SANTA SOFIA DI COSTANTINOPOLI TORNA AD ESSERE UNA MOSCHEA DI ISTANBUL. PERSINO PAPA FRANCESCO PROTESTA, MA LA TURCHIA DI ERDOGAN APPARE INARRESTABILE ALLA DECADENTE EUROPA SENZA IDENTITA’.

La mattina del 29 maggio 1453, il sole illuminava per l’ ultima volta Costantinopoli cristiano-ortodossa e “romana”: tali si definivano i suoi abitanti, dato che “bizantino” è solo termine usato dalla storiografia.

La “seconda Roma” cadeva sotto la dominazione turco-ottomana al termine di un lungo assedio in cui moriva l’ultimo Cesare orientale, tra i suoi militi come un soldato semplice. Furono ovviamente giorni di ferocia indescrivibile, di stupri, di riduzione in schiavitù e in harem situati in posti impensabili (per donne ma anche per uomini).

La scatenata soldataglia turca sfondò con asce il grande portone di Santa Sofia, la più vasta e splendida chiesa della cristianità (San Pietro, pur imponente, era ben lungi dal suo attuale aspetto): fattavi irruzione, non vi fu scampo per religiosi e religiose, uomini e donne di qualunque età; a ognuno il suo. A una ragazza la destinazione al piacere immediato o meno, a un vecchio povero la lama islamica, a un ricco la schiavitù per estorsione; per tutti, in ogni caso, la conversione all’ Islam come ipotesi di migliore vita materiale. In fondo, nessuna novità sotto quel sole di cui parlavamo: guai ai vinti, e anche al loro culto.

Immediatamente si iniziò la sconsacrazione  (o “purificazione” dal punto di vista islamico) dell’ imponente tempio : ogni arredo sacro rubato, distrutto, profanato e disprezzato, destinato a latrine o agli usi più bassi; quasi tutte le immagini raschiate dalle pareti o ricoperte. Entro il 30 maggio, Santa Sofia non esisteva più, trasformata in moschea: mai più liturgie e canti greco-ortodossi, ma solo preghiere islamiche e prediche di muftì e muezzin. Ancora oggi, sono individuabilissime le aree mosaicate o quella dell’altare principale, o cappelle laterali. Anche a vederlo in foto o filmato, l’impressione per un cristiano minimamente sincero, è francamente agghiacciante nonostante tutti i relativismi storici che vogliamo imporci.

Alla fine della prima guerra mondiale, l’ impero ottomano sconfitto assieme alla Germania e all’ Austria-Ungheria e alla Bulgaria, entrava in una profonda crisi terminale e di identità; persi gli ultimi domini arabi, con i greci penetrati fin in Anatolia, il generale Kemal (poi detto Ataturk) proclamava la repubblica cacciando l’ ultimo sultano e califfo (che morirà a San Remo), frustrava i sogni greci di grandezza, e trasformava drasticamente la Turchia in stato autoritario e laico (di chiaro influsso massonico).

Nel 1934 trasformò clamorosamente l’ex grande chiesa in sito museale consegnandolo “all’ umanità”: diciamo che per una volta, i massoni hanno fatto un mezzo favore al cristianesimo. Ma dal prossimo 24 luglio, alla preghiera del venerdì, lì tornerà, in tutta la sua grandezza una moschea, e che moschea…! Il Consiglio di stato turco, di sicuro sollecitato dall’ alto con discrezione, ha accolto il ricorso di una pia fondazione istanbuliana che vanta aver ereditato l’edificio proprio da Maometto II, l’annientatore di quanto restava dell’impero romano d’oriente. Diciamo che a questo punto, l’esperienza del secolarismo turco può dirsi terminata: siamo in piena rinascita neoottomana politica, militare, culturale e religiosa. Complimenti, senza alcuna ironia, al presidente Erdogan che fa in Turchia quello che i turchi vogliono: non possiamo negargli, a questo punto, una statura sovranista di rilievo.

Immediate le reazioni: da parte greca le più dure e irate, e da parte delle autorità del Patriarcato ortodosso di Mosca. Più sfumata per comprensibile timore quella del Patriarcato di Costantinopoli che ha un primato di onore tra le sedi ortodosse; silenzio tombale ovviamente dall’ eurocrazia ateistica e delle chiese evangeliche totalmente ridotte in Europa a grandi Rotary Club.

E mi ha francamente, anche non proprio spiacevolmente, meravigliato l’addoloramento borbottato come sotto voce da Papa Francesco all’ Angelus domenicale. Mi pare però strano che osi elevare una contestazione al mondo islamico; e che sia forse immemore di quando non solo egli ma anche il papa emerito Benedetto XVI pregarono assieme al muftì proprio in Santa Sofia.  E che secondo la Dichiarazione di Abu Dhabi, sottoscritta da lui, non importa che il luogo di culto sia una Chiesa o una moschea, perché “Dio vuole tutte le religioni”. E poi: se i cristiani fanno auguri per il ramadan o perorano per la costruzione di moschee o addirittura cedono le chiese per la preghiera islamica, che problema c’ è se i musulmani si riprendono una moschea che tale fu in fondo, per quasi cinquecento anni?

La coerenza, dalle parti della massima istanza (post)cattolica, non sta proprio di casa alla pari delle tradizionali dottrine tanto morali quanto teologiche. Più che un sussulto di cattolicità, la lamentazione all’ Angelus, mi pare francamente, un segno di confusione, o un patetico, tardivo, isolato, morettiano “dire qualcosa di cristiano”.

Diciamo quindi che l’amarezza da cristiani di noi de L’ Ortis prende coerentemente atto con malcelata invidia del sovranismo rampante di un presidente Erdogan, che lo applica a  tutto campo e a trecentosessanta gradi dalla religione e identità culturale (finanziamenti di moschee e centri islamici in mezza Europa) fino alla geopolitica e alle mira espansionistiche o almeno di influenza, che guarda caso, coprono come una profilatura con carta velina, i confini di quello che fu l’ impero ottomano, dalla Libia ai Balcani fino alle estremità meridionali quali Qatar o coste del Mar Rosso; e che vanno a cozzare contro quelle che furono province “ ribelli” quali Egitto, Arabia Saudita, e soprattutto la piccola ma fiera, gloriosa, indomita Grecia. Non molla la presa sulla Siria che sopravvive solo grazie a Putin, ricatta la decadente Europa sulle migrazioni, e usa la NATO per coprirsi le spalle dalla Russia, erede di Costantinopoli ed eterno antagonista (col quale comunque non si astiene dal civettare..!). Una politica estera da capogiro, per le cancellerie di paesi decadenti come quella nostra guidata da un Di Maio che probabilmente, deve farsi stilare in materia corposi appunti da chi ci capisce qualcosa.  E l ‘ Italia infatti cosa replica, come notammo giorni fa? Rimpinza di armi il ricchissimo emirato di Qatar amico per la pelle di Erdogan, e si riempie di moschee ad influenza turco-qatarota (Fratelli musulmani); e ripete per la Libia la solita solfa dei “tavoli negoziali”, del “dialogo” invocando maggiore attenzione e qualche buona parola dall’ ONU.

Insomma e purtroppo, noi sovranisti italiani ci sforziamo, tra enormi difficoltà persino di repressione della libertà di opinione, di sottrarre la Patria senza leadership nazionale ma cameriera di Bruxelles e Washington, negli ultimi tempi persino con difficoltà di coordinarsi tra i due padroni; e senza una reale guida spirituale, con una Chiesa (post)cattolica il cui “vogliamoci bene” e innocuità mondialista sono umiliati dalla coerenza di chi, a casa propria, i templi non li chiude o presta ad altri, ma li restituisce alla loro funzione. E’ il nostro, un lavoraccio davvero ingrato e difficile fatto in un Paese in decadenza forse non irreversibile ma certo profonda.  

A.Martino     

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