E’ ARRIVATA PER FERRAGOSTO LA BLINDATURA GIUDIZIARIA DEL REGIME TECNICO-SANITARIO. FACCIAMOLA FINITA, CON IL MITO DELL’ OBBLIGATORIETA’ DELL’ AZIONE PENALE.

Pur in afa ferragostana, ci vediamo costretti a tornare sull’ argomento “Giustizia”. Con la G maiuscola.

Infatti, come già segnalammo ampiamente ai nostri amici riguardo agli esposti dei grandi avvocati Sinagra e Taormina, questi assieme a una valanga di altri “minori” (si fa per dire, magari traggono spunto da decessi di familiari) sono arrivati all’ attenzione formale della Procura della Repubblica di Roma (competente territorialmente) e inviati al cosiddetto Tribunale dei ministri a sua volta competente. Ciò ha comportato l’ emissione di avviso di garanzia per atto dovuto nei confronti non solo del premier Conte ma dei ministri Lamorgese, Speranza ecc. Le accuse gravitano, sostanzialmente, su ipotesi di abuso di ufficio e stravolgimento delle leggi e soprattutto della Costituzione mediante gli ormai famosi o famigerati DPCM con relativa compressione se non eliminazione delle libertà fondamentali (di movimento, di impresa, di culto, di riunione ecc.). Ma in realtà, vi è di tutto, e di più: anche la mancata o tardiva istituzione di “zone rosse”, ecc.

Insomma, aldilà delle nostre opinioni sulla “dittatura tecnico-sanitaria” (terminologia abbastanza eloquente), secondo ragione e buon senso, è davvero difficile che tra centinaia di notitiae criminis, non una sia meritoria di un certo approfondimento procedurale e di ricostruzione dei fatti, che in qualunque ordinamento giudiziario, piaccia o no, porta al rinvio a giudizio. Rinvio a giudizio che ovviamente, non significa, una condanna scontata, anzi: se la vogliamo dire, tanti processi penali in Italia finiscono in assoluzione con formula piena; il che, se da un lato conforta in senso garantistico, dall’ altro fa riflettere sullo stress psicofisico e le risorse economiche in spese legali coinvolte dal puntiglio, o addirittura dall’ antipatia, di un pm verso un accusato.

Dato infatti che un giudice mi assolve con formula piena in prima istanza, l’altro magistrato che mi ha mandato dinanzi a costui forse poteva pensarci un poco di più, o no?

Ebbene, nel caso di specie, si apprende dalla stampa “autorevole” e main stream, che le competenti autorità sono state “costrette” a emettere gli avvisi di garanzia suddetti, ma chiedendone quasi scusa, anzi fornendo il parere che tutto (tutto, ma proprio tutto?…) va archiviato perché “infondato”.

Ora, qui le possibilità sono due: la prima è che la postilla rassicurante di stampa è una integrazione fake e rassicurante della vera e propria notizia se non una vera e propria “velina”. In tal caso, niente di nuovo e clamoroso sotto il sole: il gioco del bastone e della carota nei confronti di chi dovrebbe, con tanta retorica, essere il mandatario dell’ opinione pubblica verso il potere, ma poi tanto spesso è semplicemente a stipendio, e deve accontentare l’ editore, è vecchio quanto l’ Italia unita.

O la magistratura, semplicemente, non può o non se la sente di mandare a rotoli un governo, o un regime, stretto fiduciario dei soliti noti che cento o duecento volte abbiamo tirato in ballo: le cupole mondialiste della turbofinanza, l’ eurocrazia, il lobbismo LGBT, il Vaticano sorosiano e chi più ne ha più ne metta.

Da questo punto di vista, cerchiamo di essere “uomini e donne di mondo”: ma cosa vogliamo, da dei ragazzi neoassunti o padri e madri di famiglia? Che si mettano a fare gli eroi contro un governo che si è attribuito poteri speciali con l’ acquiescenza del Parlamento, organo di pura ratifica a maggioranza, prossimo alla decurtazione? E’ il momento delle ferie, non di improvvisi protagonismi inevitabilmente perdenti: prima o poi si andrebbe a sbattere contro una bella ispezione ministeriale, e la radiazione a opera del CSM. Crediamo che le pronunce coraggiose di qualche giudice di pace contro le multe di Conte non avranno alcuna conseguenza per quel pugno di eroi del diritto? Insomma, non illudiamoci di trovare un leone tra montoni o arieti: potranno pure dominare le pecore, ma non si rivolteranno mai contro il pastore col suo bastone.

Il vero problema della vicenda è che l’ altro bastione retorico della giustizia penale italiana è disvelato in tutta la inconsistenza: la obbligatorietà della azione penale, che le darebbe una superiorità morale dinanzi ad altri sistemi ove essa si dichiara apertamente discrezionale. Ebbene, non è assolutamente così: la famosa archiviazione la rende di fatto discrezionale. Certo, sono possibili impugnazioni da parti civili, ecc. ma sembra davvero difficile contrastare una decisione “politica” di un giudice che, in certi casi ben diversi e ben  più pesanti  del patetico oltraggio a pubblico ufficiale o schiaffo al coniuge in via di separazione, sta ben attento a quello che fa e che mette nero su bianco.

Stando così le cose, bisogna invidiare agli americani e ad altri sistemi l’ approccio molto più pragmatico e meno retorico alla Giustizia: la discrezionalità politica dell’ azione penale (ovviamente nessuno chiuderà gli occhi dinanzi a un omicidio o a una rapina a mano armata), e soprattutto la elettività degli organi di accusa.

Quest’ ultimo punto, in fondo connesso all’ altro, sembrerà persino folle ai cantori del giustizialismo pur contraddittoriamente ligi atlantisti, ma se si riflette sarebbe la migliore legittimazione del potere giudiziario; anche con una revisione costituzionale.

Chi non avrebbe votato a Procuratore capo della Repubblica di Palermo  un Paolo Borsellino confinato a Marsala, o un Giovanni Falcone, in fondo costretto a un incarico ministeriale? Forse, solo i mafiosi: appunto.

E come si farebbe a ricusare un pm che indossa quella toga con il settanta per cento dei voti della sua circoscrizione? Siamo sicuri che un concorso superato da un neolaureato particolarmente “secchione” o con la solita “spintarella”, magari figlio o nipote d’ arte, sia più legittimante?

Insomma, la nostra Giustizia, anch’ essa specchio della società, ha bisogno di un profondo e radicale ripensamento e di una vera e propria rifondazione. Il dramma è che nessuno in Parlamento, nei termini radicali da noi suggeriti, sembra avervi interesse. Non si va oltre il gioco delle parti delle invettive contro le “toghe rosse” o la “giustizia a orologeria”, e dall’ altra parte la solita recita del “non si delegittima la magistratura”. Parole, parole, parole…cantava Mina.

A.Martino

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