da custodi della massima istanza del potere, per motivi sovente alquanto materiali pur se altrettanto spesso mimetizzati di nobili ideali (ma è presto per capire cosa esattamente vogliano i golpisti nigerini al di là di generici intenti di risanamento economico e anti corruzione) se ne fanno giustizieri.

E infatti, i pretoriani del terzo millennio in questo caso, sono la guardia presidenziale del presidente Mohamed Bazoum (a sinistra nella foto). Che grazie a Dio è illeso e trattato con rispetto almeno sinora. Gli è stata concessa anche la visita dell’omologo capo di stato del Ciad, che ha parlato pure col capo golpista.

Domenica ci sono state manifestazioni sia pro Bazoum sia pro militari (e non si capisce quanto le forze armate siano coese nell’appoggiare il generale Abdorahmane  Tchiani, a destra nella foto).

Certo, la più consistente è stata quella di migliaia di persone, oggettivamente antifrancese e filorussa.

A Parigi hanno comprensibilmente i nervi a fior di pelle: ultimamente nelle loro ex colonie non tira aria molto buona, e adesso in Niger è davvero troppo. Le bandiere bruciate possono anche lasciare il tempo che trovano, ma le importantissime concessioni minerarie (uranio in primis) non sono uno scherzo; se a ciò si aggiunge la puzza dell’Orso o piuttosto del Gruppo Wagner che, lungi dallo scioglimento, è addirittura ufficialmente in esubero di personale, fate un po’ voi.

Sembra che sia solo questione di tempi tecnici e per convincere i dubbiosi, ma probabilmente a giorni (vi è un formale ultimatum) le forze di Parigi e i suoi ascari della Organizzazione economica degli stati dell’Africa occidentale (ECOWAS), se i golpisti non cederanno, attaccheranno.

Però, attenzione: nonostante le bandiere russe sbucate improvvisamente da chissà dove e gli slogan pro Putin, gli americani, quasi incredibilmente, affermano di non avere certezza della longa manus di Mosca (proprio loro, che come nella vecchia pubblicità, non devono chiedere mai…). E dalle parti dell’eurocrazia, e anche nostre, vi è scarsissima voglia di impelagarsi nel deserto del Sahel (a parte che qualche nostro militare, in grazioso omaggio a Parigi, ufficialmente quale istruttore, già vi è). Inizia da affiorare una certa stanchezza tra le fila dei “difensori dei valori occidentali”.

Sentite cosa ha dichiarato il ministro Guido Crosetto: “…..Il compito occidentale non è buttare benzina, ma gettare acqua sul fuoco. Di tutto c’è bisogno tranne che di un’altra guerra che coinvolga più nazioni………Un intervento condotto da europei bianchi per incidere in una cosa interna rischierebbe di avere effetti deflagranti. Va bene mantenere i contingenti europei affinché la situazione non degeneri ma è il momento di ragionare: abbiamo ferite nel mondo che nascono da accelerazioni non ponderate. Il compito dell’Occidente non è buttare benzina, ma gettare acqua sul fuoco. Secondo me la situazione è recuperabile senza interventi troppo duri.”

Non buttare benzina, ma gettare acqua sul fuoco…accelerazioni non ponderate….

Non si può non plaudire a tanto buon senso. Forse però, dettato, dalla delusione fornita dalla “madre di tutte le controffensive” nelle steppe ucraine.

E anche se la Francia non è l’Italia: i suoi interessi, se ritiene di doverli tutelare, li tutela. Che piaccia o no a tutti i vari ed eventuali partner, europei o non, con o senza il Trattato del Quirinale.

Speriamo piuttosto, che come in Libia e come nella guerra su commissione in Ucraina, l’Italia non finisca, sic et simpliciter, per accodarsi per “solidarietà occidentale”.

A. Martino

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