LA DEMOGRAFIA NON E’ UN OPINIONE

Attualmente sul pianeta Terra, gli esseri umani ammontano a 7,5 miliardi di persone, tante, decisamente troppe, per poter attingere tutti quanti, in maniera più o meno equa e soddisfacente, alla risorse finite.

Nel 1950 la popolazione globale ammontava a circa 2,5 miliardi, secondo le previsioni dell’ONU nel 2050 saremo circa 9 miliardi, cioè 3 volte e mezzo di più che un secolo fa.

Essendo il pianeta Terra un luogo circoscritto con risorse ben limitate va da se che, al di là di quali siano le convinzioni religiose di ognuno di noi, la politica della natalità deve essere affrontata dai singoli Stati Nazionali con assoluta serietà e parsimonia. Diversamente, il pericolo concreto è che, come anche sosteneva Thomas Robert Malthus, si arrivi ad un punto di non ritorno per cui la popolazione si auto livellerà verso il basso per carenza soprattutto di risorse alimentari.

Tra gli esperti del settore determinate elucubrazioni sono all’ordine del giorno ed è per questo che si sta proponendo di inserire, nelle diete di tutti i popoli, proteine a bassissimo costo, cioè, gli insetti.

Ora se questa sembra essere una soluzione più o meno logica c’è anche da sottolineare che essa è senz’altro antidemocratica e classista.

Dico questo perché è fuor di dubbio, che anche in un lontanissimo futuro, non è che non si troverà più la carne di Chianina, la pasta di Gragnano, il Grana Padano o le Mozzarelle di Bufala, molto più semplicemente chi potrà spendere mangerà bene, chi invece non potrà permetterselo mangerà male e se, ahimè, già oggi è così, con assoluta probabilità lo sarà ancor di più tra 100 anni.

C’è poi il discorso dell’occupazione che, grazie alle nuove tecnologie, registrerà, entro il 2030, una contrazione di ben 800 milioni di unità lavorative, ergo sarà sempre più difficile trovare lavoro.

È proprio alla luce di questi scenari che in Italia si è inserita, durante il Governo Giallo/Verde la proposta dei 5Stelle circa il reddito di cittadinanza, risposta anch’essa logica ad un problema reale ma che, a mio modesto parere, potrebbe ingenerare, alla lunga, un qualche problema di abitudine all’assistenzialismo da parte dei cittadini che potrebbero porsi la seguente domanda: << perché dovrei lavorare quando posso starmene comodamente a spasso? >>.

Nel resto del mondo c’è chi, come il Governo cinese, per dare una risposta diversa ad entrambi i problemi, quello del consumo delle risorse e quello dell’occupazione, negli anni ha applicato una drastica campagna di controllo delle nascite.

Infatti se nel Paese del celeste impero oggi gli abitanti risultano essere più di 1 miliardo e 385 milioni nel 2100 dovrebbero essere appena 1 miliardo, mentre gli attuali 1 miliardo e 335 milioni di indiani dovrebbero aumentare, a fine secolo, solo di 165 milioni. Risultati questi senz’altro positivi che caratterizzano il buon senso di molte Nazioni.

Altri popoli invece, compreso il nostro, si trovano in una spirale eccessivamente negativa che potrebbe mettere a rischio sia l’impianto economico dei vari Stati nazionali che la cultura identitaria degli stessi.

In altre parole, la Cina e l’India con il loro miliardo e più di abitanti non corrono certo il pericolo né di non avere sufficiente manodopera locale né di estinguersi a livello culturale. Da ciò ne consegue che, mentre la Cina e l’India devono necessariamente abbassare il loro numero di abitanti, l’Italia e gli altri Paesi del blocco occidentale devono necessariamente tornare a fare figli e non importare nuovi “schiavi” dall’Africa o da altri continenti.

E di queste ore, infatti, l’ultimo dato allarmante: prima della caduta dell’Esecutivo Giallo/Verde gli immigrati sono giunti in Italia al ritmo di 22 persone al giorno, subito dopo l’uscita della Lega dal Governo il ritmo degli sbarchi è salito quotidianamente a ben 72 individui, cioè si è registrato immediatamente un aumento del 230% degli ingressi quotidiani ed è innegabile che, se ciò accade è perché, molto semplicemente, qualcuno ha ben pensato di risolvere il problema del calo della natalità autoctona attraverso una veloce e sistematica sostituzione etnica dell’italica popolazione.

Ma come spesso accade, anche i più diabolici manovratori, possono, erroneamente, aver fatto i conti senza l’oste.

Infatti se i nostri giovani emigrano – e stiamo parlando della fetta più fertile della popolazione, cioè dei maschi e delle femmine tra i 20 ed i 40 anni – non è che lo fanno per sport, ma molto più semplicemente perché qui il lavoro, quello vero (giustamente retribuito ed appagante), troppo spesso viene a mancare.

Ora secondo voi, una coppia di stranieri che va a vivere, ad esempio, qui in Abruzzo a Montenerodomo, una località lontana da fabbriche e da altre grandi attività lavorative,  quanto potrà realmente resistere in quel luogo se li non trova una vera occupazione? E si badi bene che questo esempio lo potremmo calare tranquillamente a tutte le nostre realtà sparse lungo tutto l’Appennino e le Alpi.

È dunque il lavoro che, prima di tutto, può far ripartire la natalità di un Paese.

Occupazione che, per nostra convinzione ideologica, non può di certo che essere indotta attraverso una seria iniziativa dirigista dello Stato, la quale, altrettanto chiaramente, non potrà mai manifestarsi in una realtà politica che non abbia il coraggio di abbracciare, a piane mani, le teorie keynesiane.

Detto questo, è pacifico che non dobbiamo tornare alla “Medaglia della coniglia” di mussoliniana memoria, 7 figli sono un numero certamente esorbitante, ma perlomeno passare dagli attuali 1,37 figli per coppia ai 2 e questo può avvenire solo con delle serie politiche di aiuto alle famiglie.

Di segno completamente opposto è invece la problematica che viene sollevata dalla Nigeria.

Questa Nazione nel 1950 contava 38 milioni di abitanti pari all’1,5% della popolazione mondiale. Nell’anno del Signore 2018 i nigeriani sono ascesi al numero di 182 milioni cioè pari al 2,5% dell’intera umanità e nel 2100 si calcola che toccheranno quota 752 milioni rappresentando il 6,7% dell’intera umanità, cioè più del Nord America, più dell’Europa, più della somma di America Latina e Caraibi. Se poi si tiene conto che il Paese in questione ha dei problemi strutturali che non consente l’attuale reimpiego della stragrande maggioranza della propria manodopera ecco che la bomba immigratoria è bella e che servita e questo non è giusto non per un principio nazionalistico o razziale ma per il buonsenso e la salvaguardia dell’intero pianeta.

Cosa fare dunque?

Non sono certo d’accordo con le opprimenti politiche demografiche cinesi perché non hanno rispettato la piena libertà degli individui e quindi non auspicherei mai che simili procedure fossero applicate in Nigeria, non sono neanche per una campagna abortista o di sterilizzazione di massa ma, molto più semplicemente per una vasta campagna educativa in quel Paese riguardo un contegno demografico da mantenere.

In altre parole sarebbe auspicabile che anche i Nigeriani iniziassero, per quel che è possibile, a non avere più di due figli, in altre parole a non vivere più il grande numero di figli come una mera questione di prestigio sociale e di virilità. Infondo siamo nel III millennio e penso sia pacifico credere che ognuno di noi sappia che è molto più importante lasciare ai nostri figli un mondo sostenibile di quanto non lo sia lasciare tanti figli a questo mondo da sostentare.

Lorenzo Valloreja

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