NELLA GUERRA GIUDIZIARIA FRA JOHNNY DEPP E AMBER HEARD, A SORPRESA LA RETORICA FEMMINISTA ALLA #METOO PERDE

Non è che l’onda lunga del neofemminismo estremista (#metoo) sta andando non dico in risacca, ma quanto meno si sta abbassando?

Forse sì, perché potrebbero farlo pensare due fatti apparentemente diversissimi, e comunque geograficamente lontanissimi. Ovvero, il seguito dell’adunata nazionale degli alpini e innanzitutto il verdetto (contro cui vi sarà un appello) emesso dal tribunale di Halifax (Virginia, USA) riguardo il caso Depp-Heard.

Il famosissimo attore, produttore, regista e musicista statunitense Johnny Depp (ritenuto un sex symbol dai media main stream almeno fino alle accuse lanciategli dalla ex moglie) ha ottenuto un risarcimento più che lauto (circa dieci milioni di dollari) per un articolo sul Washington Post scritto dall’ attrice Amber Heard, sua moglie tra il 2015 e il 2016, in cui pur non attaccandolo direttamente, si proclamava “simbolo della violenza domestica”. Per la verità, il simpatico “Pirata dei Caraibi” aveva chiesto alla ex moglie la fantascientifica cifra di cinquanta milioni, e per la sua controquerela Amber incassa (o meglio beneficia algebricamente) di due milioni di dollari, ma indubbiamente “Jack Sparrow” se l’è cavata. Le tremende torture fisiche e psicologiche cui la avrebbe costretta non risultano provate, e anzi l’accusatrice ha sollevato molti dubbi sulla sua stessa condotta.

Il processo, trasmesso in streaming più o meno integralmente su Tik Tok, non è stato straordinariamente seguito in Italia dove forse il main stream ha fiutato che “buttava male”. Ed è il primo, almeno di tale risonanza, che ha fatto dire che “la Rete ha già emesso il suo verdetto”.

Nelle loro deposizioni c’è stato, come si dice, di tutto e di più: la star di Aquaman che defeca sul letto coniugale, e che col lancio di una bottiglia di vodka trancia mezzo dito al marito, che invece secondo la difesa se lo sarebbe mutilato da sé; sempre per restare sul quasi horror, Depp che scrive messaggi su una parete col sangue; la modella Kate Moss che racconta come fu aiutata dall’attore ad affrancarsi dalla droga, e la sorella che ne descrive l’infanzia segnata da una madre ben poco materna; ma anche Depp che si diverte a far viaggiare un cane in auto con la testa fuori dal finestrino.

C’eravamo tanto amati…e ora ci odiamo tanto, in uno scenario da jet set ma anche da menage coniugale “più pazzo del mondo”, fra alcol, e ben altro, che certo non aiutano l’equilibrio del singolo e della coppia.

Le perizie psichiatriche, infatti, non sono state risolutrici, e anzi hanno addossato ad Amber un “disturbo istrionico”. Mentre costei, buttando alle ortiche la sua professione, è apparsa troppo emotiva e instabile (il più piangendo, qualche altra volta troppo risentita), Johnny Depp pare essersi calato nel ruolo del villain non proprio “mostro” ma certo provocatorio. Quando ha riso dinanzi a un piagnucolamento della sua ex, ha rischiato brutto: questi atteggiamenti sono pericolosi dinanzi ai giudici di tutto il mondo.

Ieri, al momento del verdetto, si trovava nel Regno Unito per un impegno musicale alla Royal Albert hall, ostentando aristocratico distacco e andando poi a festeggiare in un pub . Ha però immediatamente commentato la fine di sei anni di guerra giudiziaria (ma la ex moglie presenterà appello) dichiarandosi fuori da un incubo diffamatorio, pronto a ulteriori sfide e citando Seneca. “Veritas numquam perit”.

Amber Heard ha invece commentato appellandosi vittimisticamente e non vittoriosamente, a una certa retorica alla caso Weinstein e lamentando la solita, presunta, ancestrale mancanza di credito verso le donne che chiedono giustizia per i maltrattamenti familiari. Il suo avvocato ha peraltro eccepito la “totale incapacità” di pagare quanto sentenziato: senz’altro, il rapporto tra i due non poteva finire in modo più venale.

Su un fronte decisamente più nostrano e meno glamour, noto che, come riferito dall’Associazione nazionale Alpini, il numero di denunce finora presentato per l’ultima adunata nazionale delle ”molestie di massa” è….UNA. Mi pare evidente che le campagne di aggressione a realtà aggregative di rilievo politicamente scorrette o invise alla sinistra mondialista e pseudopacifista, siano solo operazioni orchestrate in Rete e sulle televisioni, da psudomolestate o addirittura “violentate” mitomani o prezzolate, o da attiviste dell’ultrafemminismo.

A. Martino

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